Il nuovo film di Luca Guadagnino, After The Hunt, presentato alla scorsa edizione del Festival di Venezia, con protagonisti Julia Roberts e Andrew Garfield, uscirà nelle sale il 16 ottobre. L’attesa è tanta, dopo il risvolto positivo della prima proiezione. Dalla scrittura originale di Nora Garrett, al suo primo lungometraggio, il film si sviluppa sul tema del #metoo e il cancel culture, da cui si evolve la struttura narrativa che esplora una galleria di temi pungenti e attuali, sia all’interno del contesto accademico, e di quello che accade in particolare nelle università d’élite (Yale, in questo caso), il rapporto generazionale, il potere implicito, le aspettative di prestigio, e i segreti personali che riaffiorano.
Il titolo After The Hunt-Dopo la caccia, viene da una citazione di Otto Von Bismarck: Le persone non mentono mai tanto quanto prima di un’elezione, durante una guerra o dopo la caccia.
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Tra uno scalino e l’altro dell’arco narrativo, si intersecano poi, dinamiche ancora più provocatorie e lungimiranti, che riguardano l’attualità, tra cui la cultura dello stupro, il consenso, e il processo alla verità. Infatti in After The Hunt, il regista monterà un vero e proprio tribunale pubblico, dove i protagonisti saranno giudicati dallo stesso osservatore, che fino alla fine del film sarà in bilico tra la verità e l’apparenza.
Un gioco psicologico che Guadagnino adatta alla perfezione, coinvolgendo chi guarda a un vero gioco della verità, lasciando domande aperte, che fino all’ultimo minuto non saranno mai dichiaratamente archiviate. L’ambientazione accademica non solo sarà la cornice del suo dibattito, ma sarà spazio di conflitto morale, per i tre protagonisti. Il regista ha dichiarato, che nello sviluppo del film ha pensato molto alla cinematografia di Woody Allen, prendendo spunto da film come, Another Woman, Hannah and Her Sisters sia per la struttura morale e grigia, che per il modo in cui questi film esplorano le relazioni umane; il senso di colpa, i segreti, il trasdimento e l’ambiguità.
After The Hunt: la trama, del nuovo film di Guadagnino
Una professoressa universitaria (Julia Roberts) si trova in un momento cruciale della sua vita personale e professionale, quando una studentessa modello (Ayo Edebiri) muove delle accuse di stupro e abuso verso uno dei suoi colleghi (Andrew Garfield) e un oscuro segreto del suo passato rischia di venire alla luce.
Il film esplora molti punti cruciali all’interno del mondo accademico, dove spesso il rapporto tra professori e studenti si addolcisce, a volte, andando anche troppo oltre il potere professionale. Ne scoprirà i cari prezzi, Alma, nel momento in cui la giovane studentessa Maggie cerca aiuto, dopo lo spiacevole evento accaduto dopo la cena organizzata da lei stessa. Rapporti, relazione che a volte dovrebbero scindere tra esse, perché come in questo caso possono rilevarsi motori di veri e propri conflitti e ambiguità.
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La professoressa di filosofia, si troverà al centro di due verità, allo scoppio del caso contro il suo amico e collega Hank Gibson, accusato di condotta inappropriata contro la sua brillante studentessa modello, la situazione si complica. Se pur l’amicizia e la stima, e soprattutto l’affetto la muovono verso il sostegno del collega, il senso di colpa riaffiora, e la costringe a confrontarsi con responsabilità morali, questioni di lealtà, e con la paura che un vecchio scheletro nell’armadio possa riuscir fuori.
In ballo inoltre, c’è il prestigio e la carriera, e una cattedra da ottenere.
After The Hunt: le controversie del mondo accademico e il limite professionale
After The Hunt, non è solo un racconto. Ma un vero e proprio dibattito, non tanto sui chi ha ragione e su quale sia la verità dei fatti, ma è un lungo processo introspettivo che lo spettatore fa attraverso gli occhi e la storia di Alma. Inizialmente pone il focus soprattutto sulle tensioni etiche, le ambiguità di un mondo patinato e rigido, quale è il contesto dell’elité accademico.
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Tra il conflitto generazionale, cui si intrecciano potere, consenso e verità si interseca anche quello personale della protagonista. Tutto avviene tramite la realizzazione da parte della professoressa, di quanto è accaduto quella sera, dalla versione della studentessa fino a quella del collega accusato. Tutto gioca sulla potenza della sceneggiatura, ad esempio, la versione dell’amato e stimato professore di letteratura inglese, si consuma in un locale, dove lo stesso è collocato a raccontare la sua verità tramite un gioco di specchi, che fanno da cornice al tavolo dove i due sono seduti. Questo elemento, è parte essenziale della simbologia visiva e figurativa cinematografica, ne fa uso e abuso Kubrick, in Shining (1980), ad esempio nella scena del bar, dove lo specchio è strumento di rivelazione e follia, poiché mostra la realtà rovesciata della mente del protagonista, Jack Torrance.
Ecco, lo stesso Guadagnino, usa lo strumento, riflettendo sul personaggio interpretato da Andrew Garfield, che si spoglia della duplice apparenza, camuffando la sua versione dei fatti, confondendo l’ascoltatrice. In questa scena, è racchiuso tutto il film, qui, proprio come nei quadri parte la prospettiva narrativa, da cui poi si dirama la comprensione dell’inizio fino alla realizzazione del finale. Svelando ciò che è nascosto allo spettatore, e l’epilogo della caccia.
Ma non è questo il focus del film. L’ambientazione accademica domina il significato del racconto, si concentra ed esce dall’impostazione rigida e severa di quel contesto, portando alla luce svariati punti di vista, tramite l’interazione generazionale, la reputazione, l’aspirazione professionale e il dramma dell’abuso. Un’intreccio socioculturale che si dirama verso la cultura dello stupro, del privilegio e della vulnerabilità doppia, nel caso della vittima, che si trova in un’ambiente di potere dominato da persone bianche e privilegiate. Da qui il tema della giustizia, gestita male e in maniera ponderata, quando entrano in gioco razza, genere e status sociale.
Guadagnino mostra in After The Hunt, come l’ipocrisia liberare, colpe non riconosciute e il silenzio istituzionale spesso avvelenano la società attuale. E la stessa Alma la testimone, da parte delle due versioni chiamate in causa, si trova in conflitto tra la moralità e l’istinto. Soprattutto, perché si sente colpevole di un dramma passato, che aveva seppellito da tempo, ma mai affrontato eticamente e interiormente.
After The Hunt: l’uso dei primi piani e il linguaggio delle mani
Il film si muove su due strade principali, l’utilizzo dei primi piani sui protagonisti, (specialmente nei dialoghi delle confessioni) e il linguaggio gestuale delle mani. Dove è evidente la simbologia che il regista, intende dare. Uno degli strumenti più potenti della messa in scena, che dice tutto e quasi niente, comunica l’emozione, il potere della parola, l’intimità e la violenza (nel caso di Hank) penetrando ancora di più l’inquadratura e arrivando allo spettatore più della parola stessa.
Tramite questo sottotesto visivo, il regista riesce a far trasparire attraverso la cinepresa, quello che i personaggi non dicono, ma che espellono fisicamente, quasi per protezione tramite movimenti involontari, tensione, pura e desiderio. Lo aveva già fatto in con Call Me by Your Name, dove le mani dei due protagonisti che si sfioravano, esprimevano molto più di mille dialoghi. Il regista ne è quasi ossessionato dai gesti fisici minimi, e riporta tale lavoro anche nel nuovo film dove, Alma ed Hank principalmente diventano segni di controlli e ambiguità morale.
After The Hunt, non il migliora di Guadagnino, ma il più artefatto
Il cinema sensitivo e sensoriale del regista siciliano, ha conquistato milioni di consensi a livello mondiale. Dal suo esordio con Melissa P. fino ai grandi successi da Bones and All, a Challegers e il recente Queer. Questa volta, porta in scena un dramma nuovo, al centro non c’è il desiderio, sentimento contrastante nei suo film, ma la percezione e l’ambiguità dell’apparenza. Non il migliore certo, ma quello più complesso a livello narrativo. Dove più tematiche si scontrano e mettendo in bilico gli ossimori più significanti dell’attualità.
After The Hunt, è un film etico e intellettuale, dove a prevalere c’è la complessità del vero. A dare consapevolezza alla narrazione c’è la magistrale interpretazione di Julia Roberts che si muove all’interno del suo personaggio con maestria e introspezione, credibile fragile e intensa. I temi interrogano e parlano direttamente con lo spettatore, non ci sono facili soluzioni, il film offre quasi un campo minato per chi guarda, dove muoversi con superficialità e fretta conduce al rischio d’apparenza.
Come al solito la mise en scène è curata sull’estetica, dall’atmosfera, sino ai costumi. E la musica che accompagna, verso il racconto creando man mano tensione morale e psicologica. Tutto è costruito sul microcosmo di potere dell’ambiente accademico. Dall’introspezione filosofica al dramma personale, fino alla critica sociale.
Il ritmo narrativo intercala a volte, perdendosi in troppe sotto trame, non sviluppate che rischiano di allontanare lo spettatore o distrarlo dal tema focale. Una dilatazione troppo ricorrente che a volte pecca di pressione e suspence. Ma il film tutto sommato si muove bene tra le varie tracce narrative, lasciando interrogative aperte, sabotando l’antico cinismo e veicolando l’attenzione verso un’analisi forte e riflessiva.