Il secondo libro di Pamela Lyndon Travers, Mary Poppins ritorna, ebbe molto meno successo del primo. Vediamo come se la cava il film
Dopo 54 anni Mary Poppins torna dalla famiglia Banks. Questo è ciò che è accaduto nella realtà, perché nella finzione saranno passati una trentina di anni. Michael Banks (Ben Whishaw) è
Chi ha visto da poco Ritorno al bosco dei 100 acri non può fare a meno di sperimentare la stessa sensazione di déja vu. E non si può fare a meno di notare anche altre due cose. Innanzitutto, la Disney si è intristita; gli ultimi film usciti sono di una malinconia unica e, quando si tratta di remake o sequel, viene sempre aggiunta qualche nota di tristezza in più, che era quasi del tutto estranea agli originali più vecchi. E questo è il caso anche del nostro film.
La seconda cosa che si nota, e che fa pensare, è che i film Disney sembrano sempre più rivolti non più a un pubblico infantile, ma a un pubblico di adulti. Nel Ritorno al bosco dei 100 acri si invitava a gran voce tutti quegli adulti ingrigiti a recuperare un po’ di quella spensieratezza tipica dei bambini. Anche ne Il ritorno di Mary Poppins il messaggio sembra lo stesso: ricominciare a credere nella magia, nello straordinario, non aver paura dell’immaginazione e “op! Il gioco è fatto“! si vive meglio, si pensa meglio, i problemi diventano meno complicati. Ricominciare a vivere come fanno i bambini.
Diciamo subito che il film non è male
I due protagonisti sono dignitosi sostituti degli straordinari originali. Jack, che fa il lampionaio e non lo spazzacamino, non è travolgente come Bert, ma è comunque enormeme
Simpaticissima Meryl Streep nel ruolo della cugina russa di Mary Poppins. Anche la
La cosa veramente deludente del sequel sono le canzoni
Non c’è una sola solitaria canzone orecchiabile. Sono tutte talmente anonime che nessuno esce dal cinema fischiettandole come, invece, succedeva con Supercalifragilisti, Cam caminì, Un poco di zucchero, e così via.
Ma cosa sta succedendo alla Disney? Possibile che la potentissima major non riesca ad accaparrarsi un buon musicista, in grado di scrivere una canzone come si deve? Inutile ricordare che il successo dei film Disney si deve in gran parte alla colonna sonora: Biancaneve, Cenerentola, La carica dei 101, Il libro della giungla, Robin Hood, Gli aristogatti, hanno tutti una colonna sonora che spesso è la parte più godibile del film. La canzone dei sette nani, La canzone dei topini in Cenerentola, Crudelia DeMon, Lo stretto indispensabile, Giovanni re fasullo d’Inghilterra, Tutti quanti voglion fare il jazz, hanno tutte un posto d’onore nell’immaginario di generazioni di spettatori.
Un film con una trama così esile che, di fatto, avrebbe dovuto essere un musical, poiché cantano e ballano in continuazione, senza una sola canzone appena passabile è un’occasione persa.
Il film merita la sufficienza, non di più. Tre stelline, non si può dare di più.
Totalmente d’accordo, soprattutto sul velo di malinconia che permea gli ultimi film Disney. Inoltre questo film mi ha fatto capire quanto terribilmente mi mancano i lungometraggi animati. La computergrafica ha portato effetti incredibili e immagini iper-realistiche, ma ha tolto l’anima alle storie e si è perso quello che implicava un lavoro più “concreto”, quello che gli animatori facevano con matita e colori. Non capirò mai la Disney per aver scelto di lavorare esclusivamente in CGI… e spero che prima o poi si ravveda da questa decisione…
Esattamente! L’impressione che mi ha dato Il ritorno di Mary Poppins (ma non solo) è quella di aver voluto fare un film con effetti speciali grandiosi e animazioni talmente ben fatte, vive, che sembrano uscire dallo schermo. Cosa sicuramente riuscita. Peccato però che si sia perso tutto il resto: storia, canzoni, quella magia tipica dei cartoni Disney!