Una Guerra Fredda che ha come campo di battaglia il cuore dei protagonisti
Cold War (Zimna wojna) è un film di Paweł Pawlikowski uscito nel 2018, in concorso a Cannes e vincitore del Prix de la mise en scène. Il film è attualmente in concorso anche per gli Oscar, per i quali rappresenterà la Polonia per la categoria miglior film in lingua straniera.
Siamo in Polonia nel 1949. I protagonisti sono Wiktor e Zuzanna detta “Zula”. Il primo, Wiktor, è un pianista con il compito di creare un gruppo di danza e canto popolare, Mazurek, cercando tra tutti gli aspiranti artisti dei nuovi talenti. Tra questi emerge sicuramente, più per il temperamento che per le qualità canore una certa Zuzanna, una ragazza dal passato misterioso, gira infatti la voce che abbia ucciso una persona. Iniziano le prove per gli spettacoli ma si accende anche la passione tra i due. Nel 1952, durante un concerto del gruppo nella Berlino Est, Wiktor vede l’occasione di poter fuggire dall’altra parte della cortina di ferro, non vuole andarci da solo, accanto a se vuole proprio Zula che non convinta del tutto della cosa decide di mancare all’appuntamento. Wiktor va quindi da solo a vivere in Francia, a Parigi per la precisione. Due anni dopo lo rivediamo, ora suona in un gruppo jazz, da lui stesso fondato e scopre che il gruppo polacco si esibirà proprio nella città dove vive ora. Ha l’occasione per rivedere Zula e chiedere delle spiegazioni. Entrambi hanno delle relazioni con altre persone, ma tra loro ancora non è finita. Lo sa meglio Wiktor che pur di incontrarla di nuovo si spinge fino alla Jugoslavia, nazione in cui non era un personaggio gradito come tutti quelli dall’altra parte del confine. I servizi segreti polacchi scoprono il suo arrivo e lo mettono su un treno diretto per la Francia, di fatto non si incrocerà neppure lontanamente con Zula.
E’ la volta di Zula, nel 1957 è di nuovo a Parigi e compare davanti agli occhi di Wiktor nello studio di registrazione dove è sta realizzando un’incisione. Zula ha fatto le cose meticolosamente, il suo arrivo in Francia non è frutto di una fuga, ma può farlo perché ha sposato un italiano. Il matrimonio però per lei non ha alcun valore visto che è stato fatto con rito civile e non religioso, lei quindi si sente libera di poterlo amare. Non è una visita breve, anzi i due vivono insieme cercando di crearsi una nuova vita. Le motivazioni che non l’avevano fatto fuggire all’epoca non sono ora cancellate. Zula non riesce ad adattarsi a nulla, la sua nuova vita, la sua nuova città, il suo nuovo paese con le usanze e la cultura che lo distingue. Ma sopratutto Zula non riesce a dimenticare il suo paese natale, la Francia non è casa sua. Iniziano quindi i litigi tra i due e dopo l’ultimo Zula scompare e ritorna in Polonia. Wiktor non può immaginare una vita senza di lei, decide di rincorrerla in Polonia, accettando la fine a cui è destinato. Wiktor sa benissimo che ritornando al paese di origine rischia molto, anzi tutto. Viene condannato a quindici anni di carcere. Ancora un salto in avanti e siamo nel 1964. Zula non lo ha dimenticato, si è risposata solo per poterlo liberare e proprio grazie agli agganci del marito con il ministero riesce a farlo uscire di prigione. Wiktor non può riprendere la sua carriera musicale, Zula ha un marito, un figlio e una carriera da di intrattenimento ma non è felice. I due scappano, ma non c’è soluzione, non esiste al mondo neanche il più minuscolo degli angoli che li possa accogliere. Li vediamo alla fine recarsi in una chiesa diroccata in campagna. Dopo aver pronunciato i voti nuziali si recano in un prato dove ingeriscono delle pillole e aspettano la loro fine.
La danza infinita tra Wiktor e Zula
Rinchiusi in una forma perfetta, realizzata con in formato 4:3 e caratterizzata da una fotografia di Lukasz Szal che punta a un contrasto di bianchi e neri splendido, si muovono i due protagonisti in una danza senza fine. Li accompagniamo davanti allo schermo dal 1949 fino al 1964, dalla Polonia fino a buona parte d’Europa (dalla Germania nella Berlino Est alla Francia con Parigi, fino alla Jugoslavia e di nuovo Francia, naturalmente sempre nella sua capitale). Un passo a due che sotto alla storia d’amore probabilmente cela altro. Lo vediamo fin da subito, quando al gruppo viene imposto di sottostare alle esigenze politiche, non devono più raccontare la cultura popolare polacca ma devono fare da canale per gli ideali politici: va dato spazio quindi agli inni che esaltano Stalin e la nazione stessa. Ed è qui che vediamo la natura vera dei due protagonisti. Cold War cela dietro le volontà e i desideri dei personaggi la questione della perdita d’identità di una nazione intera. Wiktor non accetta quest’imposizione e alla fine è costretto a fuggire a Parigi, dove si sforza di dimenticare il suo passato. Ma ritorna Zula nella sua vita e gli fa capire che è impossibile dimenticare e vivere una vita nuova senza alcun passato alle spalle. Zula rappresenta l’anima più profonda della Polonia, quella che non è ancora stata scalfita dalla sovietizzazione: dallo spirito indomabile e allo stesso tempo religioso.
Una danza non solo dal punto di vista narrativa ma anche in quello puramente tecnico. Pawlikowski arricchisce la sua estetica narrativa con movimenti ellittici della macchina da presa. In Cold War la macchina da presa non trova mai pace, è in continuo movimento e diventa specchio emotivo di quello che riprende. Mentre Zula si esibisce a Parigi, la macchina da presa la circonda e gli ruota attorno lentamente, dando maggior enfasi alla scena stessa. Ci sono movimenti continui, ma nel danzare nello loro vite Pawlikowski usa passi leggeri, invisibili. Camminiamo tra i due protagonisti, vedendo solo brevi periodi della loro storia, come se li stessimo guardando attraverso uno spioncino, vediamo quel poco che c’è da vedere e il resto è lasciato all’immaginazione. Pawlikowski elimina, in questo modo, tutto quello che potrebbe essere superfluo.
Origini
Wiktor e Zula non sono due personaggi di fantasia, sono i nomi dei genitori di Pawlikowski, a cui ha dedicato questo film. Zula nella realtà era una ballerina polacca, una ragazza ribelle ed esuberate, Wiktor invece era un medico ateo di origine ebraiche. I genitori, come i protagonisti del film, ebbero un legame forte ma tormentato. Nel 1968 il padre lasciò la Polonia per approdare prima in Austria e successivamente in Germania, dove si riconciliò con la moglie per poi separarsi di nuovo da lei.