“Ero una regina e mi hanno tolto la corona, una moglie e hanno ucciso mio marito, una madre e hanno portato i miei bambini lontano da me, mi è rimasto solo il mio sangue. Prendetelo. Ma non fatemi soffrire a lungo.”
Dopo il successo di Lost in Translation la carriera di Sofia Carmina Coppola decolla e per il suo film successivo, sulla regina di Francia più discussa di sempre, il budget affidatole dalla co-produzione internazionale ammonta a ben 40 milioni di dollari. Così prende vita Marie Antoinette, un film dal ritmo sempre più vorticoso, inteso non come un affresco storico, ma come un racconto di formazione su di un’adolescente, che si trova proiettata ad affrontare enormi responsabilità senza consapevolezza, liberamente ispirato alla biografia di Antonia Fraser Maria Antonietta – La solitudine di una regina.
Marie Antoinette (2006)
https://youtu.be/BuByY-DnGYo
L’alleanza tra Austria e Francia ha bisogno di essere suggellata con un’unione matrimoniale: l’ultima figlia dell’imperatrice Maria Teresa viene così inviata in Francia, per sposare Luigi Augusto, futuro re. La principessa austriaca,appena quattordicenne, viene allontanata da casa e consegnata ad una corte diffidente e malevola. Ascende al trono di Francia ad appena 18 anni, dopo l’improvvisa morte di Luigi XV, causata dal vaiolo. Imprigionata dall’etichetta che insofferente infrange spesso, per sfuggire ai pettegolezzi ed alle dicerie di corte, Maria Antonietta (Kirsten Dunst) si rifugia nelle amicizie, come quella con la giovane principessa di Lamballe e la duchessa di Polignac (Rose Byrne) e negli svaghi raffinati. Durante una festa in maschera conosce il conte Hans Axel von Fersen (Jamie Dornan), capitano delle guardie svedesi, e se ne innamora. Avversata dall’antica nobiltà e additata come capro espiatorio dal popolo per i suoi lussi eccessivi, farà presto i conti con una Francia in cui cominciano ad ardere i focolai di una futura rivoluzione.
Con questo film Sofia Coppola porta a termine quella che potremmo definire come una trilogia sulla crescita e lo fa affidando a Kirsten Dunst, attrice americana con cui già aveva lavorato ne Il giardino delle vergini suicide, il ruolo di protagonista. Sulla sua interpretazione si regge il peso dell’intera pellicola: la macchina da presa la cerca, la scruta, avida delle emozioni che attraversano la mente e il cuore di una giovane regina. “Si tratta di una storia dei sentimenti, piuttosto che una storia dei fatti“, afferma l’attrice, riassumendo la prospettiva della regista: politica, giochi di potere, la Rivoluzione, la Storia rimangono fuori dalla narrazione. La Coppola decide di tagliare tutto quello che riguarda la fine della regina, strizza l’occhio allo spettatore con gli anacronismi (tra le numerose scarpe della sovrana sono riconoscibili un paio di Converse Chuck Taylor All Stars) e chiude la narrazione prima che gli eventi prendano la piega che tutti conosciamo. Quello che conta, infatti, è render giustizia ad una giovane donna, mettendone in evidenza l’umanità, consentendo così al pubblico soprattutto femminile di identificarsi in lei. La colonna sonora svolge un ruolo centrale nello scandire il ritmo delle sequenze, come quella che si dipana sulle note di I want Candy dei Bow Wow Wow, alternando i brani rock e pop degli anni ’80 e ’90, fino ad arrivare all’indie degli anni 2000. Il film viene presentato a Cannes, dove concorre senza successo alla Palma d’Oro ma la regista viene insignita del Premio Cinematografico del Sistema Educativo Nazionale Francese. Marie Antoinette raccoglie fischi dalla platea e recensioni contrastanti, rastrellando comunque un incasso che supera i 75 milioni di dollari. Le calzature sono fornite dalla maison Manolo Blanhnik e gli sfarzosi costumi ideati dall’italiana Milena Canonero vengono premiati con l’Oscar (è il terzo per la costumista piemontese, che ne vincerà un quarto nel 2015 per Grand Budapest Hotel).
Voto 6,5 su 10.