Il vincitore del Leone d’argento come miglior opera prima è nelle sale cinematografiche. Una risposta anticipata al decreto Pillon sul nuovo diritto di famiglia
Questo film lo stavamo aspettando da quando lo avevamo segnalato a giugno: L’Affido -Una storia di violenza, quando tra i due litiganti il terzo non gode affatto.
L’occasione di vederlo è stata una serata organizzata dalla Casa della Donna di Pisa, allo storico Cineclub Arsenale, per far riflettere sul decreto Pillon, che rischia di riportare indietro di decenni la condizione della donna nei casi di divorzio e, soprattutto, come nel caso del film di Xavier Legrand, quando le donne hanno subito e rischiano di subire ancora maltrattamenti.
Ripetiamo brevemente la trama: Miriam chiede la separazione da Antoine a causa dei continui maltrattamenti. I figli, che hanno assistito alle violenze, non vogliono più vedere il padre; la figlia più grande è maggiorenne e ha, quindi, possibilità di scelta. Antoine fa richiesta al tribunale di poter vedere il figlio minore Julien. Alla fine, il giudice decide che i fine settimana Julien li passerà col padre.
Non meraviglia il Leone d’Argento, perché si tratta di un film veramente ben fatto
Durante il processo lo spettatore, non fosse per il titolo ammiccante, rimarrebbe davvero in dubbio se sia Antoine a essere veramente violento o piuttosto sia Miriam a essere ossessiva e ad aver condizionato i figli.
Ma presto il carattere insicuro e possessivo di Antoine viene fuori. In realtà non ci sono scene di violenza, a parte il finale che è puro western, ma la tensione sale in maniera esponenziale, soprattutto grazie alla recitazione del piccolo Thomas Gioria. Ci siamo sempre scagliati contro i bambini che, di regola, non sanno recitare affatto, Thomas è un’eccezione, come lo fu Natalie Portman in Léon. Ma tutto il cast è decisamente all’altezza. Denis Ménochet è bravissimo nel passare da uno stato di sincera contrizione per i suoi eccessi a una rabbia cieca. Vabbè, fa l’attore, chi meglio di lui? In ogni caso è particolarmente convincente nella parte di Antoine.
Dunque, i buoni motivi per andare a vedere questo film non mancano
Un film è bello quando c’è un regista che sa il fatto suo, quando ci sono bravi attori, quando c’è una bella sceneggiatura e una bella fotografia; ma se, oltre a tutte queste cose, mette in guardia e fa pensare, che poi è lo scopo della cultura in generale, allora vale di più.
Se qualcuno avesse ancora le idee poco chiare sul decreto Pillon, può dare un’occhiata a questi articoli. Leggete e rabbrividite. E, dopo averlo fatto, pensate.
Decreto pillon toglie diritti ai figli