Un eroe moderno troppo poco conosciuto ritrova la vita nel lungometraggio di Sedlácek
È il 1969, a Praga imperversa il bruto dominio dell’URSS, che mette sempre più alla prova un popolo “sull’orlo della disperazione e della rassegnazione“. Tra i giovani è fortissimo il richiamo alla resistenza, il richiamo della democrazia. È in questo momento che diventa protagonista Jan Palach, ventenne che mette in pratica un atto estremo per trasmettere il suo messaggio di libertà: stanco dei soprusi sovietici, Palach si cosparge di benzina e si dà fuoco in pieno centro in piazza San Venceslao, nell’odierna capitale ceca. Questo suo ultimo gesto lo consacra come martire agli occhi dei connazionali e come simbolo di resistenza e perseveranza in Europa e nel mondo.
«Ogni popolo ha bisogno di persone che sappiano ribellarsi contro la tirannia non solo con le parole, ma anche con le azioni».
Sono state queste le parole del regista ceco, intervistato alla Festa del Cinema di Roma, che si è detto onorato di portare in sala un eroe che rappresenta il suo popolo, affinché “il suo sacrificio possa essere un monito, anche ai giorni nostri, per noi e le future generazioni“.
Il titolo del film altro non poteva essere che Jan Palach. Un titolo che, nella sua semplicità disarmante, lascia intendere tutto ciò che deve, sebbene racconti la vicenda in modo imparziale. A sentire Sedlácek, ci troviamo davanti a «un film non ideologico, che riflette sulla lotta contro il potere» raccontando l’ultimo mese di vita del giovane.
I nostri tempi sono sicuramente meno duri, ma non per questo ci è permesso dimenticare le azioni sue e di chi, come lui, ha dato la vita per nobili ideali, regalandoci molte delle nostre libertà. Nonostante il basso budget e l’apparenza molto televisiva, il fatto che questo film sia trasmesso in sala è un motivo per rallegrarsi e cercare un futuro che sia illuminato anche dalla torcia di Palach. Personalmente non vedo l’ora di vederlo. E voi?