Presentato alla Festa del Cinema di Roma il nuovo documentario politico di Michael Moore, in sala dal 24 ottobre. Ovviamente si cimenta con Trump, ma a Roma non ha risparmiato neppure Salvini.
Forse molti ricorderanno che nel 2004 Michael Moore salì alla ribalta delle cronache per il suo documentario Fahrenheit 9/11, imperniato, essenzialmente, sull’era Bush. S’inizia con l’annuncio di Fox Channel della vittoria di Bush quando le urne erano ancora aperte, chiara manipolazione a favore del candidato repubblicano. Prosegue con gli attentati dell’11 settembre dei quali, pare, che Bush fosse stato avvertito e non fece nulla per dare l’allarme ufficiale; poi i rapporti della famiglia Bush e di quella di Bin Laden e via dicendo.
Fahrenheit 11/9, come anche i meno perspicaci avranno sicuramente capito, invece, si occupa del caso Trump.
La prima domanda che si pone Moore è quella che ci siamo posti un po’ tutti: com’è potuto succedere? A New York i democratici stavano già festeggiando, tre quarti dei cittadini statunitensi erano favorevoli al programma democratico, eppure il 9 novembre del 2016 Donald Trump diventava il 45° presidente degli Stati Uniti d’America. Dopo un presidente nero, un individuo che si dichiara pubblicamente razzista, classista e sessista.
A voler credere alla numerologia, il 9 novembre è un giorno particolarmente infausto per la democrazia: nel 1799 il colpo di stato del 18 brumaio, mette fine alla repubblica e inizia il periodo napoleonico, nel 1921 viene fondato il partito fascista, nel 1938 c’è la kristallnacht ossia il grande pogrom congro gli ebrei che segnerà l’inizio dello sterminio nazista nel 2016 viene eletto Donald Trump presidente degli Stati Uniti. Se questo accostamento fra Hitler e Trump vi sembra eccessivo, non andate a vedere il film di Moore perché, alla fine, lo si definisce “quasi un Hitler”.
Ma Moore è uno che sta attento, quindi non se la prende solo con Trump, ma vede anche le colpe dei democratici che rincorrono i moderati con i consueti compromessi che, di fatto, snaturano la tradizione progressista del Partito. Non è un problema solo statunitense ma, lì come qui, è ovvio che si preferisca l’originale, alla brutta copia.
Neppure lo spettatore è risparmiato, accusato di starsene tranquillo in poltrona a osservare la catastrofe.
Nonostante questo Farhenheit 11/9 ha già incassato più di sei milioni di dollari in due settimane di programmazione, segno che, nessuno se ne ha a male e, in fondo si pensa che Moore abbia ragione anche in questo.
Alla Festa di Roma, il grande (anche in senso fisico) regista ha strapazzato anche Salvini, “razzista” e “bigotto: se lui è contro i matrimoni gay, faccia pure il suo matrimonio eterosessuale, ma lasci in pace chi la pensa diversamente. L’amore è amore”. E non risparmia gli italiani: “Siete stati grandi e dovete ritornare a esserlo. Quando sono venuto in Italia trent’anni fa sono stato intervistato da un giornalista de L’unità, giornale comunista che aveva un milione di elettori. Che cosa vi è successo?”.