Sono stati proiettati a Pordenone, nell’ambito delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone, due frammenti di un film sulla guerra di Libia, girati da Luca Comerio.
Si tratta di due spezzoni che dovevano essere la fine della prima parte del film e l’inizio della seconda. Furono girati nel 1912 durante la guerra contro l’Impero Ottomano per la colonizzazione della Libia. La scoperta è stata fatta da Diego Cavallotti, Andrea Mariani e Silvio Celli dell’Università di Udine nell’ambito del progetto di preservazione e valorizzazione del fondo Chinese dell’Università di Udine.
Il regista del film è Luca Comerio, fotografo ufficiale della Real Casa di Savoia e anche fotografo personale del re.
Comerio è il precursore dei reporter di guerra. La maggior parte dei suoi film sono documentari sulle azioni di guerra, da quelle di colonizzazione alla prima guerra mondiale. Durante il ventennio, fece anche un film intitolato Giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza… non è chiaro se per convinzione o per cercare di ingraziarsi il regime fascista; fatto sta che la crisi del primo dopoguerra lo coinvolse e non trovò lavoro neppure presso l’Istituto Luce. Un po’ come se Walt Disney non trovasse lavoro alla Pixar. Così un pioniere del cinema di guerra morì in un ospedale psichiatrico poco prima dello scoppio della II guerra mondiale che, forse, lo avrebbe potuto rilanciare.
Difficile che i film di Comerio fossero documenti oggettivi sugli orrori della guerra, essendo il fotografo della Real Casa.
È molto più probabile che i difensori della propria terra fossero i biechi ribelli di El Baruni piegati dalle eroiche milizie piemontesi, ma due cose sono innegabili. La prima è che si tratta, comunque, di documenti storici di valore inestimabile, la seconda è l’incredibile coraggio di un uomo sempre in prima linea. La sua carriera iniziò, infatti, nel 1898, appena ventenne, quando fotografò la famosa “protesta dello stomaco” del popolo milanese che fu spenta nel sangue dal “feroce monarchico Bava”, come recita una canzone dell’epoca. Teniamo presente che le macchine fotografiche, allora, non pesavano pochi etti come oggi e che, se i milanesi non badavano certo a un giovane fotografo, un macellaio come Bava Beccaris non guardava in faccia a nessuno.