Quando la famiglia è nell’essenza e non nella forma
Quella che inizialmente sembra essere una famiglia di taccheggiatori, formata da una coppia, la sorella di lei, una nonna, un bambino e, successivamente, anche una bambina, è in realtà una comunità di ultimi, uniti dalla sventura e dalla capacità di sorridere, nonostante tutto. La crisi nella crisi non si farà attendere, un incidente imprevisto minerà gli equilibri e gli stessi legami.
Un film è un gran film quando ciò che, prima di vederlo, ritenevi indiscutibilmente giusto, alla fine non è più così indiscutibile. Sovvertire le prospettive, confonderle, perché per osservare in profondità è necessario abbandonare la propria specifica visuale, uscire dalla zona di comfort che ci lega all’illusione che il nostro punto di vista sia l’ unico possibile. Un film sociale, sulla famiglia, sì, ma in un contesto critico. Un film dall’estetica ricercata, attraente, curata. Il paradosso è che questa famiglia di taccheggiatori non è una vera famiglia, ma una famiglia autentica. Il legame che si crea, la cura, l’ attenzione, l’ascolto reciproco, sono quelli di una famiglia in cui ciò che conta è l’amore altruista, quello che gli antichi greci chiamavano agape, l’amore disinteressato, incondizionato e universale.
Shoplifters – Un affare di famiglia (2018) film drammatico di Kore-eda Hirokazu con Kirin Kiki, Lily Franky, Sôsuke Ikematsu, Mayu Matsuoka, Sakura Andô, Jyo Kairi, Kengo Kôra, Akira Emoto. Vincitore della Palma d’oro a Cannes 2018.
Imperdibile. Già nelle sale italiane dal 13 settembre.