C’è davvero altro di cui parlare in Death Note?
Potremmo discutere molto a lungo dell’adattamento di Adam Wingard del manga Death Note, poiché quello che è certo è che ha diviso il pubblico. Chi è rimasto inorridito da una storia che non segue l’originale, chi invece ne ha apprezzato l’intento, da una parte o dall’altra se ne è parlato parecchio, per cui Netflix non vuole lasciarsi scappare l’occasione di fare un altro colpaccio.
In un’intervista con The Hollywood Report, Adam Wingard rivela di aver proposto Death Note a Netflix come un franchise, con l’obiettivo di produrre due o tre film. “Ci sono sicuramente molti posti dove andare e sappiamo in generale dove lo porteremo, speriamo che la gente lo guardi e che Netflix ne ordini un sequel, sono sicuramente pronti a farlo, hanno solo bisogno che le persone lo guardino“. E le persone lo hanno guardato, su questo non c’è alcun dubbio.
“L’abbiamo tenuto aperto come un sequel. Quando sono andato da Netflix, l’ho presentato come almeno una serie di due film, forse tre, sapendo che questa era la storia originale. Abbiamo progettato il film in modo da riprodurre un ciclo chiuso, poichè i sequel non sono mai garantiti e devono essere guadagnati. Mi piace davvero che il film finisca con tutti i personaggi danneggiati. È un finale così anticonvenzionale per qualsiasi tipo di film a fumetti, e mi piace davvero“.
Ricordiamo, per chi non lo conosce, che Death Note segue Light Turner (Nat Wolff), uno studente delle superiori, che si imbatte in un taccuino soprannaturale (appunto il Death Note) che gli conferisce il potere di uccidere chiunque semplicemente scrivendone il nome. Ad aiutarlo a scoprire i misteri del Death Note è Ryuk (Willem Dafoe), il demone annoiato che ha fatto cadere il taccuino nel mondo degli uomini.