A pochi mesi dalla morte del fondatore dei Tarantolati di Tricarico, il regista e musicista Luigi Cinque si cimenta con un personaggio poliedrico e alla continua ricerca di modi diversi di esprimersi
Antonio Infantino, sconosciuto ai più, è invece un personaggio talmente complesso e interessante che vale la pena conoscerlo meglio, perciò ben venga questo film che finalmente lo mette in luce.
Appena ventenne, Infantino si interessa di musica elettronica e free jazz. Contemporaneamente scrive poesie visive e diventa uno dei protagonisti del beat italiano. La scrittrice Fernanda Pivano, che di beat se ne intendeva, visto che ha tradotto praticamente tutti gli scrittori della beat generation nordamericana, lo ha definito: “Un personaggio che incarna in senso letterale alcune tra le cose migliori della cultura e dello spettacolo di questi ultimi quarant’anni”. Condensando la sua vita il più possibile: collabora con Dario Fo, si laurea in architettura e ottiene la cattedra all’università di Firenze. Architetto, musicista, pittore, ospitato alla Biennale di Venezia, fonda poi, finalmente, il movimento musicale I Tarantolati di Tricarico. I Tarantolati non erano un gruppo di musica folk, ma un progetto al quale hanno partecipato decine di musicisti che, partendo dal repertorio tradizionale lo reinventava, lo stravolgeva letteralmente.
“Non mi interessa la tradizione in sé, ma la forza di quella cultura, condividere l’oro dell’umanità. Questo implica uno sforzo enorme per acquisirla, digerirla, ma le culture di cui gli altri sono portatori devono avere pari dignità”. Diceva Infantino.
Infantino era molte cose, ma più di ogni altra era un filosofo orfico-pitagorico
Visto che era cresciuto in Metaponto, la terra nella quale gli uomini hanno cominciato a pensare. E tutta la sua produzione artistica è filtrata attraverso quella filosofica. “Adoro la cultura degli altri perché è degli altri – diceva – È come se io mi interessassi al corpo degli altri senza tener conto del mio. Del mio in relazione a quello degli altri. Allora con la musica non è la stessa cosa? Suonavamo insieme agli altri, come quando si sta insieme, non è che ad un certo punto io mi faccio uguale all’altro. E questo è fondamentale per capire perché in Italia si fanno, invece, sempre le fotocopie”.
Tutto questo sta nel film-documento di Luigi Cinque, che privilegia, comunque, l’Infantino musicista che, effettivamente, è il più interessante e il più innovativo.
Un film da vedere, dunque, sperando che la distribuzione del film tocchi più sale possibile.
Per gli appassionati di musica ecco la playlist Spotify dove potrete sentire le canzoni più belle dei Tarantolati: Spotify: Tarantolati Di Tricarico