Il Beijing International Film Festival ha cancellato Chiamami con il tuo nome dalla programmazione
Il festival del cinema, fissato per questo aprile, aveva programmato di proiettare il film di Guadagnino, la storia d’amore tra un ragazzo di 17 anni e uno studente universitario che si svolge in Italia negli anni ’80, ma la proposta non è passata attraverso l’esame dei censori. Chiamami con il tuo nome vanta una nomination agli Oscar 2018 come miglior film, Timothée Chalamet è stato nominato come miglior attore e James Ivory ha vinto come miglior sceneggiatura.
L’omosessualità è legale in Cina, ma c’è un un forte peso sociale ad identificarsi come gay. Il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è ancora legalmente riconosciuto, e solo il 39 per cento dei residenti cinesi pensa che dovrebbe essere consentito secondo un’indagine condotta da un’organizzazione no profit cinese.
La censura pesante sulla cultura LGBT in Cina coinvolge anche i film stranieri
I film che trattano di omosessualità in Cina sono generalmente accompagnati da reazioni contrastanti e pochi superano la censura. Il film del 2017 Alien: Covenant, in cui era presente un bacio tra due androidi interpretati da Michael Fassbender, è stato trasmesso senza la scena incriminata, oltre ad altri momenti tagliati di netto. Quindi non sorprende l’atteggiamento della Cina, ma è il primo atto di questo tipo ad avvenire dopo che i media sono passati sotto il controllo dello Stato.
I media stati infatti recentemente riuniti in un gruppo denominato “Voice of China” dopo che il governo ha rilevato “il ruolo particolarmente importante del cinema nella propagazione delle idee e nell’intrattenimento culturale“. Pechino ha anche bloccato parodie e video derisori da tutte le piattaforme online, in una direttiva emessa dalla stessa amministrazione due giorni dopo aver ordinato la fusione dei media. La direttiva è stata contrassegnata come “extra urgente”, il che significa che le piattaforme non conformi potrebbero rischiare di essere immediatamente chiuse dalle autorità. L’ultimo atto, quasi farsesco se non fosse così grave nella sua totalità, è stato vietare Winnie the Pooh dopo che la gente ha iniziato a paragonare l’aspetto del leader cinese all’orsetto dei cartoni animati.
E’ con rammarico che leggiamo queste notizie, non solo perché si tratta di un film italiano di cui siamo particolarmente orgogliosi, ma anche e soprattutto per il clima di intolleranza generale, di cui questo veto è solo l’ultima goccia nel paese orientale. Noi ovviamente non posiamo che consigliare, se già non l’avete fatto, di andarlo a vedere, lasciandovi ispirare dal trailer.