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E alla posizione 6 delle serie più viste su Netflix, nella settimana di uscita di Stranger Things 5, ecco Mrs Playmen, 7 episodi in cui Carolina Crescentini è Adelina Tattilo, la donna che negli anni ’70 ha riscritto il concetto dell’erotismo nel nostro paese, declinandolo al femminile, grazie al successo del popolare magazine Playmen.

È l’Italia della legge sul divorzio, è l’Italia del delitto Casati Stampa, e Adelina, suo malgrado, diviene direttrice responsabile della rivista del marito Saro, mascalzone tra il carismatico e l’abusivo della Saro Balsamo Edizioni, in fuga oltre confine causa mandati di cattura nei suoi confronti per reati finanziari vari e assortiti proprio legati alla gestione del mensile.
Un fulmine a ciel sereno, dunque, quando la nostra Adelina si ritrova in manette, a pagare per gli illeciti del marito, il quale, senza che lei ne fosse al corrente, l’ha messa formalmente a capo del carrozzone, con l’idea di tornare poi nel caso in cui le acque si fossero calmate.

È qui la giocata di donna. Adelina, lasciata sola nella crescita dei figli, coglie la palla al balzo, assume con volontà ciò che il fato le aveva assegnato, ridefinisce a sua immagine e somiglianza la linea editoriale di Playmen, che da brutta copia del Playboy made in Hefner diventa espressione dei desideri erotici del pubblico femminile, con le donne finalmente soggetto del piacere e non più solo mero oggetto di quello maschile.
Una donna, Adelina, sia emancipata che ancora emancipanda, forte ma piena di fragilità, che cade per risalire in seguito più decisa, che parla da pari a pari con Jackie Kennedy, che affronta processi e Buoncostume, che si riflette nel figlio Lorenzo, manipolato da una coetanea in piena adolescenza che ammicca alla Faranda sia per estetica che per simpatie extraparlamentari dal grilletto piuttosto facile.
Una fede cattolica mai rinnegata, anzi, Adelina può accettare di essere una pessima madre ma non una pessima cristiana, con Don Rocco suo confessore, l’amico d’infanzia con cui si confida regolarmente in chiesa, pur nelle differenze di vedute su temi quali divorzio, contraccezione in pillole e, va da sé, corpi nudi e pose ammiccanti da tabloid. Eretica, probabilmente, di certo non scismatica, figlia del suo tempo, magari oggi, mi permetto di supporre, laica e disinteressata.

Un racconto corale, in cui, interpretato da Filippo Nigro, trova complessità il personaggio di Chartroux, direttore editoriale di Playmen in grado di dare del tu a Pasolini, cinico quanto affabile, che alterna i disincanti di Suburra alla lealtà per Adelina, omosessuale in privato sì, ma con trascorsi e frequentazioni di reduci della X Mas, incontrati via via tra palestre e ristoranti.
Ragazze di vita, suggerirà, critica sociale, il seno senza dizione di Elsa in prima pagina, la parlata popolare che incontra il glamour, l’omaggio al neorealismo contrapposto al costume del matrimonio riparatore. L’ha fatta grossa Luigi Poggi, fotografo di Playmen con la voglia di arrivare, collega e poi amante di Chartroux quanto amante e poi collega di Elsa. Lei, in fuga dal suo mondo, in cerca di altrove rispetto al se l’andava cercando delle aule giudiziarie, con il sogno di Londra e un presente undercover per conto della Buoncostume, per vendicarsi, forse, di quelle foto pubblicate prive di consenso, prodrome della violenza in strada da parte del solito stalker che le voleva troppo bene.

Una regia, quella di Riccardo Donna, dotata di una dinamicità intrattenente, impreziosita dalle canzoni tipiche del periodo, con le note de Il paradiso di Patty Pravo e Ma che freddo fa di Nada a creare una sonorità in bianco e nero, specchio dei vividi colori a schermo, gialli e succosi come quel decennio di mutamenti.