Jafar Panahi è stato invitato alla ventesima edizione della Festa del Cinema di Roma, in programma dal 15 al 26 ottobre 2025, dove riceverà il Premio alla Carriera. Salvatore Nastasi, il Presidente della Fondazione Cinema per Roma, su proposta della Direttrice Artistica, Paola Malanga, ha annunciato questa splendida notizia.

La Festa celebrerà uno dei più grandi registi della storia del cinema iraniano e uno dei maggiori autori contemporanei, premiato in tutti i più importanti festival internazionali, in occasione della proiezione del suo nuovo film, Un simple accident (Un semplice incidente), vincitore della Palma d’oro a Cannes. Per la prima volta dopo quindici anni, Jafar Panahi non presenta più in scena se stesso, ma mostra al pubblico un’altra testimonianza di un’idea di cinema straordinariamente vitale, capace di coniugare impegno civile, sperimentazione formale e una libertà d’invenzione quasi senza pari.
Alla scoperta di Jafar Panahi
Nato l’11 luglio 1960 a Mianeh, in Iran, è oggi riconosciuto come uno dei più grandi registi della storia del cinema della sua patria, nonché uno dei maggiori autori contemporanei. Jafar Panahi viveva in una famiglia appartenente alla classe operaia, con quattro sorelle e due fratelli, e a dieci anni scrisse il suo primo racconto con cui ottenne un primo premio a un concorso di libri: il protagonista della storia è uno studente che per passare gli esami scolastici ricorre a degli stratagemmi, ma poi si sente in colpa e confessa ciò che ha compiuto.
Non è stato facile per Jafar Panahi appassionarsi alla settima arte perché suo padre, nonostante fosse anch’egli un cinefilo, non voleva che suo figlio andasse al cinema: il giovane si recava in sala di nascosto per accontentare le sorelle e poter raccontare per loro le scene e i dialoghi in quanto non potevano lasciare la casa di famiglia in base alle rigide leggi islamiche. Da questi episodi cominciò a nascere il suo amore per il cinema che si incrementò con la frequentazione di istituti cinematografici a cui non partecipava suo padre.

La visione di Ladri di biciclette di Vittorio De Sica lo rapì visivamente e iniziò a sperimentare la fotografia e a girare cortometraggi con una cinepresa. All’età di vent’anni, Jafar Panahi è inviato al fronte durante la guerra tra Iran e Iraq e muove i suoi primi passi come cineasta documentando le azioni belliche. Dopo aver realizzato i suoi primi cortometraggi, diventa assistente del grande Abbas Kiarostami, seguendolo sul set di Sotto gli ulivi (1994).
Debuttò nel lungometraggio nel 1995 con Il palloncino bianco, premiato con la Camera d’Or al Festival di Cannes: un piccolo racconto morale filtrato dallo sguardo infantile. Due anni dopo Jafar Panahi realizza Lo specchio, che riprende il tema del confronto tra infanzia e mondo degli adulti, aggiungendovi una dimensione squisitamente metacinematografica.
Nel 2000, Il cerchio, che intreccia le storie di otto donne a Teheran, viene premiato col Leone d’Oro a Venezia e apre la stagione dei capolavori, proseguita con l’indimenticabile Oro rosso (2003), scritto da Kiarostami e ispirato a un fatto di cronaca, con cui vince il premio della giuria nella sezione “Un certain regard” del Festival di Cannes.

Segue Offside (2006), incentrato su un gruppo di ragazze costrette a travestirsi da uomini per assistere a una partita della nazionale iraniana, insignito dell’Orso d’Argento a Berlino. Nel luglio del 2009, Jafar Panahi viene arrestato per aver partecipato alla cerimonia commemorativa di un manifestante ucciso durante i moti di protesta seguiti alla rielezione di Maḥmūd Aḥmadinežād, mentre l’anno successivo gli viene imposto un divieto ventennale di girare film.
Nonostante ciò, nel 2011 realizza, con la collaborazione di Mojtaba Mirtahmasb, il documentario This Is Not a Film (presentato a Cannes), in cui racconta la propria odissea privata e inaugura una particolare forma cinematografica contemporaneamente biografica, poetica, politica e rivoluzionaria. Seguono Closed Curtain (2013, Orso d’Argento per la sceneggiatura), Taxi Teheran (2015, Orso d’Oro), in cui usa la sua auto per riprendere conversazioni con amici e passanti, e Tre volti (2018), viaggio nella provincia iraniana in cui si alternano documentario e finzione, premiato per la sceneggiatura a Cannes.

Nel 2022 gira l’ennesimo capolavoro, Gli orsi non esistono, che riflette sulla condizione del suo Paese e contemporaneamente s’interroga sul suo ruolo e su quello del cinema: l’autore non ha però potuto presenziare alla presentazione del film alla Mostra del cinema di Venezia, dove ha vinto il premio speciale della giuria, poiché nuovamente arrestato con l’accusa di propaganda anti-regime.
Scarcerato nel 2023, ha realizzato due anni dopo il geniale Un simple accident, premiato con la Palma d’oro a Cannes: per la prima volta dopo quindici anni Jafar Panahi non mette più in scena se stesso, ma offre l’ennesima testimonianza di un’idea di cinema straordinariamente vitale, capace di coniugare impegno civile, sperimentazione formale e una libertà d’invenzione probabilmente senza pari. Alla Festa del Cinema di Roma gli sarà consegnato il Premio alla Carriera dal regista premio Oscar® Giuseppe Tornatore.