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Lettura: Una battaglia dopo l’altra, la recensione del film di Paul Thomas Anderson
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Una battaglia dopo l’altra, la recensione del film di Paul Thomas Anderson

La prima collaborazione tra Anderson e DiCaprio dà vita a un'opera frenetica e originale che racconta l'America di oggi

Matteo Dilaghi 2 ore fa Commenta! 8
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Una battaglia dopo l'altra
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Una battaglia dopo l'altra

In Una battaglia dopo l’altra, Bob Ferguson (Leonardo DiCaprio) è un ex rivoluzionario che vive sotto copertura con la figlia Willa (Chase Infiniti) mentre cerca di lasciarsi alle spalle le conseguenze del suo passato. Sedici anni dopo la nascita di Willa, il colonnello che ha sgominato i rivoluzionari (Sean Penn) torna a dare la caccia a entrambi per finire il lavoro. 

Contenuti
Il ritorno di Paul Thomas Anderson al presenteUna grande film dopo l’altroUna battaglia dopo l’altra: un blockbuster pynchoniano

Il ritorno di Paul Thomas Anderson al presente

L’ultimo film di Paul Thomas Anderson con un’ambientazione contemporanea era stato Ubriaco d’amore (Punch-Drunk Love), uscito nel 2002. Da quel momento in poi, l’evoluzione dello stile del regista losangelino ha coinciso con opere che andavano a sondare il passato, quasi sempre quello degli Stati Uniti d’America. Con Una battaglia dopo l’altra Anderson torna nel ventunesimo secolo per mostrarci dove gli Usa sono stati condotti da quello stesso passato.

Una battaglia dopo l'altra

Il film è stato scritto prima delle ultime elezioni statunitensi, ma in questi mesi la realtà lo ha reso ancora più attuale: la stretta sulle deportazioni dei migranti, le proteste scoppiate in diversa città americane, il dispiegamento della Guardia nazionale nei grandi centri e la spregiudicatezza quasi parodistica dei membri dell’attuale amministrazione fanno somigliare l’America di oggi allo specchio deformante immaginato da PTA.

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Il Paese che vediamo in Una battaglia dopo l’altra non è tuttavia quello trumpiano del 2025, Anderson ambienta il film in una sorta di eterno presente: i problemi degli Stati Uniti, a cominciare proprio dalla gestione delle migrazioni e dal razzismo delle alte sfere, sono sempre gli stessi. Le scene ambientate prima del salto temporale di sedici anni potrebbero in realtà essere ambientate benissimo a cinque minuti di distanza dalle successive.

La generazione rappresentata dal Bob ha fallito ed è sfiduciata (“niente mi fa più arrabbiare”, dice lui) e talvolta, come nel caso della madre di Willa, è scesa a compromessi con il potere: i peccati di padri e madri ricadono quindi sui loro discendenti, condannati a portare questo fardello, ma ugualmente determinati a combattere facendosi carico di questo non facile passaggio di consegne.

Una battaglia dopo l'altra

È forse il caso di sottolineare che Paul Thomas Anderson ha tre figlie, nate dal matrimonio del regista con la nota comica e attrice afroamericana Maya Rudolph. Il regista sembra quasi proiettare in Una battaglia dopo l’altra le ansie per il futuro della sua prole all’interno di un Paese multietnico e allo stesso tempo estremamente conservatore e intollerante. Non è la prima volta che il Cinema di Anderson esplora i rapporti tra figli e genitori (anche surrogati), ma il regista in questo caso procede a identificarsi totalmente nel padre imperfetto e amorevole interpretato da DiCaprio, ed è infatti amorevole anche lo sguardo che il regista utilizza per delineare il personaggio di Willa.

Una battaglia dopo l’altra presenta una società americana immersa in un normalizzato stato di polizia, una cultura delle armi fuori controllo e un razzismo interiorizzato; ciò nonostante Anderson sembra guardare al futuro con ottimismo, fiducioso nella voglia di rivalsa delle nuove generazioni e nel senso comunitario di solidarietà rintracciabile specialmente negli ultimi, qui incarnati soprattutto dai messicani che abitano la fittizia cittadina di Baktan Cross.

Una grande film dopo l’altro

Una battaglia dopo l’altra, filmato in VistaVision, porta avanti lo stile degli ultimi film di PTA: il regista si concentra sulla composizione delle immagini e muove la macchina da presa in maniera più discreta rispetto agli esordi, riuscendo comunque a conferire una grande dose di energia alla pellicola, anche grazie al montaggio e alla colonna sonora.

Una battaglia dopo l'altra

Anderson è un cineasta che ha saputo costruire una filmografia davvero eterogenea in cui ogni opera è apparentemente molto diversa dalla precedente, ma allo stesso tempo la sua mano e la sua penna sono sempre riconoscibili. Con Una battaglia dopo l’altra il regista di Magnolia decide di andare nuovamente verso territori inesplorati: per la prima volta Anderson si trova a girare quello che è possibile definire un action sui generis dalle tinte neo-western, peraltro potendo contare su un budget ben più alto rispetto a quelli che ha solitamente a disposizione, e lo fa realizzando un frenetico film d’intrattenimento che non somiglia a nient’altro e funziona su più livelli.

Per le scene d’azione, soprattutto per gli inseguimenti in macchina, Anderson si è ispirato dichiaratamente a pellicole come Il Braccio Violento della Legge (The French Connection), ma la rielaborazione operata dal regista è tale da far sparire questi confronti, confinandoli ad essere echi lontani. PTA filma l’inseguimento principale in un modo ingegnoso e inedito che fa arrivare al massimo grado la tensione accumulata lungo tutto il film, una tensione che viene costruita anche servendosi perfettamente delle musiche composte da Jonny Greenwood.

Una battaglia dopo l’altra: un blockbuster pynchoniano

L’ispirazione principale per Una battaglia dopo l’altra proviene da Vineland, romanzo del 1990 di Thomas Pynchon. Anderson, com’è noto, è un grande estimatore del misterioso scrittore post-moderno (di cui già adattò – in maniera molto più diretta e fedele – Vizio di Forma nel sottovalutato film del 2014) e per anni ha provato a portare sullo schermo quella storia senza successo, prima di decidere di servirsi solo di alcuni aspetti della premessa del libro. Di Vineland, una satira sull’America di Reagan popolata da personaggi sconfitti dopo la fine del sogno hippy, Anderson mantiene la vena schizofrenica, rielaborandola in un modo più digeribile per il grande pubblico e accompagnandola con una buona dose di umorismo.

Una battaglia dopo l'altra

Il PTA in versione formato famiglia (si fa per dire: il film non lesina su riferimenti sessuali e linguaggio volgare) di Una battaglia dopo l’altra non risulta meno geniale dell’Anderson più austero, anche se la volontà di far arrivare a tutti il messaggio del film porta il regista a confezionare una scena finale più usuale del solito, che risulta comunque efficace grazie alla nota di leggerezza che l’accompagna. Una battaglia dopo l’altra è un’esperienza cinematografica originale e, proprio per questo, imperdibile; ma è anche un film che cattura lo spirito del tempo del proprio Paese, un’America polarizzata e cristallizzata in un eterno presente.

Una battaglia dopo l'altra
Una battaglia dopo l'altra
9
Good Stuff Film originale che non somiglia a nient'altro La voce dell'autore è perfettamente riconoscibile Più attuale che mai Ottime interpretazioni
Bad Stuff In (poche) decisioni si avverte la volontà di andare incontro al pubblico
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