La storia di Weapons, ambientata in un immaginario sobborgo americano, ruota attorno a un mistero che si è consumato nel cuore di una notte come tante: alle ore 2:17, diciassette bambini appartenenti alla stessa classe elementare sono usciti dalle loro case correndo verso una meta ignota, dileguandosi nell’oscurità.

La scomparsa dei ragazzini lascia la comunità senza risposte, gettando i genitori e le autorità locali in una spirale di incertezza. Gli unici a poter fornire risposte, almeno apparentemente, sembrano essere la maestra Justine e Alex, l’unico dei bambini della suddetta classe ad essersi presentato a scuola la mattina successiva all’inspiegabile evento.
Weapons, tra horror e grottesco
Zach Cregger, dopo Barbarian, torna dietro alla macchina da presa con un’opera dalle maggiori ambizioni. Ispirandosi dichiaratamente allo spirito corale di Magnolia di Paul Thomas Anderson (omaggiato anche attraverso l’agente baffuto interpretato da Alden Ehrenreich), Cregger confeziona un film ricco di personaggi, dipanando la vicenda al centro della storia in una struttura coinvolgente che prevede una divisione in capitoli e l’esplorazione degli eventi da molteplici punti di vista. Come già accadeva nel film precedente, il regista dimostra di conoscere quel filo sottile che divide il divertimento dall’orrore. Pur non essendo una horror comedy, Weapons regala diversi momenti di leggerezza mantenendo tuttavia un tono inquietante che trova nel grottesco la sua forza maggiore.

Cregger (anche sceneggiatore) mette tanta carne al fuoco, ma riesce a far tornare tutti i nodi al pettine e a rendere imprevedibile lo svolgimento della storia per buona parte del minutaggio complessivo. L’alone di mistero creato intorno all’accaduto che mette in moto gli eventi è tale da poter far apparire la risoluzione controversa, rischiando di scontentare alcuni spettatori dopo aver alzato le aspettative. Nonostante un’ultima parte che squilibra leggermente il meccanismo dei capitoli visto fin lì, l’impressione è quella di trovarsi di fronte a un film ben scritto che non arriva ai picchi raggiunti da pellicole di altri autori horror contemporanei. Weapons possiede però una solidità che non sempre ritroviamo in quelle stesse opere.
Weapons, un’opera audace
Il film di Cregger è ascrivibile a filoni odierni che dominano il genere, ma la commistione di toni e ispirazioni gli conferisce una freschezza non indifferente. Il film riesce a convincere anche come thriller investigativo, ma forse è proprio sul versante dell’horror puro che Weapons non può dirsi memorabile – specialmente nel corso della prima parte. Quando i personaggi all’interno del film si spaventano molto più di quanto non facciano gli spettatori non è un buon segno, ma il regista è comunque in grado di creare un’atmosfera colma di sottesa inquietudine pronta ad esplodere da un momento all’altro.

Il terremoto emozionale rappresentato dalla sparizione dei bambini dà modo a Cregger di mettere in scena i traumi e i drammi personali dei protagonisti alle prese con la tragedia, sfruttando un buon cast capitanato da Julia Garner e Josh Brolin – quest’ultimo nel ruolo del genitore che più di tutti si ostina a cercare la verità. Al contrario di opere che condividono con Weapons un punto di partenza apparentemente non troppo dissimile (si pensi alla serie The Leftovers), Cregger non indugia però su una profonda esplorazione dei personaggi, sia per la frammentarietà strutturale della trama sia per il rifiuto ad adottare toni eccessivamente drammatici, in controtendenza con molti horror contemporanei che indagano temi come il lutto.
Rimescolando le carte con l’utilizzo di modelli raramente sfruttati all’interno del genere, Weapons è un film audace che offre uno spettacolo divertente e largamente imprevedibile. Si tratta di un film che merita di essere visto in sala, possibilmente senza venire a conoscenza in anticipo di ulteriori dettagli rispetto a quelli elencati fin qui.