Ferzan Ozpetek è tornato al cinema, con Diamanti, un grande debutto che vede coinvolti più di venti attori italiani, tra quelli con cui ha lavorato in passato e qualcuno nuovo, per dare vita ad una delle sue eteriche poesie cinematografiche. Un quadro pieno di vita, di storie che si intrecciano, fanno un giro immenso e sgorgano nell’immaginario sociale e collettivo del tempo. Le donne, i diamanti del tempo, della storia, vengono omaggiate in una vivida rappresentazione potente e caotica.
Una delle cose più importanti secondo me è il lato femminile delle cose per me. Non parlo della sessualità, il lato femminile anche di un maschione, il lato femminile lo fa diventare più prezioso, più diamante in qualche modo. La parola diamante. Il titolo iniziale era Mezza Verità, poi proprio Mina che mi ha detto “ma Ferzan Mezza Verità secondo me dovresti trovare un altro titolo” così, chiacchierando, poi guardando a loro che sono le diamanti per me, poi riflettendo sul significato del diamante è quello che no, che resiste a tutto, che è sempre resistente come sono le donne. – ci racconta Ferzan Ozpetek
Ma come sempre, il regista della Fate Ignoranti, la Dea Fortuna e La finestra di fronte, lascia una commovente e attenta osservazione, dei tratti sociali e comunitari di un’epoca, dove non sono solo le donne a lottare per la propria indipendenza sia politica che individuale, ma anche le giovani generazione e il riconoscimento del disturbo depressivo (oggi fenomeno sempre in aumento), e poi l’eterno divario tra la morte e l’eternità.
Diamanti: un’opera corale che parla di vita, amore e speranza
Ambientato nel presente e negli anni ‘70. Diamanti racconta fatti di vita e vicende amorose di un gruppo di donne che ruota attorno a una grande sartoria di cinema, diretta da due sorelle tanto diverse, quanto legate. Alberta (Luisa Ranieri) e Gabriella (Jasmine Trinca), due caratteri decisamente diversi e contrapposti. Da una parte, una donna ferita dalla vita, che con freddezza e paura ha innalzato un muro su di lei, senza infiltrazioni di pietà e indulgenza, che coordina e dirige la sartoria con estrema durezza e impassibilità.
Stavamo lavorando a Nuovo Olimpo e Ferzan mi dice “voglio fare un film al femminile con tutte le attrici della mia vita, del mio cinema” e io scherzando gli ho detto non mi far fare un’ altro ruolino, fammi fare un ruolo, fammi divertire. E la cosa straordinaria è stata che questo film io l’ho affrontato pensando che non avremmo improvvisato come sempre, mica puoi fare una protagonista improvvisando tutto e invece ho scoperto che questo suo modo di lavorare ad un attore spaventa perché ti senti un pò senza paracadute, però è quello il segreto che lui ha ti mette in una condizione in cui devi stare sul pezzo ed essere emotivamente essere lì. E ho avuto la fortuna di condividere questo film, con queste attrici e attori meravigliosi, tutti disponibili, e abbiamo lavorato come se fosse un balletto. E questo mi ha dato la possibilità di stare in ascolto, di quella che succedeva non solo nel mio personaggio, ma anche quello che accadeva al personaggio di Jasmine che era molto legato al mio, o quello che succedeva perché tutte loro erano le mie sarte. Quindi quello che accade qui e ora, quello è stato molto interessante. – Luisa Ranieri
L’altra, invece senza difese, colpita dalla vita più e più volte, sembra quasi non reagire e rimanere impassibile alle condizioni della vita, non ha più voce per gridare, il dolore si è impossessato di lei. Due personalità, incisive e così autentiche, capaci di far trasparire le debolezze e la ferocia della vita. Due interpretazione vere e trasparenti, che mettono in luce il duro del lavoro delle attrici, per immedesimarsi nei personaggi, tanto da dargli una tridimensionalità presente, futura e passata.
Un rapporto che tende a sfociare in una vera e profonda riflessione, sul senso della vita che equivale a niente senza amore. Un quadro che si stringe in un’imponente e consumato abbraccio, di amore ed eternità, che insegna a captare l’attimo, e racchiuderlo in unico e intenso atto d’amore. Imparare ad amare, e non farlo solo quando la morte bussa alle proprie porte. Nella colonna sonora Diamanti, interpretata da Giorgia, c’è una frase che fa trasparire il significato di tutto questo:
Anche se fosse solo per un’ora
Il tempo di cantare una canzone
E di imparare ad abbracciarsi ora
E tornare a splendere
La poesia cinematografica si incastra, come sempre perfettamente con la scelta delle tracce e delle musiche che accompagnano il valzer di inquadrature piene di dinamismo e colori. Infatti oltre, alla collaborazione della cantante, Ozpetek chiama a sé i compositori Giuliano Taviani e Carmelo Travia, due figure di casa per il suo cinema, dato la collaborazione con il regista in Rosso Instanbul (2017). I meravigliosi arrangiamenti, si sposano con la potenza poetica delle inquadrature, non ci sono strutture artificiose o messe in scena particolari, c’è la semplicità e la struttura scenografica della sartoria.
Al centro ci sono i personaggi, le loro storie, è tutto concentrato e incanalato lì. I luoghi di ripresa sono pochi, quello che emerge è l’ambiente dove queste donne si ritrovano tutte, la magia della loro forza e coesione, e poi a fare da congiuntura è la moda. Questo etereo spazio, dove le protagoniste creano e realizzano abiti di scena, per il cinema e il teatro. Un lavoro artigianale, che oggi tende ad non esistere più, e che Ozpetek conosce molto bene, dato la sua prima esperienza, da ragazzo nel settore:
Questo film scava nella memoria di quando negli anni ’80 come aiuto regista frequentavo le sartorie di cinema e teatro, Tirelli tra le più celebri, dove accompagnavo gli attori e registi, e incontravo i grandi costumisti e naturalmente, registi importanti, attrici, attori. Luoghi che mi affascinavano, sentivo l’incanto di quei santuari laici del bello dove la creatività si declinava con ingegno, forte laboriosità e dedizione. Mi sentivo inadeguato, ho avuto modo di diventare amico di Piero Tosi. Gli abiti oggi vengon o presi dal repertorio o adeguati, oggi non c’è quella possibilità di fare costumi dalle comparse alle protagoniste. Oggi è impossibile. Quindi ho raccontato un mondo che oggi non c’è più. -Ozpetek
Tutto è immerso nello splendore degli abiti e costumi di scena, tra tessuti luminescenti e corpose gonne in strutture tecniche, vi ritroviamo anche la magia della moda e l’importanza del costume per l’attrice che deve immedesimarsi nel personaggio. Una poetica dirompete e cinica, affrontata dal personaggio di Vanessa Scalera, la costumista Bianca Vega, premio Oscar che commissiona la nuova linea di abiti per il film del regista interpretato da Stefano Accorsi.
A me sembra, che in questo film, le figure maschili sono abbastanza isolate, sono sole, ed è quello che determina la vera fragilità. Mentre invece la vera forza di questo gruppo al femminile è proprio esser gruppo. Quello che dicevo di Ferzan è che tu riesci a tirare fuori le tuie ansie, le tue paure confrontandoti e creando dei punti di riferimento attorno a te e questo ti permette di non perdere mai la calma, la lucidità, ogni tanto la perdi anche tu chiaramente. Ma arrivi già prevenuto a quell’eccesso che vediamo invece nel mio personaggio “il regista”. Che io pensavo invece fosse un pò più simpatico.. – Stefano Accorsi
Diamanti: la lotta di genere tra una sferrata e pungente ironia e la sensibilizzazione alla salute mentale
Ad adornare la cornice, c’è la splendida squadra di sarte, ognuna con una storia e personalità diversa, un trionfo di individualità e di interrogativi sociali che prendono forma in un’acuta e ironica rappresentazione, guarnita di dialoghi frizzanti e pieni di significato. A metterci del suo, c’è Geppy Cucciari che con la sua comicità a doppio taglio, sfodera e lenisci tutti pregiudizi del tempo, portando in atto scene comiche ma di profondo riflesso sociale e gerarchico.
A farle da spalla, in questa missione auto ironica e divertente c’è Paola Minaccioni, una delle paladine della comicità italiane, che a spruzzi di umorismo, colora il quadro ferzeniano, portando in risalto anche la sua storia, e quella di suo figlio. Un giovane erede della nuova era, che finisce in turbine di tristezza e solitudine, chiamato depressione, da quale riesce ad uscire solo tramite l’amore di questa mamma cocciuta e testarda che fa di tutto pur di capire cosa affliggesse la mente del ragazzo. Con estremo tatto e delicatezza, vi si attinge ad una figura mistica ancora per quel tempo, che con ironia allude alla figura dello psicologo, un tabù ancora oggi per le nuove e le vecchie generazioni, che però è di fondamentale importanza.
E poi torna, ad accodarsi all’ennesimo urlo di denuncia, la violenza sulle donne, e la condizione che al tempo le legava ancora di più. Un patriarcato che non permetteva il lavoro al genere femminile, poiché sempre racchiuso nel concetto degli anni ’50 della tradewife. La storia è quella di Nicoletta (Milena Mancini) assorbita totalmente dall’autorità del marito Bruno (Vinicio Marchioni), che brutalmente la maltratta sia psicologicamente che fisicamente. Una storia come tante, ma che ha un pizzico di ironia marcata, e che mette in luce la resilienza femminile, e il bisogno di raccontare e denunciare.
Era fondamentale, per me, anche dopo il film con Paola Cortellesi, come attore, riparlare di questo annoso tema della violenza, del femminicidio però assumendo una responsabilità che sta da quest’altra parte. Perché penso che su questo, penso che dobbiamo essere noi maschietti a metterci la faccia e grazie Ferzan per avermi dato questa possibilità e grazie per avermi fatto lavorare insieme a Milena Mancini perché la scena l’ha fatta tutta lei, io non ho fatto niente, ho solo reagito perché Milena è anche una stuntwoman e quindi ha fatto tutto lei, dobbiamo dirlo. Io sono stato lì, ho preso un sacco d’acqua e grazie a Stefania Casellato, la fotografa di scena, che ci ha fatto una delle fotografie più belle della nostra esistenza. – racconta Vinicio Marchioni
Sempre in tema, alla disparità di genere, c’è anche il conseguente e attuale criticismo verso l’amore e la differenza di età. Questo maggiormente accade soprattutto nel mondo dei vip, molti gli scandali che vedono coinvolti uomini di una certa età fidanzarsi con persone molto più giovani di loro. Ma il rumore si fa ancora più insistente quando sono le donne a farlo. Da Madonna e lo scandalo del nuovo compagno di quasi quarant’anni più piccolo di lei, fino a alla coppia italiana che ha segnato la storia, composta da Valeria Golino e Riccardo Scamarcio, che all’epoca aveva poco più di vent’anni. Una tematica che ha delle disparità, da una parte all’altra e che Ozpetek mette in luce in Diamanti, con la storia di Eleonora (Lunetta Savino), una sarta che intraprende una storia d’amore, di nascosto, lontano da occhi indiscreti e giudicanti, con Ennio, il segretario della sartoria, di età minore rispetta a lei.
Diamanti: l’eterno divario tra cinema e teatro
Tante sono le tematiche e le riflessioni che spuntano con audacia e intelligenza dal nuovo film di Ozpetek. Tra queste, c’è l’eterno divario tra il cinema e il teatro. Tutto avviene su uno sfondo totalmente comico e oggettivo, che non fa trasparire ne l’importanza di uno, e ne dell’altro. Poiché sono a se stanti, e comunque padroni di uno spettacolo di illusioni e giochi di potere. A discuterne ci sono le due attrice, Sofia Volpi (Kasia Smutniak) e Alida Borghese (Carla Signoris). Una gode del privilegio cinematografico e l’altra è reduce da una carriera dedicata al teatro. Due luoghi dove si fonde la stessa arte, quella della recitazione, ma che all’epoca dell’equilibrio tra due, sorgevano discrepanze e contrasti. Il tutto è messo su un piano autoironico e reale, che sfocia in una esplosione di amore e consapevolezza della settima arte in tutte le sue forme.
Diamanti: la regia e il dietro le quinte, diventano la chiave per il film
Il film ha una curiosa e interessante aggiunta dei retroscena e del dietro le quinte del film. Tutti gli attori vengono convocati, nel covo del regista, e fanno conoscenza con il progetto e il personaggio che gli hanno accorpato. Una serie di clip, dall’inizio allo svolgimento della storia, dove i vari attori in una prima seduta conoscitiva di Diamanti, scherzano e fantasticano con il regista. Uno stacco dall’irreale racconto che diventa parte integrante, e crea una sottilissima linea di fiducia e consapevolezza tra l’attore e il personaggio.
All’inizio Stefano Accorsi doveva fare il regista, cioè la mia parte nelle clip, e poi erano tutte le attrici che il regista li chiamava a casa sua per parlare di questo progetto. Da lì invece, giustamente, abbiamo pensato ma se Stefano deve fare il regista vero nel film, diventa tutto un pò forzato. Così ho accettato io, nonostante l’imbarazzo. Però la cosa che mi ha reso secondo me molto tranquillo, è che non mi rendevo conto che stavo facendo la parte del film, cioè facevo l’attore, non mi rendevo conto di questo. -Ferzan Ozpetek
Nel cast Luisa Ranieri e Jasmine Trinca, e in ordine alfabetico Stefano Accorsi, Luca Barbarossa, Sara Bosi, Loredana Cannata, Geppi Cucciari, Anna Ferzetti, Aurora Giovinazzo, Nicole Grimaudo, Milena Mancini, Vinicio Marchioni, Paola Minaccioni, Edoardo Purgatori, Carmine Recano, Elena Sofia Ricci, Lunetta Savino, Vanessa Scalera, Carla Signoris, Kasia Smutniak, Mara Venier, Giselda Volodi, Milena Vukotic. E con Lorenzo Franzin, Antonio Iorio, Antonio Adil Morelli, Valerio Morigi, Dario Samac, Edoardo Stefanelli, Erik Tonelli.
Secondo me la cosa più importante del film sono gli attori. Ti devi innamorare degli attori. Il film sono gli attori, il dettaglio e la luce. Devo ringraziare sempre anche Pippo Corticelli e devo ringraziare Pietro Morana che è sempre accanto a me, pronto per il montaggio, perché il film doveva durare quasi tre ore. C’erano tante scene bellissime che abbiamo tagliato, a malincuore.
-Ferzan Ozpetek
A sorpresa Mara Venier che porta in scena, il personaggio di Silvana, cuoca e domestica della sartoria, un punto di riferimento per tante, che racconta tramite l’esperienza di vita, la sua storia, di speranza e di coraggio verso la solitudine e i momenti più bui. Non a caso la conduttrice ha raccontato il momento difficile che ha dovuto affrontare proprio durante la lavorazione del film:
Questo è stato un regalo disperato che è arrivato in un momento della mia vita molto particolare, dove da circa trent’anni non avevo fatto più l’attrice. Non volevo credere, lui me lo diceva da anni, “guarda che lavoreremo insieme” ma io non pensavo.. invece poi è arrivata la proposta. Non volevo farlo per insicurezza, credevo di non essere all’altezza con un cast meraviglioso, con delle attrici bravissime e la mia insicurezza mi portava a non volerlo fare, mi sentivo a disagio, fuori posto, io ormai da anni sono la zia di Domenica In, mi sentivo inadatta. Ho cercato di scappare, fino agli ultimi tre giorni, poi mi è arrivato un messaggio molto bello di Ferzan che mi ha detto “Io paura come te, ma non scappare perché tu il film lo devi fare”. E devo dire che ho fatto bene, perché è stato un periodo molto particolare, perché durante la lavorazione ho avuto un problema molyto serio con la vista, venivo operata il giorno prima e il giorno dopo ero sul set. Ma io ho avuto delle compagnie, sorelle, mi avete fatto superare un momento terribile, perché improvvisamente non vedere più da un occhio è qualcosa che mi sconvolge ed è successo a me. Quindi grazie a Ferzan, e tutte le mie colleghe, mi siete state tutte vicine, è stata una carezza nel cuore in un momento terribile per me. – Mara Venier
Diamanti, la dedica alla triade di attrici italiane: Monica Vitti, Virna Lisi e Mariangela Melato
Diamanti è un’intima e fiduciosa dedica alla triade di attrici italiane che hanno fatto la storia del cinema. Monica Vitti, Mariangela Melato e Virna Lisi, le quali il regista ha raccontato, di aver voluto lavorare, ma che per un motivo o per un’altro le cose non sono andate come avrebbe voluto:
Quando io ho fatto il bagno turco, il mio primo film, vengo chiamato dall’agente di Mariangela Melato, mi dice “lei ti vuole incontrare”, ci incontriamo, ci prendiamo un caffè, lei mi dice “io voglio lavorare con te”, passano gli anni faccio un altro film, lei mi manda il messaggio voglio lavorare con te, dico “sì sì adesso, sì adesso sì” ma ogni volta succede qualcosa. Quando arriva il momento di fare un film con lei, c’era un ruolo per lei, io la chiamo dico “Mariangela c’è un ruolo per te” e lei mi risponde “Ferzan ti ringrazio ma ora è troppo tardi” ormai era arrivata, non sapevo niente io. Quindi sono rimasto anche molto male e mi è rimasta sempre impressa questa cosa che non ho lavorato con lei, una grande attrice..
Invece con Virna Lisi, ha raccontato che doveva esserci una collaborazione in Mine Vaganti:
Virna Lisi, doveva fare la nonna in Mine Vaganti, vado a casa sua ne parliamo…Perché Virna Lisi fa una dichiarazione dopo il mio film, Le Fati Ignoranti, fa una dichiarazione ai giornalisti dicendo che la prima volta c’è un regista in Italia a livello di Patrice Chéreau. E mi chiama, mi fa complimenti, ci vediamo tre volte, ma al momento dell’assegnazione dei ruoli tutto va all’aria. E non ho avuto più modo di poterci lavorare assieme.
Per Monica Vitti invece:
Monica Vitti, invece, succede che io quando ho vinto il globo d’oro per il Bagno Turco, il mio debutto, vado a Cinecittà a prendere il premio e vedo Monica Vitti che stava uscendo, camminando, mi presentano e dicono, è il regista di questo film che ha visto così, lei mi guarda e mi fa “complimenti”, ci guardiamo, lei mi dice, “lei farà tanti altri bei film, bellissimi film farà, vedrà che farà tanti altri film bellissimi così”. Un ’emozione incontrare un tale mito.
La dedica a fine film, è un’omaggio ai tre diamanti della storia del cinema italiana, e un rimpianto che converge però nell’eternità dell’arte:
Quindi sono queste tre attrici che mi sono rimaste sempre in mente così. Ho scritto quella frase e veramente vorrei che fosse vero, nel senso che in un domani potremmo fare un film insieme, se vado dall’altra parte, le incontro, possiamo fare qualcosa insieme magari, non si sa mai nella vita.
Diamanti: un cast di eccellenze italiane, in un’unico omaggio alle donne
Diamanti di Ferzan Ozpetek, vanta di un cast d’eccezione, che il regista a ripescato dai suoi lavori precedenti, unendole in un’unico grande scopo, omaggiare le donne, e la loro forza con il quale affrontano le situazioni più difficili della vita. Madri, lavoratrici e avvocati di cause e lotte di genere che nel tempo, sembrano ancora di più radicarsi con violenza e soprusi nella società. Un pentolone di buoni propositi che raccoglie tante tematiche e fragilità del nostro tempo, con un’aggiunta di filosofia ferzeniana che trasforma tutto in pura arte espressionista.
Il maestro della messa in scena della vita, torna con il nuovo film, uno specchio di riflessioni sociali intime e tangibili. Un racconto sincero e semplice che tocca con cura l’argomento della morte, che non è che l’eternità della vita. La consapevolezza dell’attimo, e l’importanza di captarlo e sfruttarlo al momento giusto. La scena primordiale, più forte che si avvicina alla potenza scenica e d’impatto dei film neorealisti, è quella dell’abbraccio tra Gabriella e Alberta, due sorelle consumate dalla paura di dimostrare amore. Un frame che mostra l’importanza dell’attimo, che sfugge e può essere acchiappato solo con la pudicizia e la purezza dell’amore. Che è quello che resta di tutto, e di tutte le storie.
Una convinzione, quella del regista di rappresentare le donne (una cosa non facile), con estrema attenzione e poesia. Una visione che riesce a far intrecciare arte, musica, vita, realtà e sogno. Diamanti tocca il punto più profondo dell’anima, scava un solco così profondo, che una volta usciti dalla sala è difficile e temibile da ricoprire. Non è scontato far arrivare tutto questo attraverso un film, Ozpetek ha colto l’essenza del cinema e ne ha trovato un modo tutto suo per raccontarla.