(Ma sì, diamo 13 Oscar a Time Cut l’anno prossimo, chissenefrega dell’arte…).
Ammetto, io di meccanica temporale non ho mai capito nulla. E manco di serial killer mascherati, figuriamoci. Se poi a tutto ciò si aggiunge l’atmosfera da teen drama, il disastro parrebbe proprio dietro l’angolo.
I più sprovveduti, allora, potrebbero tirar fuori la scivolosa sentenza per cui l’apparenza inganna (ma la realtà stupisce…), o altre frasette simili da moralismo giovanilista a buon mercato.
Che noia, questi. La genialità è una su un milione, citando il plurivincitore di Academy Award Alex Britti, il resto, quando pare a prima vista insulso, è perché insulso lo è realmente.
E la cosa è ben più grave di così, poiché il film, il quale non ha nemmeno la consapevolezza della sua insulsaggine, prendendosi di conseguenza pure sul serio, è addirittura, al momento in cui scrivo, nella top 3 dei più visti su Netflix.
Non che le classifiche di una piattaforma streaming, soggette all’algoritmo e al fast food cinematografico degli utenti, siano indice di qualità delle pellicole, giammai.
Però se è un film è in classifica mi aspetto che sia un prodotto godibile, d’intrattenimento a frequenze cerebrali prossime allo zero, per carità, ma godibile.
E invece no, porca pupazza. Time Cut, ahinoi, è solo inguardabile.
Time Cut, lo sci-fi slasher che trasuda bruttezza e non trashitudine
Iniziamo dagli elementi positivi di questo filmoide del 2024, diretto dalla regista Hannah Macpherson.
… [balla di fieno] …
Passando invece a tutto ciò che non funziona, inizierei, metodologicamente, dalla trama. In soldoni, una giovane ragazza del 2024 si trova catapultata tramite macchina del tempo ad aprile 2003, nei giorni in cui l‘adolescente sorella Summer fu assassinata da un improbabile serial killer.
Fico, dai. È come mettere insieme Tenet con Scream. Vado a prendere i pop corn. Mi porti anche la coca cola gigante? L’ho sempre detto che gli americani hanno pessimi gusti…
Ad ogni modo, la sinossi in sé è il minore dei mali. Senza fare eccessivi spoiler, più per pigrizia che per non rovinare la sorpresa, il modo in cui viene trovata la macchina nel tempo da Lucy, la protagonista interpretata da Madison Bailey, sarebbe indegno persino per il più malriuscito episodio di Scooby-Doo.
I personaggi, inoltre, hanno tutti comportamenti forzati, da Summer che accoglie in casa Lucy come se la conoscesse da sempre anche se non ha idea di chi sia (la scusa dei compiti di chimica rasenta il ridicolo; i compiti di chimica non li ha mai fatti nessuno…), a Quinn, troppo imbranato per essere vero, il quale non si fa eccessivi problemi sul fatto che una tizia a caso dotata di smartphone gli confessi candidamente che viene dal futuro.
La preoccupazione principale di Quinn pare essere sapere se Arnold Schwarzenegger sia divenuto o meno Presidente degli Stati Uniti, e la risposta di Lucy “è molto peggio di così“, forse a dileggiare il povero Biden – a giudicare dalla data di realizzazione, l’estate del 2021 –, o, più probabilmente, a prendersela con The Donald, perché schernirlo è la perenne agenda dei Buoni (beh, eravamo a pochi mesi dall’assalto di Capitol Hill…), offre un affresco dei dialoghi meglio riusciti del film. Il che è tutto dire.
Trascurando le solite banalità da catalogo Netflix (girl power a caso, il bullismo è puzzone, amore lesbo non funzionale alla narrazione…), lascia piuttosto sgomenti la performance di basso livello degli attori, o quantomeno dei loro doppiatori italiani, senza che da ciò ne derivi una sana dose di trash ristoratore.
Per concludere, siccome non ne posso più, stendiamo un velo pietoso sul finale, perché io non capirò nulla di meccanica temporale, ma Hannah Macpherson, con quel lieto fine da quattro soldi, da regista solo ubriaca è divenuta pure (non) moglie con la botte piena.
(Però, suvvia, le canzoncine anni 2000 erano orecchiabili…).
(Quasi dimenticavo, Time Cut non fa neanche paura…).