Tutta colpa di quei falsi papi alla Bergoglio. Per motivazioni piuttosto diverse, oggi potrei condividere anch’io questo sconclusionato pensiero del buon Mel. Infatti, il presente articolo non si doveva intitolare “Il cattoribelle Mel Gibson e il QI da palo di Kamala Harris“, ma “Il turbo papista Mel Gibson e il QI da palo di Kamala Harris“. Suonava meglio, accidenti, e io sono un esteta della sonorità scritta. Mai avrei immaginato di rimpiangere Pio XII come un sedevacantista qualunque. E invece, nei giorni di vigilia all’elezione del 47° Presidente degli Stati Uniti, improvvisamente è arrivata un’appetitosa Amerikanata.
Ma faccio un po’ d’ordine. Come i più gossippari sapranno, è notizia di questa estate la scomunica di monsignor Carlo Maria Viganò – eroe del cattocomplottismo internettiano –, perpetuata dal (falso) papa connazionale di Belén Rodríguez. Lo scismatico arcivescovo, da sempre devoto al Cuore Immacolato di Maria (De Filippi…), invero, ha ricevuto la comunicazione vaticana a seguito delle reiterate dichiarazioni contro il Sommo Pontefice, rifiutando, quindi, l’autorità di quest’ultimo e il suo prestigio.
Giunta tale notizia, Mel, il quale non ha di certo vinto 5 Oscar nell’anno del Signore 1314 per poi trovare il suo idolo scomunicato secondo il canone 1364 del diritto canonico, si è subito prodigato a vergare una lettera, difendendo la dottrina tradizionalista e anti (falsa) Chiesa postconciliare portata avanti da Viganò.
Lei è un eroe – cattocomplottista – coraggioso, Lei è un Atanasio – discutibile vescovo ultra ortodosso del IV secolo – dei giorni nostri, spero che Lei – senza, però, linea internet – continuerà a ricevere i sacramenti.
Insomma, le solite cose che si dicono a uno scomunicato.
E quindi niente, maledetto Mel. Non posso nemmeno darti con cognizione di causa del turbo papista. Che noia quando la forma deve cedere spazio allo storytelling…
(Amo l’Argentina perché ha dato al mondo Belén Rodríguez…).
Mel Gibson, il Paparazzo e le gentilezze a Kamala
Alla luce delle considerazioni fatte nel precedente paragrafo, non dovrebbe essere difficile immaginare cosa l’attore e regista originario di Peekskill abbia risposto al giornalista di TMZ che, all’aeroporto di Los Angeles, lo ha incalzato sulle sue intenzioni di voto.
Come Gesù nel tempio, il Nostro si è dapprima sistemato gli occhiali da sole, per poi, dietro un sorriso sardonico, proseguire a camminare. Dai, bomber, lo sai che all’urna sceglierò The Donald, pare abbia sussurrato al cronista durante il tragitto. Al che il Paparazzo di felliniana memoria, in cerca di scoop, ha insistito, volendo un commento su quali prospettive vedesse in caso di secondo mandato del candidato repubblicano.
Il galantuomo Mel, tuttavia, ha glissato su Trump, preferendo invece esprimere una critica costruttiva alla democratica Kamala Harris, definita con “un pessimo curriculum, dai traguardi miserabili, senza alcuna politica di cui parlare e con il quoziente intellettivo di un palo“. Insomma, il tipico savoir-faire che contraddistingue ogni amerikano degno di questo nome, il quale, anche quando tenta un golpe vestito da vichingo, non dimentica mai le gentilezze per l’avversario.
(Kong Fusion is True…).
(Ho preferito l’ingaggio di un’agenzia di moda emiliana alla copertina di Playboy Miami. E poi volevo indietro le mie tette…).