Chi era Beatrice Vitoldi? Probabilmente quando viene nominato il film La Corazzata Potémkin, la prima cosa che ci salta in mente è la frase pronunciata dal ragionier Fantozzi nel secondo capitolo della saga (Per me La Corazzata Potémkin è una boiata pazzesca!). In realtà, la pellicola è considerata una delle migliori del 900, sia a livello estetico che tecnico, all’esposizione Universale del ’58 fu nominato “il più bel film della storia” ed è al 7° posto nella classifica del British Film Institute.
Ma quello che forse non saprai è che ad interpretare la madre nell’iconica scena della scalinata è stata Beatrice Vitoldi, un’italiana naturalizzata sovietica, unico suo ruolo nel cinema che le portò gran notorietà in Russia, anche se per poco. La Corazzata Potémkin (Бронено́сец «Потёмкин») di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn ci racconta, in cinque atti, la storia vera e in parte romanzata dell’ammutinamento della ciurma della nave Potémkin avvenuta nel 1905, film che debuttò il 21 dicembre 1925 al Teatro Bol’šoj, mentre per il pubblico fu proiettato il 21 gennaio del ’26.
Nell‘Atto I: Uomini e vermi, l’equipaggio della nave è molto contrariato: il loro cibo è pieno di vermi e così, tramite il capitano Grigorij Nikitič Vakulenčuk (interpretato da Aleksandr Antonov), fanno arrivare le loro rimostranze ai superiori. Per tutta risposta, viene mandato un medico che nega la situazione e informa l’equipaggio che chi si rifiuterà di mangiare quel cibo verrà fucilato: gli ufficiali di grado superiore accettano il ricatto, mentre per gli altri c’è solo l’attesa della fucilazione sul ponte della nave.
L’Atto II: Dramma sul ponte si apre con i condannati sul ponte mentre ricevono gli ultimi sacramenti prima di essere giustiziati ma, appena gli ufficiali danno l’ordine di sparare, i marinai rifiutano di uccidere i loro compagni e insieme, dopo un’aspra lotta, prendono il controllo della nave. In Atto III: Il morto chiama vediamo che i caduti, sia da una parte che dall’altra, sono numerosi e, tra questi, c’è anche il valoroso Vakulenčuk il quale, una volta giunti al porto di Odessa, viene deposto in una tenda con un cartello sul petto con su scritto “Morto per un cucchiaio di minestra”. Considerandolo un’eroe, la popolazione gli rende onore, iniziando a manifestare pubblicamente il loro appoggio agli ammutinati.
Atto IV: la scalinata di Odessa. La polizia zarista non può accettare una simile ribellione così iniziano a marciare sulla popolazione uccidendo indiscriminatamente uomini e donne, avanzando freddamente sui cadaveri ancora a terra. In questa orgia di violenza, una madre assassinata cade al suolo e la carrozzina che teneva tra le mani inizia a rotolare giù per la scalinata, un’anziana viene colpita da una sciabola, una sequela di brutalità su cui il regista indugia con la sua cinepresa. Alla fine i marinai ammutinati decidono di utilizzare i cannoni della Potémkin contro gli zaristi, e giunge la notizia che la flotta dello zar sta arrivando pronta a sedare la rivolta.
Atto V: Una contro tutte. Gli ammutinati decidono di uscire con la corazzata dal porto per affrontare la flotta zarista ma, al momento dello scontro, i soldati si rifiutano di colpire i loro compatrioti. Il film finisce con la Potémkin, su cui sventola la bandiera rossa, che passa indenne tra i canti e le grida di giubilo dei marinai.
Beatrice Vitoldi, un unico ruolo che l’ha resa eterna
Beatrice nasce a Salerno il 15 dicembre 1895 e, all’età di cinque anni, emigra con la famiglia a Riga, e successivamente a San Pietroburgo, dove il padre lavora come ingegnere. Amante dell’arte, Beatrice si interessa fin da giovane alla politica entrando in contatto con molti bolscevichi, tra cui il regista Ėjzenštejn, e partecipa alla Rivoluzione d’ottobre del 1917. Nel 1925, diventa il volto della madre assassinata sulla scalinata che la rese celebre in Russia, notorietà che sfruttò per diventare la prima ambasciatrice dell’Unione Sovietica in Italia nel 1931.
Una scena di breve durata ma che diventò leggendaria quella di Beatrice Vitoldi nel film in cui riuscì, in pochi fotogrammi, ad esprimere tutta la drammaticità e la disperazione di una donna morente che sa che anche il piccolo figlio la seguirà a breve, con un’enfasi caratteristica del cinema muto. Nel 1937 Beatrice rimane vittima delle celebri Grandi purghe staliniane. Richiamata in Russia, probabilmente la donna muore per “cause misteriose” in un gulag a novembre del 1939 a soli 44 anni.
L’iconica scena della scalinata, oltre che nel film di Fantozzi, è stata omaggiata nel film Gli Intoccabili di Brian De Palma e parodisticamente in Una pallottola spuntata 33 1/3 l’insulto finale, mentre il cortometraggio del salernitano Vincenzo De Sio Beatrice, in concorso al David di Donatello nel 2021, è dedicato a questa figura affascinante ma sconosciuta, clicca qui per vedere il trailer di questo corto steampunk.