Un film che affronta consapevolmente un tema centrale nella politica e nella vita sociale italiana. L’immigrazione, tutti i suoi lati oscuri, e il malfunzionamento delle Istituzioni nell’integrazione di questi ultimi.
Daniel Espinosa porta in scena un’opera travolgente, dove al centro c’è una donna, una spietata trafficante di essere umani, Madame Luna, costretta anche lei come le sue vittime ad attraversare il Mediteranneo a causa della guerra scoppiata nel suo Paese, la Libia.
Una volta in Italia, la realtà sembra ancora più triste, tra organizzazioni criminali che lucrano sugli immigrati (prostituzione, lavoro a nero), il disastroso modello di gestione da parte dello Stato e il passato, la memoria di un viaggio verso la sopravvivenza, che lascia dietro morti e disperazione.
Madame Luna: la trama
Almaz è una donna eritrea, spietata trafficante di esseri umani, nota con il nome di Madame Luna. Quando il regime in Libia cade, è costretta a fuggire e intraprendere anche lei il pericoloso viaggio attraverso il Mediterraneo, confondendosi tra i migranti.
Sbarcata in Italia, inizia dopo poco a collaborare con un‘organizzazione criminale che specula illegalmente sul sistema dell’accoglienza. Dalla prostituzione al lavoro in nero. Almaz sarà incaricata di raccogliere reclute, dal centro migranti, e farli lavorare in fabbriche o campi di agricoltura, illegalmente, senza diritti e sicurezza sul lavoro.
La scalata verso il potere sembra compiuta ma, l’incontro con la giovane Eli, la costringerà a fare i conti con le ombre del suo passato. Le sue scelte, e l’attività criminale verso i suoi fratelli, nella speranza di un futuro migliore solo per se stessa. E ancora una volta, dovrà scegliere, da che parte stare. È possibile redimersi dal male?
Madame Luna: la recensione
Tratto da una storia vera, Madame Luna, è film diviso, che mette a confronto due realtà diverse. Da una parte troviamo l’ennesima denuncia sociale sulla gestione dell’immigrazione in Italia, della mancata integrazione degli individui, in una società che non conoscono e di conseguenza non riescono a inserirvi. Molto spesso abbandonati a loro stessi, e svincolati quasi immediatamente dai luoghi di accoglienza, senza aver introdotto loro forme base della lingua, della cultura e del lavoro.
Quasi sempre ridotti poi, ad ammassarsi davanti a stazioni, ponti e praticare ogni tipo di vagabondaggio e crimini vari. Una realtà troppo spesso celata che divide la politica, in questioni di destra e sinistra. Quando in realtà si parla di umanità, un fattore che a prescindere non ricalca pensieri e ideologie legate a partiti, ma di base è un concetto vitale e imprescindibile.
Non è una questione politica ma sociale, che purtroppo davanti al superficialismo di massa e la propagandizzazione politica resta un fatto invariato. Dalle ultime cronache di immigrati morti sul lavoro e quasi sempre tenuti a nero, recente il caso di Satnam Singhla, morto a Latina dopo essere stato lasciato agonizzante in strada, con un braccio mozzato da una macchina operatrice. Storie che si ripetono a non finire, e che nel film vengono evidenziate come denuncia sociale. Una totale mancanza di gestione del modello integrativo che poi sfocia in un vero e proprio caos ed ad approfittarne sono le organizzazioni criminali, che la maggior parte si occupano dello smistamento economico indirizzato alla causa immigrazione.
Il film è uno schiaffo morale alla realtà, che dall’altra parte ci mostra come gli stessi sono abbondati e traditi dagli stessi membri della comunità. Madame Luna è una loro sorella che in realtà organizza i loro viaggi verso la morte, poiché pochi riescono a raggiungere sani e salvi, attraversando le avversità dei mari, nei mezzi più malandati, l’Italia.
Madame Luna: un’opera di coraggio
Un film coraggioso che affronta i temi attuali, senza indici politici, toccando con estrema intelligenza il marcio dietro all’immigrazione. Sapevamo tutto, eppure, il film ce lo mette ancora una volta davanti agli occhi, quel mondo alimentato dal potere e dalla corruzione che dimentica l’individuo, e il cuore che lo nutre all’interno. Siamo fatti tutti della stessa materia, eppure, qualcuno ancora oggi è meno uguale di qualcun’altro, davanti alla legge, alla supremazia culturale e davanti alla società.
Temi che il mondo del cinema racconta da più di quarant’anni, offrendo una visione ampia sul razzismo e qualsiasi tipo di disiguaglianza sociale. Lo ha fatto Garrone, portando agli Oscar un film rivelatorio, Io Capitano, dove la storia di Seydou e Moussa,ì diventa voce di ribellione contro i soprusi e il razzismo. E di nuovo, a far parte del coro, c’è Sophia Loren che nel 2020 ha regalato insieme al figlio, il regista Edoardo Ponti, un film di amore e speranza sotto la luce delle ingiustizie, dal titolo La vita davanti a sè.
Un film che inneggia al perdono e alla redenzione
Daniel Espinosa, ritorna a un cinema di tipo sociale, che ricorda i fratelli Dardenne, tramite un’opera corale e di profonda entità umana. Il tema centrale è la dignità, quella che la protagonista non perde, nonostante il giudizio e il senso di colpa per le sue azioni svolte. Un passato che riemerge, portando a galla il dolore che ha provocato, e la stessa consapevolezza di aver salvato se stessa.
Madame Luna diventa una trafficante per necessità, spinta dalle circostanze che l’hanno portata a compiere azioni moralmente discutibili. Nonostante tutto concede a se stessa il perdono, di fronte ad una realtà che l’ha messa davanti a delle scelte, il bene o il male, e a volte si sceglie quasi sempre la strada più semplice.
La protagonista ritroverà la sua luce affrontando uno spettro del passato, Eli, sbarcata in Italia da sola, con un fratello rimasto prigioniero in Libia. Le chiederà aiuto, e dopo una serie di tumulti esistenziali, cercherà di trovare un senso alla sua vita, salvando la giovane ragazza. E per lei sarà la sua redenzione.
Una storia di riscatto personale verso un presente che purtroppo non è uguale per tutti, e varia a seconda del Paese dove vivi, e i privilegi che hai. Questa è una storia che racconta la parte di quel mondo, che spesso non vediamo, e che a volte non comprendiamo poiché tutelati da condizioni di vita più favorevoli. La guerra, i regimi, le torture e la condizione della donna, che nei Paesi del Terzo Mondo è pari al niente, tutto questo è qualcosa che non si può comprendere, fino a che non si prova sulla propria pelle. In questi casi non esiste il bene e il male, ma solo la sopravvivenza in tutti i modi e le forme possibili.
Madame Luna: c’è qualcosa che non va
Aldilà del tema sociale portato con grande intelligenza e audacia stilistica, il montaggio sembra a volte incappare in errori tecnici, voluti o non voluti distraggono dalla diegetica delle scene e dalla loro continuità realistica. Lo stile usato sembra essere lo stacco in asse, cioè una modifica a un singolo scatto in sequenza che fa sembrare che l’azione faccia un balzo in avanti nel tempo. Quindi l’azione attuale di quella scena si sposta, e nella scena successiva viene compiuta o addirittura ripetuta. Accorgenze che solo un occhio attento e cinefilo può notare ma quasi impercettibile.
Ciò che invece è interessante è l’uso dello schema di colori, per evidenziare alcune scene creano una profonda empatia, giocando con l’assimilazione di emozioni e stati d’animo. In alcune scene dove, c’è un forte stato confusionale della protagonista, lo cucina è abbagliata da riflessi color rossi, creati dall’oggettistica ma anche dal volere tecnico della regia. E poi il blu, che evidenzia lo stato di depressione riflesso nella scena in cui continua a sognare il mare e i corpi rigettati dal barcone con cui si dirigeva in Italia.
Ad evidenziare il passaggio temporale ci sono delle inquadrature fisse verso il cielo, in due precisi momenti della giornata, l’alba e il tramonto, che segnano la speranza di un nuovo giorno e la fine di uno che sarà sempre più migliore.
La spiaggia: un luogo di inizio e fine (spoiler)
Il film si conclude in spiaggia, con un finale struggente che lascia ogni falsa interpretazione a chi guarda. Nuovamente un cadavere sulla spiaggia. Tutto ha inizio in questo luogo di confine, e ha anche una sua fine. Aldilà della riva, dall’altra parte del mondo, c’è chi spera di trovare un futuro migliore e invece c’è chi il lieto fine lo trova nella morte.
Il mare, la spiaggia, la morte. Tre fili conduttori che spesso legano nel cinema italiano. Sopratutto nella commedia all’italiana degli anni 60′. Dove la morte spesso è simbolo di redenzione e unica via di fuga dalla società avvelenata dal capitalismo che ha fatto dell’individuo un’animale solitario. Succede al giovane Trintignant del Sorpasso che vedrà la sua fine, un’incidente stradale, provocato da Gassman, che incanala il modello marcio del nuovo individuo capitalista. A volte la morte, era il modo con cui i registi salvavano dalla non integrazione del personaggio nella nuova società. Una morte che si consuma in mare.
Stesso luogo dove ne La Dolce Vita, viene ritrovato il celebre mostro felliniano. Un’enorme pesce che diventa attrazione dell’elite di Marcello, ma che è l’ennesima rappresentazione del mondo ancestrale in cui il mare e la riva si caricano di una dimensione fortemente repulsiva. Un simbolo cristologico che fissa con atrocità i peccatori con cui il protagonista è reduce dalla orgia notturna. La carcassa, quindi diventa simbolo dell’oscurità di quella Dolce Vita che così dolce poi non è.
Un finale che si allontana dagli altri Beach Movies italiani, che però si legano quasi sempre a tematiche importanti che evidenziano spesso i mali della società. Ed il protagonista è sempre la spiaggia, che porta con sé i cadaveri rigettati dalla riva del mare. Come quello di Wilma Montesi, una giovane ragazza ritrovata morta nel 1953, sulla spiaggia di Torvaianica. Un caso vero, legato visceralmente al cinema, tanto che i registi ispirarono molti film e scene (La Dolce Vita).
Avvolto ancora nel mistero, il primo delitto della storia repubblicana. Il corpo arenato della giovane diventa denuncia sociale, di un’elite corrotta che solo la sinistra incontaminata può cambiare. Poiché l’ipotesi della morte, è quella che la giovane avesse partecipato ad un festino a base di sesso e droga, dove presente ci sarebbe stati il figlio di De Gasperi. Ancora una volta il mare ci restituisce l’immagine oscura della società italiana, e la giovane vittima è il simbolo della degenerazione morale di una parte del paese.
Un messaggio che ritorna non a caso, nel finale di Madame Luna, la protagonista trova il suo riscatto morale, dopo aver salvato una vita, e aver sacrificato la sua. Peccatrice proprio come ne la La Dolce Vita, di un passato scorretto ed egoista, che però porta con sè insieme al suo atto di coraggio. Intanto però le cose non cambiano e la denuncia sociale è un eco che si fa sempre più forte.
Madame Luna: informazioni e trailer
Il film arriverà nelle sale il 18 luglio, distribuito da Europictures. Dalla regia di Daniel Espinosa con Meninet Abraha Teferi, Hilyam Weldemichael, Claudia Potenza, Emanuele Vicorito e Luca Massaro.