Shelley Duvall, occhi tondi e sguardo terrorizzato. Così te la ricorderai nel film di Stanley Kubrick, intenta a scappare dalle grinfie (o meglio dall’ascia) del marito Jack Torrance alias Jack Nicholson. È andata via nel sonno, silenziosamente, a causa delle complicazioni derivanti dal diabete – patologia di cui già soffriva da lungo tempo – benché ora la sua mancanza sia un dolore che risuona assordante nell’aria. La notizia della triste scomparsa è stata confermata dal fidanzato Dan Gilroy che ha dichiarato attraverso una breve intervista rilasciata a Hollywood Reporter: “la mia cara, dolce e meravigliosa compagna di vita ci ha lasciato. Troppa sofferenza, ultimamente. Ora è libera“.
Parole strazianti che rendono meritato tributo a Shelley Duvall, sia come artista sia come persona. Nata a Forth Worth, nel Texas il 7 luglio 1949, cominciò la sua carriera nel cinema per caso, a seguito di un incontro avvenuto con il regista Robert Altman. Fu un attimo ritrovarsi sul set per le riprese di Brewster McCloud (Anche Gli Uccelli Uccidono, 1970) e da quel momento quest’ultimo divenne il suo mentore. La diresse per ben sette volte tra cui il film 3 Women grazie al quale vinse il premio come Miglior Attrice al Festival di Cannes. Rapito dal suo talento, una volta la definì nel seguente modo: “è in grado di far oscillare tutti i lati del pendolo. Affascinante, sciocca, sofisticata, patetica e bella“.
Shelley Duvall, la consacrazione con Shining
Un talento che colpì altrettanti maestri tra cui Stanley Kubrick che nel 1980 scelse proprio Shelley Duvall per il film The Shining, quel leggendario thriller-horror di cui, ancora adesso, avrai gli incubi. Un’interpretazione da Oscar – indubbiamente inquietante – vestendo i panni della signora Wendy Torrance, moglie di Jack (Nicholson). Una coppia costretta a trasferirsi con il figlio all’interno di un hotel isolato per lavoro – il marito assunto come portiere della struttura alberghiera – ma presto la situazione degenera, tra allucinazioni e pazzia. Un’esperienza straordinaria, a livello professionale, ma per l’attrice si è rivelata anche estenuante psichicamente.
Un anno intero di riprese, girate a Londra, il film entrò nel Guinness dei Primati per il maggior numero di ciak – pensando, oltretutto, a che tipo di scene fossero si può facilmente dedurre l’impatto devastante che abbia avuto su Shelley. Non solo poiché quest’ultima, nel 1981, raccontò ai microfoni del magazine People il metodo attraverso il quale il regista la rese così perfettamente autentica: doveva ascoltare canzoni meste affinché desse l’impressione che fosse infelice, piangendo per 12 ore al giorno: “non arriverò mai più a quel punto. Se ti fa di soffrire e chiamarla arte fai pure, ma non con me“. Uno stress significativo e un ruolo altrettanto impegnativo dal quale fu difficile discostarsene.
Le ultime esperienze fino ai giorni nostri
Dopo Wendy nulla è stato più come prima. Per tal motivo, a seguito di quel film così logorante per la sua salute mentale, che Shelley Duvall decise di allontanarsi dal mondo cinematografico preferendo rimanere dietro le quinte. Perciò cominciò a dedicarsi alla produzione di spettacoli per bambini tra cui Tall Tales & Legends oppure Faerie Tall Theatre coinvolgendo star quali Robin Williams, Jeff Bridges e Liza Minnelli. Verso i primi anni ’90 tornò nuovamente sui set a recitare per i seguenti film Torbide Ossessioni e Ritratto di Signora. Tuttavia nel 2002 Shelley Duvall scelse di ritirarsi ufficialmente dalle scene sebbene vent’anni dopo compì la sua ultima apparizione nel film Le Colline della Foresta.
“Recitare è divertente, ti arricchisce la vita” così disse. Ebbene, cara Shelley Duvall, cala così il sipario ma non è finita qui: il tuo ricordo rimarrà vivido nella memoria, tramandato di generazione in generazione affinché anche i posteri possano scoprire il contributo decisivo che hai dato all’industria cinematografica – volente o nolente, mi dispiace dirtelo, l’interpretazione magistrale in Shining resterà epica, per sempre. Vola alto e grazie di cuore.