Nel lontano Ovest (Busto Arsizio) conoscevo un regista, un regista di cui voglio parlarti (che bello semicitare il Cowboy ne Il Grande Lebowski più o meno a caso all’inizio di un articolo) (Oh sì, baby, è proprio bello) (ma io non ho mai conosciuto alcun regista a Busto Arsizio; in icrewplay.com, però, è concesso inventare qualsiasi cosa, financo un io narrante).
Si chiamava, oh diavolo, non me lo ricordo come si chiamava (il regista, mica l’io narrante che si chiamava io) (ma perché gli io narranti hanno così poca fantasia da chiamarsi tutti allo stesso modo?); gli attribuirò arbitrariamente il nome di Bishop Winkberg, nazionalità apolide (che è come dire di paese storicamente neutrale).
Bene, a parte la questione di cosa potesse mai farci uno dal nome Bishop Winkberg a Busto Arsizio (ma i casi della vita sono così, alle sincronicità junghiane organizzate ad arte non si comanda, dicono alcuni) (con una fiducia ben riposta che siano benefiche e bellissime per l’eroe letterario di turno, dicono sempre questi alcuni) (eroe letterario di turno noto anche con l’appellativo di Fabio Volo, questa volta secondo MagicSilvius Production), aveva un particolarità, ovvero quel momento in cui nelle riprese finali si imbambolava (o rimbambiva a dir si voglia), a volte non accendendo nemmeno la cinepresa mentre gli attori recitavano, altre in cui la sua stessa performance da attore (tramite metodo Stanislavkij, pare da alcune mail mandate a Ficarra e Picone) era da piccolo zombie senza cielo (semicitando… tanto lo so che lo sai chi sto semicitando).
Questi momenti in cui il mondo pareva crollargli addosso svanivano poi nel leggiadro battito di un weekend (era la verità, sia la sincera che quella più poetica, reclamava citando Annalisa, popstar della canzone e intellettuale di riferimento di una certa stampa); un sorriso, qualche consiglio, e il nostro eroe ripartiva per chiudere il lavoro (roba trash da For Men Magazine anni ‘80).
I consigli di Nolan a Winkberg
Tra i consigli più interessanti, però, Winkberg accettò quello di nientepopodimeno che Christopher Nolan (che si fa chiamare, oltre che Winkberg, anche Antichristopher Nolan quando si diverte a interpretare uno dei suoi alter ego da rispettoso e innocuo bad boy, sempre secondo l’Ufficio Stampa degli alter ego di Nolan). L’invito era semplicemente quello di rinunciare allo smartphone e alla connessione web anche da pc in fase di creazione dell’opera a livello operativo (non serve essere Nolan né un suo alter ego per dire delle banalità del genere).
Perché distrae, accidenti Winkberg, ti fa perdere focus al momento clou, gli diceva il buon Christopher. Ti fa scadere in pensieri negativi quando è importante non averne, perché sono sempre i sogni a dare forma al mondo, e quei sogni devono essere sogni di libertà per te e per chi è al tuo fianco (la solita anima bella il nostro Nolan, sfoghi la sua retorica intrisa di kitsch e Ligabue in qualcos’altro, tipo aiutare le vecchine ad attraversare la strada per arrivare al bingo).
E allora Winkberg ha, dal lunedì dopo quel weekend di difficoltà (come per l’inizio delle diete, quelle con il tofu e le foglioline d’insalatina scondita) (brr, che orrore le diete), ascoltato il premio Oscar di Oppenheimer, guadagnandone in performance e serenità (che parole insopportabilmente new age), al di là di ciò che tutto il set gli avrebbe proposto dinnanzi (Zenone di Cizio ne sarebbe orgoglioso) (non è vero, Zenone di Cizio era un ubriacone; tanto un filosofo greco dell’avanti Cristo(pher) non può mica querelare un ridicolo redattore di icrewplay.com del 2024).
(Pare una lisergica puntata de I segreti delle star, anche se, a dire il vero, fanno molto più ridere i problemi di biancheria intima di Kim Kardashian).
(Ne vedremo delle belle).
(P.s: io parlo per conto del sagace e simpaticamente burbero fondatore di MagicSilvius Production, ma ho moltissimi preziosi aiutanti. Per quanto io sia burbero, però, desidero un reale bellissimo finale per i protagonisti delle mie storie. Non per altro motivo, ma fa vendere di più) (ok va bene va bene, lo dico. In realtà sono io a essere tanto kitsch da adorare il lieto fine) (ma poi, comunque, fa vendere di più).