Come ogni anno, la Festa di Liberazione celebra la fine dell’occupazione nazista e del regime fascista in Italia. Il 25 aprile 1945 ci ricorda, non solo la Seconda Guerra Mondiale in generale, ma la lotta partigiana e la guerra civile che hanno segnato profondamente l’Italia e la sua memoria collettiva, anche se quest’ultima ultimamente appare addormentata.
Nonostante infatti una recente campagna revisionistica della storia, la quale tende a sminuire gli eventi e i protagonisti che hanno portato l’Italia ad adottare una propria Costituzione nel 1947, figlia proprio di quel vissuto, il cinema ha saputo raccontare e trasmettere quel momento storico attraverso le tante storie di chi ne ha fatto esperienza diretta.
Il cinema italiano, infatti, nel corso degli anni, precisamente dal dopo guerra in poi, ha sviluppato e mostrato molti elementi e aspetti di quel particolare periodo, dalla sofferenza al coraggio, dalle illusioni alle speranze, portandoli sul grande schermo. Ovviamente non solo il cinema italiano ha contribuito a narrare gli orrori della guerra di quei momenti e a mantenere viva la memoria. Basti pensare alla canzone popolare Bella ciao, adottata anche a livello internazionale, che ormai è diventata l’inno di resistenza e di lotta per la liberazione interna da tutte le forme di governo di ispirazione fascista.
È così che anche quest’anno, a poco più di cento anni dalla ‘marcia su Roma’, simbolo della presa al potere del regime dei fasci, è più che giusto rispolverare e attivare la memoria storica. Anche la cinematografia contribuisce affinché quel tragico passato non ritorni mai più. Ecco quindi, una breve carrellata variopinta di pellicole che celebrano direttamente e non la Liberazione da rivedere in occasione del 25 aprile (meglio ancora, dopo aver partecipato al tradizionale corteo a Milano da Piazzale Loreto, dove fu esposto il corpo di Mussolini e dei suoi fedeli).
L’industria cinematografica è riuscita a mostrare il coraggio di uomini e donne che hanno lottato per la nostra libertà e il nostro futuro. Ora, tra i classici e le pellicole più recenti ecco alcuni titoli da rivedere in questo giorno così speciale per la storia e la memoria.
Roma città aperta (1945), diretto da Roberto Rossellini, con Aldo Fabrizi e Anna Magnani. È la prima pellicola della Trilogia della guerra antifascista, di cui fanno parte anche Paisà (1946) e Germania anno zero (1948) del regista. Il film, vincitore della Palma d’Oro a Cannes nel 1946, mette in scena il sacrificio degli umili in nome di qualcosa di più grande. Roma città aperta non è solo il simbolo del Neorealismo italiano, ma è anche una delle esperienze cinematografiche più significative per commemorare la Liberazione.
Ispirato dalla vera storia di Don Morosini, il film fu girato nell’inverno del 1945 a Cinecittà, in condizioni precarie subito dopo la guerra. Fame, bombe, macerie e crudeltà sono le realtà narrative raccontate dal film. La scena in cui Pina, interpretata da Anna Magnani, viene uccisa dal fuoco dei mitra davanti al figlio, mentre rincorre gridando il camion tedesco su cui viene portato via il suo promesso sposo Francesco, è la scena indimenticabile.
Il generale della Rovere (1959), diretto da Roberto Rossellini, con Vittorio De Sica nei panni di Emanuele Bardone. Un piccolo truffatore estorce denaro ai familiari dei detenuti politici vantando conoscenze fra gli occupanti tedeschi. Scoperto e arrestato, viene mandato dai tedeschi nel carcere di San Vittore con l’identità del generale Della Rovere. In cambio della libertà dovrà ottenere informazioni dai prigionieri politici per stanare i capi della lotta partigiana.
Bardone però capirà l’essenza della Resistenza e pur di non fare la spia deciderà di sacrificarsi, facendosi uccidere. Il generale Della Rovere deve molto della sua sceneggiatura a Indro Montanelli, Sergio Amidei e Diego Fabbri, che approfondirono i personaggi e le motivazioni scoprendo un’Italia coraggiosa e integra. La dignità non si compra e non si può corrompere.
I piccoli maestri (1997), diretto da Daniele Luchetti, con Stefano Accorsi, Giorgio Pasotti e Marco Paolini. Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Luigi Meneghello, una tragedia collettiva i cui protagonisti sono un gruppo di universitari antifascisti. Ambientato nell’autunno del 1943, alcuni studenti di Vicenza si rifugiano sull’altopiano di Asiago per opporsi al regime nazista e partecipare alla Resistenza.
Si accorgeranno presto delle difficoltà dell’impresa. Nonostante la pellicola sia molto fedele al romanzo scritto, essa è stata accolta con poco entusiasmo dalle organizzazioni che riuniscono i combattenti della resistenza antifascista come l’A.N.P.I. Ciò nonostante, è un buon film da ricordare come esempio di gioventù impegnata.
Il partigiano Johnny (2000), regia di Guido Chiesa, interpretato da Stefano Dionisi, Fabrizio Gifuni, Claudio Amendola, Giuseppe Cederna, Andrea Prodan e Umberto Orsini. La pellicola trae ispirazione dall’omonimo romanzo autobiografico di Beppe Fenoglio del 1968, in cui si narra la storia di Johnny, giovane intellettuale di famiglia borghese, il quale, all’indomani dell’8 settembre 1943, diserta l’esercito e ritorna nella sua Alba. Tra dubbi e paure, Johnny prende la decisione di aderire alla Resistenza.
Si unisce prima a una banda di comunisti, poi a una formazione di monarchici. Disilluso da entrambi, si ritrova a passare da solo il duro inverno del 1944 rimanendo però sé stesso. La sceneggiatura armonizza molto bene il testo d’origine e la Storia. Il partigiano Johnny offre l’immagine di una Resistenza fatta di fame, paura, generosità e morte, ma allo stesso tempo il risveglio morale di una generazione.
Una questione privata (2017), film dei fratelli Taviani, con Luca Marinelli, Valentina Bellè e Lorenzo Richelmy. Tratto anch’esso da un romanzo di Beppe Fenoglio, un’opera enigmatica e metaforica. Il partigiano Milton, interpretato da Luca Marinelli, cerca di ritrovare l’amico Giorgio, impersonato da Lorenzo Richelmy.
Parte così per un viaggio attraverso le Langhe durante il quale analizza e conosce se stesso e pensa all’insensatezza dell’orrore della guerra. Le Langhe sono il teatro del film dove la vicenda bellica è in sottofondo rispetto a quella privata. Una questione privata racconta i giovani di entrambi i fronti, delle loro sperante bruciate e dei loro sogni inghiottiti dallo spettro della morte.
A fianco di queste pellicole molto serie e intense, pare opportuno ricordare anche alcuni film, non solo italiani, che hanno saputo alleggerire la tensione emotiva fino a farci sorridere nonostante la tematica. Irriverenti, surreali e ottimisti ecco alcuni titoli.
I due colonnelli (1963), regia di Steno, con Totò, Walter Pidgeon e Nino Taranto. Estate 1943, gli inglesi e gli italiani combattono al confine tra Grecia e Albania, alternandosi nella conquista di un piccolo paese. I comandanti sono due colonnelli, Di Maggio l’italiano fascista e Henderson l’inglese, che passeranno dall’essere nemici all’essere alleati. Intanto, l’esercito tedesco invia il maggiore Kruger, il quale non perde l’occasione per trattare gli italiani, ed in particolare il colonnello, con sufficienza. Di Maggio però si ribella all’ordine dell’alleato di bombardare il paese ed uccidere donne, vecchi e bambini per stanare gli inglesi e viene quindi condannato a morte per insubordinazione da una corte marziale tedesca.
I soldati italiani vengono anch’essi allineati a fianco del loro colonnello per esser fucilati con quest’ultimo. Fortunatamente è l’8 settembre 1943, il giorno dell’armistizio. Un attimo prima che i tedeschi sparino arrivano gli inglesi a salvare gli italiani. I due colonnelli possono continuare così la guerra insieme, finalmente da amici ed alleati. Un film comico ma senza esagerare, con un Totò che lascia trasparire il suo essere antifascista.
Train de vie – Un treno per vivere (1998), diretto da Radu Mihăileanu con Lionel Abelanski, Rufus e Marie-Josè Nat, musiche di Goran Bregovic e dialoghi in italiano di Moni Ovadia. Vincitore tra l’altro di un David di Donatello come Miglior Film Straniero nel 1999, Train de vie racconta di come gli abitanti di un piccolo villaggio in Romania, per sfuggire ai tedeschi, organizzano un falso treno di deportazione.
Falso il treno, falsi i prigionieri, così come i macchinisti e tutti i nazisti in divisa. Riusciranno ad attraversare il confine per arrivare a casa in Palestina? Il film è una commedia amara ma con una brillante sceneggiatura in grado di mescolare umorismo e dramma.
Un tè con Mussolini (1999), regia di Franco Zeffirelli con Lily Tomlin, Maggie Smith, Cher, Massimo Ghini, Joan Plowright e Judi Dench. Parzialmente autobiografico, il film è vincitore nel 2000 del Premio Nastro d’argento per i migliori costumi e del Premio BAFTA a Maggie Smith come Miglior Attrice non protagonista. La pellicola è ambientata a Firenze negli anni ’30. Luca, figlio illegittimo di un mercante e di una sarta, resta orfano di madre e viene allevato da un gruppo di raffinate signore della comunità inglese.
Queste donne, in linea con la politica inglese di quegli anni, ammirano la figura di Mussolini, fino a quando con la guerra incalzante saranno confinate a San Giminiano. Definito un affresco storico, il film, oltre a risentire dell’esperienza diretta del regista, mostra il rapporto della città di Firenze con i turisti, o meglio turiste, inglesi. Con un incredibile cast al femminile, Un tè con Mussolini è il racconto delle illusioni delle gentildonne in una pellicola gentile ed gradevole.
I conclusione, sono molti i film che celebrano la Liberazione dal nazi-fascismo ed è difficile poterli menzionare tutti. Nonostante ciò, dopo 79 anni da quel 25 aprile, prima Festa di Liberazione, affinché la nostra memoria collettiva si preservi e non ci tradisca fino a ricade nella tragedia della guerra, il cinema ci viene in soccorso e ci regala nel bene e nel male tanti momenti indimenticabili.