Quando Il Maestro e Margherita riuscì a essere pubblicato in Unione Sovietica (naturalmente censurato essendo un’opera che criticava la censura) era il 1966 e Vladimir Putin aveva 14 anni. Il suo autore, Michail Bulgakov, era ormai morto nel marzo del 1940 e solo 26 anni dopo il suo capolavoro letterario (che piace a Barbero, ma non a Baricco) trovò spazio su una rivista di Mosca (Moskva, viva la fantasia), e per di più snellito della settantina di pagine maggiormente problematiche per il regime russo dell’epoca.
E come in ogni storia russa che si rispetti, ecco il gusto per il paradosso. Bulgakov era pure stimatissimo da Stalin in persona (deus ex machina dell’Unione Sovietica fino alla morte nel 1953), era il partito a volere censurare il nostro Michail (poi sì, l’hanno pubblicato per intero, sempre per la gioia di Barbero e la disperazione di Baricco).
Il nuovo film de Il Maestro e Margherita, un nuovo paradosso russo
Qualche decennio dopo, con il caso Navalny nell’occhio del ciclone e ancora da delineare nei suoi dettagli (si era ipotizzato di avvelenamento da Novichok, poi il Times ha parlato di un pugno al cuore letale stile Kgb, ma comunque sia l’espressione “colonia penale oltre il circolo polare artico” fa intuire delle responsabilità politiche dietro alla morte dell’oppositore di Putin, al di là delle smentite da Mosca), la Russia si ritrova in un nuovo paradosso firmato Il Maestro e Margherita.
Un altro Michail (maledetto Google che lo dà anche come Michael), stavolta Lockshin e non Bulgakov, stavolta un film e non un romanzo. E nuovamente quel perverso senso dell’umorismo delle vicende che provengono da quella zona del mondo, il confine est di ciò che alcuni chiamavano civiltà europea.
Il film di Lockshin, infatti, era stato inizialmente finanziato proprio dal governo tramite il Fond Kino (il maggiore ente pubblico russo a sostegno dell’apparato cinematografico interno), che non aveva avvertito particolari problemi per la realizzazione della pellicola. Ma era prima del 24 febbraio 2022, giorno in cui le truppe russe varcarono i confini ucraini dando inizio alla guerra, o per dirla con il vocabolario putiniano, l’inizio dell’Operazione speciale, divenuta in seguito, sempre nel lessico del Cremlino, Mobilitazione parziale (che fascino il burocratese a ogni latitudine).
Universal quindi, a seguito degli eventi bellici, si è ritirata dalla distribuzione internazionale che Il Maestro e Margherita doveva avere. Il film è riuscito così a uscire solo a fine gennaio 2024 in Russia, trovando buoni risultati sia nella critica sia al botteghino, ma agitando una serie di personaggi del mondo culturale e giornalistico vicini a Putin, con epiteti vari rivolti al regista (cose carine tipo “feccia” o “nemico del popolo”).
Molti esponenti filogovernativi imputano a Il Maestro e Margherita di oggi (e di conseguenza anche di ieri) di essere solo un pretesto per attaccare Putin, una provocazione antirussa ispirata, perché no, dalle “malvagie” élite occidentali che stanno sostenendo Kiev nel conflitto in corso (non che siamo dei santi noi occidentali, per carità, ma nel menù del mondo c’è di molto peggio).
Cosa ha detto e fatto Lockshin, regista de Il Maestro e Margherita
Il problema principale per la combriccola di Putin a proposito del buon Michail (o Michael o Michele che sia) Lockshin è, però, riconducibile alle donazioni che il regista ha dichiarato su Facebook di avere fatto a organizzazioni ucraine, e il fatto di aver detto pubblicamente che ritiene il regime oppressivo di Putin come quello nazionalsocialista tedesco (non è chiaro perché per denunciare, giustamente, un’oppressione si debba citare sempre quel pittore fallito, austriaco di nascita e con la H iniziale, che non si può nominare se no l’algoritmo ti penalizza).
Il tutto in un contesto in cui la versione ufficiale russa attribuisce proprio al governo ucraino presunte ambiguità nazionalsocialiste (evitare il termine generico con la N per l’algoritmo), sfruttando le note e sgradevolissime simpatie di alcuni battaglioni (Azov e co) e generalizzandole in modo assurdo e propagandistico all’intero governo di Kiev.
Infine, inutile non considerare la banale questione che Lockshin sia solo di origine russa, ma di fatto statunitense.
Le parole di Anton Dolin, critico cinematografico russo su Il Maestro e Margherita
Chiudo questo articolo con le considerazioni entusiaste di Anton Dolin, uno dei più riconosciuti critici cinematografici russi e ora rifugiato in Lettonia, sul nuovo film de Il Maestro e Margherita.
Dolin dice che questo film mantiene l’acutezza di pensiero de Il Maestro e Margherita originale, che metteva alla berlina il potere sovietico. Ma allo stesso tempo risulta contemporaneo per la situazione russa attuale sempre più totalitaria, con, parole di Dolin, una restaurazione dell’epoca stalinista nella persecuzione dell’intellighenzia.
Allo spettatore de Il Maestro e Margherita, quindi, è data una prospettiva innovativa e del momento presente della Russia di Vladimir Putin.
E bravo Dolin, come non essere d’accordo. Ora, però, nella mia ignoranza, vado a cercare chi diamine sei su Wikipedia.