Titane; Regia: Julia Ducournau; Soggetto e Sceneggiatura: Julia Ducournau; Fotografia: Ruben Impens; Montaggio: Jean-Christophe Bouzy; Musiche: Jim Williams; Scenografia: Laurie Colson, Lise Péault; Costumi: Anne-Sophie Gledhill ; Interpreti: Vincent Lindon, Agathe Rousselle, Garance Marillier, Laïs Salameh, Myriem Akheddiou, Bertrand Bonello, Thibault Cathalifaud, Frédéric Jardin, Florence Janas ; Distribuzione: I Wonder Pictures; Produzione: Kazak Productions, Frakas Productions, Arte France Cinéma, VOO, BeTV; Durata: 108 minuti.
Titane, la trama
Titane, la seconda fatica della regista francese Julia Ducournau, inizia con un litigio in auto tra una bambina e suo padre, evento che sarà la causa di un incidente stradale.
La bambina si chiama Alexia e a seguito di tale circostanza subirà un intervento in cui le verrà impiantata una placca di titanio in testa.
Successivamente, vediamo Alexia ormai diventata una giovane donna che si esibisce in provocanti movenze sopra un automobile, essendo diventata una sorta di ragazza-immagine. Tale rapporto con il mezzo automobilistico, però, non avrà solo una valenza lavorativa, ma addirittura sessuale.
La vita della ragazza cambierà drasticamente quando si macchierà di efferati omicidi, a causa dei quali dovrà scappare arrivando a fingersi maschio. Per nascondersi, assumerà l’identità di Adrien, il figlio di Victor, capo pompiere che accoglierà la nostra protagonista all’interno della squadra dei vigili del fuoco e gli offrirà ospitalità.
Alexia-Adrien però non dovrà solo nascondere, come ovvio, il suo seno agli occhi degli altri, ma anche la sua pancia in quanto la ragazza è incinta, ma, come si capirà sempre di più andando avanti con la pellicola, tale gravidanza non sarà una normale gestazione.
Titane, la recensione
Il film di Ducournau unisce in se scene violente e scioccanti, ad altre dove emergono le due tematiche-pilastro del film: l’ibridazione uomo-macchina e il complesso di Edipo.
La prima tematica ci viene introdotta sin da subito dalla pellicola, con la placca di titanio di Alexia, elemento che simboleggia in maniera plastica tale ibridazione. Questo evento sarà la causa del morboso appagamento sessuale nei confronti dell’automobile, lo stesso mezzo responsabile dell’incidente d’infanzia. Ma l’ibridazione di Alexia non avrà conseguenze solo sulla sua sessualità ma anche sulla sua stessa umanità, in quanto essendo per metà macchina non proverà né rimorso né pena per colore che ucciderà senza un apparente motivo logico, svolgendo il tutto in maniera spietata e appunto meccanica.
Alexia però non è solo macchina, ma è anche un essere umano, una ragazza che ha sempre avvertito un senso di estraneità nei confronti della figura paterna. Questo ha portato per la nostra protagonista la mancanza nel suo sviluppo della fase psicoanalitica definita da Sigmund Freud come complesso di Edipo.
Tale condizione di rifiuto e di astio per il padre, in opposizione al sentimento di attrazione tipico della teoria edipica, cambierà quando la nostra giovane protagonista incontrerà appunto Victor, un uomo tormentato dalla perdita del suo vero figlio e ossessionato dalla paura di invecchiare (come si evince dal ripetuto utilizzo dell’uomo di punture di steroidi). Alexia, all’inizio restia alle attenzioni del suo padre acquisto, incomincerà sempre di più a legarsi a questa nuova figura, vedendo in lui quella realtà paterna che non ha mai veramente avuto.
Tale dinamica può essere considerata come una sorta di normalizzazione del complesso di Edipo, con Victor quale figura paterna da cui Alexia viene attratta, superando così la devianza del rapporto con il suo padre biologico.