È uno degli interpreti più raffinati e camaleontici del panorama cinematografico mondiale. La familiarità del suo volto, affermatasi grazie a un’esposizione costante ma sempre misurata, con la complicità di alcuni ruoli iconici e indimenticabili, non ne ha mai sovrastato il talento. Sir Ben Kingsley, al secolo Krishna Pandit Bhanji, spegne oggi ottanta candeline, con alle spalle una filmografia sterminata e nuovi progetti in cantiere.
Il teatro e la televisione: gli esordi di Ben Kingsley
Nato in Inghilterra, nel North Yorkshire, poche ora prima che il 1943 volgesse al termine, è figlio di un’attrice britannica e di un medico di origini indiane. Ben Kinglsley Crebbe a Pendlebury e frequentò la Manchester Grammar School insieme a un altro futuro attore, Robert Powell. Decise di dedicarsi alla recitazione a diciannove anni, dopo aver assistito a una rappresentazione del Riccardo III di Shakespeare con protagonista Ian Holm. Su consiglio del padre, modificò il proprio nome all’anagrafe, temendo che potesse precludergli il successo, e dopo aver rifiutato una carriera nel mondo della musica entrò a far parte della Royal Shakespeare Company.
Esordì all’Aldwych Theatre di Londra nel 1967, con La bisbetica domata, alternando per circa quindici anni un’intensa attività teatrale a frequenti apparizioni televisive. L’unica produzione cinematografica a cui prese parte in quel periodo fu il film Gli ultimi sei minuti di Michael Tuchner (1972), nel quale ebbe un ruolo secondario accanto a Barry Newman, Suzy Kendall e John Vernon.
Furono invece molti i serials e i film per la televisione che registrarono la sua presenza: da Hard Labour (1973) di Mike Leigh ad Antonio e Cleopatra (1974) di Jon Scoffield, da A Misfortune (1973) di Ken Loach a The Love School (1975) di Piers Haggard, John Glenister e Robert Knights, in cui vestì i panni del poeta e pittore Dante Gabriele Rossetti.
Gandhi e il successo internazionale
Il primo ruolo da protagonista di Ben Kinglsey sul grande schermo, nel 1982, bastò a consacrarne la fama a livello planetario, con successi che anche negli anni successivi non avrebbe mai più eguagliato: Gandhi, per la regia di Richard Attenborough, gli valse l’Oscar, il BAFTA e il Golden Globe come miglior attore. I discorsi da lui pronunciati nel film vinsero perfino il Grammy Award al miglior album parlato. Nel tempo, la sua interpretazione avrebbe finito per fondersi con la reale figura del Mahatma Gandhi, sovrapponendo nell’immaginario collettivo il volto dell’attore a quello del profeta della non violenza.
Seguirono pellicole meno celebrate ma talvolta altrettanto pregevoli: Tradimenti (1983) di David Jones, tratto dall’omonimo dramma di Harold Pinter, lo vide affiancare Jeremy Irons e Patricia Hodge, mentre in Tartaruga ti amerò (1985) di John Irvin recitò accanto a Glenda Jackson e a Michael Gambon.
In Harem (1985) di Arthur Joffé impersonò il principe Selim, un affascinante sceicco arabo che rapisce la giovane Nastassja Kinski, e in Maurice (1987) di James Ivory coadiuvò le ottime interpretazioni di James Wilby e Hugh Grant. Più tardi L’isola di Pascali (1988) di James Dearden, con Charles Dance e Helen Mirren, ne confermò il carisma; nella commedia gialla Senza indizio (1988) di Thom Eberhardt, inoltre, fu chiamato a impersonare il dottor Watson, fido assistente del detective Sherlock Holmes (Michael Caine).
Tra gli anni Ottanta e Novanta, Ben Kingsley risultò coinvolto anche in alcune grandi produzioni italiane: le miniserie Il segreto del Sahara (1988) di Alberto Negrin, Il treno di Lenin (1988) di Damiano Damiani, nella quale interpretò il leader bolscevico, e Cellini – Una vita scellerata (1990) di Giacomo Battiato, oltre al film italo-francese di Fabio Carpi Un amore necessario (1991), con Marie-Christine Barrault.
Bugsy e Schindler’s List: gli anni Novanta di Ben Kingsley
Protagonista di ben due film di Tony Palmer – Testimony (1988), nel ruolo del compositore russo Dmitrij Shostakovich, e The Children (1990), con Kim Novak –, nei primi anni Novanta conobbe nuovamente una vasta popolarità grazie a Bugsy (1991) di Barry Levinson, per il quale fu nominato all’Oscar come miglior attore non protagonista.
A imprimersi nella memoria del grande pubblico, però, fu il capolavoro di Steven Spielberg, Schindler’s List (1993), dove apparve nel ruolo del contabile ebreo Itzhak Stern. Un altro personaggio memorabile lo dovette poi a Roman Polanski, che in La morte e la fanciulla (1994) gli affidò la parte del dottor Roberto Miranda.
Il legame di Ben Kinglsey con la televisione, frattanto, non si era minimamente allentato: a Murderers Among Us: the Simon Wiesenthal Story (1989) di Brian Gibson, che lo aveva visto prestare il proprio volto al cacciatore di nazisti Simon Wiesenthal, seguirono due trasposizioni bibliche di Roger Young, Giuseppe (1995) e Mosè (1995).
Fu poi la volta, tra gli altri, dei film televisivi La bottega degli orrori di Sweeney Todd (1997) di John Schlesinger, Delitto e castigo (1998) di Joseph Sargent e Alice nel paese delle meraviglie (1998) di Nick Willing, fino a La storia di Anna Frank (2001) di Robert Dornhelm: ancora una miniserie sulla Shoah, che vide l’attore nei panni di Otto Frank, il padre della giovane vittima del nazismo.
Il tema della lotta all’antisemitismo è stato spesso al centro delle attività pubbliche di Kingsley: il 27 gennaio 2015 l’attore lesse un discorso preparato per il Giorno della Memoria dallo scrittore italiano Matteo Corradini nel campo di concentramento di Theresienstadt, in Repubblica Ceca. Nel 2018 non avrebbe inoltre esitato a vestire i panni del gerarca nazista Adolf Eichmann in Operation Finale, per la regia di Chris Weitz.
I progetti più recenti
Varcata la soglia d’ingresso al nuovo millennio, il suo rapporto di Ben Kingsley con Hollywood è parso ormai stabile. Del 2000 sono infatti Da che pianeta vieni? di Mike Nichols e Regole d’onore di William Friedkin, oltre al film d’esordio di Jonathan Glazer Sexy Beast – L’ultimo colpo della bestia, per il quale ottenne la sua seconda nomination all’Oscar come miglior attore non protagonista. Una nuova candidatura all’Academy Award nella categoria principale sarebbe arrivata solo pochi anni dopo, con La casa di sabbia e nebbia (2003) di Vadim Perelman.
Nel 2005 Polanski gli offrì un altro grande ruolo in Oliver Twist, affidandogli il personaggio dell’usuraio Fagin. Più tardi sarà invece Martin Scorsese a sceglierlo per Shutter Island (2010) e per Hugo Cabret (2011), nella parte di Georges Méliès.
Ripercorrendo la lunga lista dei film recentemente interpretati da Ben Kingsley, si può notare una spiccata predilezione per le opere a tema epico o storico – da L’ultima legione (2007) di Doug Lefler a Prince of Persia-Le sabbie del tempo (2010) di Mike Newell, da Exodus-Dei e re (2014) di Ridley Scott alla miniserie TV Tut-Il destino del faraone (2015) di David von Ancken –, oltre che per gli action movie, i thriller e la fantascienza.
Tra i titoli a cui ha collaborato nell’ultimo decennio, si ricordano Il dittatore (2012) di Larry Charles, con Sacha Baron Cohen, Iron Man 3 (2013) di Shane Black, Life (2015) di Anton Corbjin, The Walk (2015) di Robert Zemeckis, Un uomo ordinario di Brad Silberling – il cui protagonista è ispirato al generale serbo-bosniaco Ratko Mladić – e Giochi di potere (2018) di Per Fly, oltre a due film diretti da Isabel Coixet: Lezioni d’amore (2008) e Guida per la felicità (2014). Nel 2022 si è anche cimentato nel ruolo del pittore surrealista Salvador Dalí, in Dalíland di Mary Harron.
L’anno che ci apprestiamo a salutare lo ha visto in due cortometraggi di Wes Anderson, La meravigliosa storia di Henry Sugar e Veleno, entrambi tratti dai racconti di Roald Dahl, e nel film fantascientifico Jules, diretto da Marc Turtletaub.
Per il 2024, la sua presenza è già stata annunciata in opere quali The Way of the Wind di Terrence Malick, Desert Warrior di Rubert Wyatt, The Killer’s Game di J. J. Perry, al fianco di Bautista, William Tell di Nick Hamm e la miniserie Marvel Wonder Man.