Summer of Soul (…Or, When the Revolution Could Not Be Televised)
Scheda film
Regia: Ahmir “Questlove” Thompson; Produzione: David Dinerstein, Robert Fyvolent, Joseph Patel; Fotografia: Shawn Peters; Montaggio: Joshua L. Pearson; Case di Produzione: Radical Media, Vulcan Productions; Distribuzione: Searchlight Pictures, Hulu; Cast: Stevie Wonder, Mahalia Jackson, Nina Simone, The 5th Dimension, The Staple Singers, Gladys Knight & the Pips, Mavis Staples, Blinky Williams, Sly and the Family Stone e The Chambers Brothers.
Il film ha vinto il premio Oscar come miglior documentario ed è stato anche vincitore del gran premio della giuria e del premio del pubblico al Sundance film festival.
Sinossi
Nel 1969 a Bethel si stava svolgendo il festival di Woodstock che diventerà col tempo uno dei più grandi festival della storia d’America, ma a soli cento miglia di distanza, ad Harlem, stava avendo luogo un festival che avrebbe segnato un grande cambiamento nella cultura afroamericana. Gli anni 60 per la comunità nera sono stati un continuo susseguirsi di tragedie: dall’omicidio a JFK del 1963 fino ad arrivare a quello di Martin Luther King nel ’68. La morte di quei leader, gli stessi che avrebbero dovuto portare la speranza di un futuro migliore nella comunità degli afroamericani, rendeva sempre più chiara la mancanza di un sostegno da parte del sistema razzista e corrotto, e tutto ciò faceva presagire ad una imminente rivoluzione violenta. La comunità è divisa: da una parte c’è chi è pronto a prendere in mano le armi e dall’altra vi è chi crede in un approccio non violento. Tutto ciò deve essere fermato, e pare che solo la musica possa compiere questo miracolo.
Recensione di Summer of Soul
Dopo 50 anni, il regista Ahmir “Questlove” Thompson riporta alla luce le immagini di un festival oggi sconosciuto, ma che all’epoca ha segnato un grande passo per la comunità nera di Harlem. Attraverso le testimonianze degli artisti e le persone che hanno partecipato all’evento, lo spettatore torna su quel palco per rivivere le emozioni e l’atmosfera di quel magnifico periodo storico fatto di lotte, ribellione e sperimentazione, mentre la musica lo trasporta con il suo ritmo coinvolgente passando attraverso i generi che hanno contraddistinto la Black music. Si passa dal Gospel di Oh Happy Day cantata dalla Edwin Hawkins singers, al Blues di Why I sing the Blues del grande B.B. King, per poi passare al Motown con My Girl dell’ex Temptations David Ruffin. Non mancano momenti di sperimentazione con artisti quali: Ray Barretto, con le sue sonorità latino americane, Mango Santamaria e le sue percussioni cubane, e come non menzionare la stravagante esibizione della band Sly and the Family Stone che portano sul palco innovazione e trasgressione con un tocco di follia. Il lavoro di Questlove, però, non si ferma qui, perché in The Summer of love viene esplorato anche il contesto in cui il festival si è svolto; lo spettatore viaggia attraverso le strade della Harlem del ’69 e con i propri occhi assiste alla grande rivoluzione che le donne e gli uomini neri, latini e cubani compiono non solo attraverso la musica, ma anche tramite la moda e la politica. E’ l’anno in cui il popolo nero ha deciso di alzare la testa e lanciare un messaggio all’uomo bianco dicendo: io esisto e te lo faccio sentire a colpi di musica. La stessa musica che la cantante Soul, Nina Simone, simbolo dei diritti civili, canta al pubblico con l’incredibile esecuzione di To be Young, gifted and black che recita:
There’s a world waiting for you. Yours is the quest that’s just begun.
“C’è un mondo che vi aspetta, la vostra ricerca è appena cominciata.” le parole di questo canto di speranza e unione arrivano dritte al cuore di chi l’ascolta, e per la prima volta ci si sente veramente vicini ad una comunità che nonostante tutti i soprusi e le ingiustizie non si è mai spezzata e ha sempre dimostrato un forte coraggio nel rimettersi in piedi e continuare a combattere. Questo non è un semplice documentario, ma un manifesto che mostra, in tutta la sua essenza, il vero potere del Black power. Alla fine, a dare l’ultimo saluto allo spettatore ci pensa Sly con la canzone I want to take you higher l’ultimo grande grido di ribellione lanciato dal pubblico in onore di un festival che, anche se dimenticato, è sempre rimasto nel cuore di chi l’ha vissuto.