Dal 3 giugno al cinema debutta Valley of the Gods, l’ultimo film del regista Lech Majewsky (Onirica, Il colore della passione), film che abbiamo potuto visionare in anteprima grazie a CG Entertainment in collaborazione con Lo Scrittoio, e di cui abbiamo potuto seguire l’intervista al regista e alcuni membri del cast (clicca qui per leggere l’articolo). Nel cast Josh Hartnett/ John Ecas, John Malcovich/ Wes Tauros, Nerenice Marlohe/ Karen, Keir Dullea/ Ulim, John Rhys-Davies/ Dr. Hermann, Jamie Ray Newman/ Laura Ecas, Joseph Runningfox/ Third Eye, Steven Skyler/ Gray Horse, John A. Lorenz/ Bird Face, Owee Rae/ Sweet Grass e Ewa Idzikowska/ Amanda Joyce.
Valley of the Gods è un film sull’amore, perché tutte le storie raccontano dell’amore o della sua mancanza. L.M.
Raccontare la trama di Valley of the Gods non è semplice essendo un film visionario, particolare, onirico, in cui non sappiamo mai se quella che stiamo guardando sia la realtà o solo la rappresentazione di un sogno, di un racconto che si svolge davanti ai nostri occhi e che ci arriva dalla mente di un giovane scrittore in crisi. Suddiviso in dieci capitoli, Valley of the Gods ci viene ben descritto dalle parole del regista polacco Lech Majewsky:
L’essenza dell’arte è il contrasto. Qui abbiamo un contrasto enorme tra sistemi di valori diversi: da un lato il mondo ancestrale dei Navajo, abitanti della Valle degli dei, e dall’altro quello del magnate Wes Tauros (John Malkovich), l’uomo più ricco del mondo. Tutto ciò che gli accade lo vediamo attraverso gli occhi e le descrizioni di uno scrittore (Josh Hartnett). Non sappiamo se abbia presentato la pura realtà o se l’abbia piegata alla sua scrittura. Siamo nella mente dell’artista, ed è questa l’idea alla base del film.
Tutti i protagonisti del film sono accomunati dalla perdita. L’uomo più ricco del pianeta Wes Taurus abita in una villa enorme, elegante, piena di stanze ampie ricche di decorazioni, statue raffinate, ma alla fine in quegli ampi spazi il magnate vive solo in compagnia del fidato maggiordomo Ulim dopo la tragica morte della moglie e della figlia in un incidente stradale. Taurus ha però un segreto: si è creato un avatar, una figura con cui affronta il mondo reale, anche se lo fa vestendosi da barbone e sedendosi all’angolo di una strada, vicino al luogo dove ha perso le due persone a lui più care. Un tormento quello della morte della sua famiglia che lo accompagna, lo opprime, influisce sulla sua vita sotto ogni aspetto e lo ha portato all’isolamento.
Il giovane scrittore John è in piena crisi creativa, esistenziale e matrimoniale. L’amata moglie Laura lo lascia accusandolo di non volersi prendere responsabilità, di vivere in un mondo fittizio, ha abbandonato il suo lavoro presso la Taurus che lo distruggeva interiormente ma ha accettato di scrivere la biografia del magnate.
Ora vuole trovare un posto dove poter scrivere quella storia che va scritta, quel racconto che aiuterebbe John ad andare avanti e iniziare a vivere una vita soddisfacente. In cerca di un luogo dove poter dare sfogo alle parole, John carica la sua scrivania e si reca nella Valle degli dei: lì in mezzo al deserto, tra quelle montagne dai profili che sembrano vivi volti umani e in compagnia dei rumori della natura, l’uomo inizia a scrivere.
Ma la Valle degli dei è anche la terra di origine dei Navajo, una terra ricca di leggende e di tradizioni che la tribù vorrebbe mantenere, ma soprattutto un luogo da proteggere dalla Taurus, potente azienda che ha in progetto di acquistare quelle sacre terre per estrarre l’uranio, nuova fonte di energia sfruttabile al posto del petrolio.
Questo il giovane Navajo Grey Horse non lo può accettare, già sua moglie non riesce a dargli un figlio, già la loro tribù è stata tradita dall’uomo bianco, non può ora permettere che si prendano quelle sacre terre. Mentre i giovani trattengono a stento la loro ira, gli anziani Navajo osservano e riflettono, mantenendo nel cuore la fede incrollabile negli dei.
La vita della bellissima Karen era sempre stata perfetta, ma poi la malattia del figlio, il divorzio, il ricco marito che la allontana dal bambino, ora la donna è costretta a scendere a patti per riavere ciò che ha di più caro al mondo, compreso vendere il suo corpo al ricco Taurus, il quale lo modifica per farla somigliare alla moglie morta, facendola partecipare a un’elegante quanto inquietante festa nella villa.
La nostra civiltà ha allontanato la morte da noi. Ma la morte può essere la nostra migliore amica e consigliera: quando abbiamo dei dubbi su quello che dobbiamo fare nella vita, dovremmo chiedere consiglio alla nostra morte, lì si troverebbe la risposta migliore. L.M.
Come anticipato dal regista, in Valley of the Gods è evidente e stridente la differenza che corre tra le vite dei Navajo e quella dell’uomo più ricco del pianeta, ben rappresentata dalle ambientazioni. I Navajo vivono in terre desolate, desertiche, affascinanti quanto spoglie e monocromatiche, abitano in camper o abitazioni povere, l’unico bar dove poter vedere la tv sono quattro assi tirate su e qualche frigo di fortuna, gente che sopravvive ma che deve fare i conti con chi vuol portare via loro quelle sacre terre a cui la loro tradizione li lega da secoli.
Quando ci viene mostrata la Valle degli dei la colonna sonora che accompagna le scene del film sono i rumori della natura, il soffio del vento, il rombo del tuono, la pioggia scrosciante e i canti tradizionali dei Navajo i quali, uniti alle immagini, donano un senso di pace e calore facendoci provare la sensazione di trovarsi in quei luoghi e poter respirare quell’aria, quegli odori, di trovarsi a fianco di quell’antico popolo condividendo con loro emozioni e la potenza delle loro credenze.
Al contrario, quando ci troviamo alla presenza di Wes l’atmosfera diventa più opprimente, cupa, insieme a lui respiriamo la sua angoscia, il suo inconsolabile dolore per la perdita subita, e non bastano le eleganti e ampie stanze del suo maestoso palazzo a liberarci da questa sensazione di inquietudine che ci accompagna. Anche se, come è nell’immaginario comune, l’uomo più ricco del pianeta dovrebbe essere una persona felice e libera dai pensieri che affliggono i meno agiati, in possesso di ogni comodità e tecnologia in grado di facilitare la sua vita, Wes è anomalo, non si gode tutto quello che ha ma lo subisce in nome di un dolore che non riesce a cancellare.
L’amore in tutte le sue sfumature, Valley of the Gods ci mostra l’amore perduto, l’amore per una terra considerata l’origine delle proprie radici, l’amore che si cerca con ogni mezzo di recuperare, anche se questo sentimento non viene soddisfatto nel film, non si ha un classico lieto fine che soddisfa la visione “romantica” di questo sentimento.
Wes vive la sua vita sottomesso ad un amore che lo lega al dolore della perdita, John perde il suo matrimonio ma ritrova l’amore per la sua passione, la scrittura, Karen ci mostra l’amore materno, con i suoi tormenti e sacrifici, mentre i Navajo dimostrano questo forte sentimento nei confronti della loro tribù, ma al tempo stesso per tutto il genere umano e il pianeta su cui vivono.
Ho rivisto con piacere, anche se per una breve scena, John Rhys-Davies o meglio conosciuto come Sallah di Indiana Jones e mi sono goduta il ballo finale con i costumi e i canti tradizionali Navajo, davvero curata e di forte impatto visivo
Valley of the Gods è un film visionario, poetico, a volte criptico, in grado di farti vivere molte emozioni e sensazioni diverse con una storia che lega passato e futuro mettendo in contrapposizione le antiche credenze e divinità, i quali hanno a cuore il benessere delle tribù e delle loro terre, e i materialisti nuovi dèi, rappresentati da ricchezza, tecnologia e apparenza, i quali invece hanno come unico interesse l’ottenere sempre di più mettendo il rispetto per l’essere umano, e del pianeta, all’ultimo posto. L’amore, la perdita e le contrapposizioni sono il filo trainante di tutta la storia, affascinante e incantevole come il modo in cui il regista ha scelto di raccontarcela.
Quando per la prima volta sentì il pianto di un bambino, fu sopraffatto da un accecante bagliore.
Non riusciva a vedere niente, quindi si diresse verso il punto in cui la cima incontra il cielo.
Lì, abbassò gli occhi, si guardò i piedi e il bagliore cessò.
E vide una gigantesca figura in pietra.
Diné Bahane La Storia della Creazione dei Navajo