Cobra Kai, annunciata come lo spin-off di Karate Kid, si pone più come una serie sequel degli eventi che hanno appassionato grandi e piccini a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 e hanno visto contrapporsi in combattimenti all’ultimo “calcio” Johnny Lawrence dei Cobra Kai e Daniel LaRusso, preparato dal maestro Miyagi.
Trentaquattro anni dopo, l’elegante disciplina sportiva che ha spopolato tra i giovani ed ispirato videogames e discipline olistiche affini è tornata in auge e tutto grazie a questa serie che racconta, in un certo senso, la redenzione di un villain d’altri tempi.
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William Zabka, infatti, torna ad indossare i panni di uno dei personaggi più odiati del cinema: il violento e presuntuoso Johnny Lawrence e lo fa regalandoci l’interpretazione di un uomo distrutto dalla sua spocchia, dal pessimo esempio ricevuto, dall’orgoglio, dall’alcool e dal peso di un passato troppo ingombrante perché ci sia spazio per il futuro.
Johnny è ancora ossessionato dalla sua eterna nemesi: Daniel LaRusso (Ralph Macchio) che l’ha sconfitto oltre tre decenni fa nello scontro finale del torneo di karate All Valley. E’ come se Johnny si ostinasse ad attribuire la colpa di ogni suo fallimento e di ogni aspetto della sua disastrosa vita a quella cocente disfatta!
Daniel LaRusso, infatti, da quel momento in poi, è passato da un successo dopo l’altro ed ha costruito un vero e proprio impero milionario con la vendita di auto di lusso, ha una splendida famiglia e la vita non potrebbe sorridergli di più!
Nessuno dei due, però, è riuscito a tenersi stretto la vecchia fiamma già contesa quando erano ragazzi: Ali Mills (Elisabeth Shue) che viene citata di tanto in tanto e alla quale, pur senza ammetterlo palesemente, entrambi pensano ancora con affetto e dolcezza.
Ma, nonostante tutto, non sono loro i protagonisti di Cobra Kai. La storia ha nuovi personaggi, nuove dinamiche e una visione contemporanea dei conflitti e dei rapporti tra gli adolescenti che, sebbene restino sostanzialmente gli stessi di decennio in decennio, al giorno d’oggi sono più violenti, più preoccupanti.
Il giovane Miguel Diaz (Xolo Maridueña) trasferito da poco nella “Valley”, è vittima dei bulli. Johnny Lawrence, che sta facendo i conti con la sua vita, tutta da riordinare, lo prende sotto la sua ala protettiva e lo allena, aprendo un proprio dojo: il Cobra Kai. Con Miguel riesce a costruire uno splendido rapporto padre-figlio che non ha mai avuto la costanza e, in parte, la possibilità di coltivare con suo figlio Robby Keene (Tanner Buchanan). Il giovane, determinato ad indispettire il padre, si fa assumere in una delle concessionarie di Daniel LaRusso e finisce col diventare il suo allievo di Miyagi-do.
Senza entrare nello specifico (rischiando di spoilerare contenuti salienti della serie) in Cobra Kai troviamo due generazioni a confronto che cercano di imparare l’una dall’altra, perché non è mai troppo tardi per apprendere e non si è mai troppo diversi gli uni dagli altri. In un certo senso la storia si ripete, ma non risulta banale. Per chi è stato fan di Karate Kid e, diversamente da Barney Stinson, ha sempre fatto il tifo per Daniel, risulterà interessante ritrovarsi invece ad empatizzare molto di più con il perdigiorno Johnny che con il perfettino LaRusso.
Ricca di citazioni e di splendidi omaggi agli indimenticati protagonisti del passato, ai quali va il merito di aver reso celebre la storia diventata “mito”, Cobra Kai ha all’attivo due stagioni composte da dieci episodi ciascuna, ma sono già state annunciate (dopo il passaggio della produzione a Netflix) una terza ed una quarta stagione.
Da fan di Karate Kid prima e Cobra Kai ora, uno degli aspetti della serie che ho potuto apprezzare maggiormente è la rilettura di episodi della competizione tra Johnny e Daniel raccontati da quello che, per forza di cose, era stato conosciuto come l’anti-eroe e non più soltanto vissuti dal punto di vista del protagonista senza macchia e senza paura.
Johnny e Daniel hanno davvero imparato tanto, sono cresciuti e sono i Sensei di cui tutti abbiamo bisogno. Vedere Cobra Kai per credere!