Quando questa mattina, la prima notizia che ha rimbombato nei telegiornali, alla radio, sulla stampa, è stata quella della morte del Maestro, non ho avuto dubbi sul dedicare in qualche modo anche a lui questa rubrica.
Ho cercato così il lunghissimo elenco di film ai quali ha regalato note sublimi e melodie eterne e indimenticabili, ed ho pensato che forse, il miglior modo per omaggiarlo, fosse quello di scegliere una commedia tutta italiana, che facesse ridere e che rispecchiasse quell’Italia che Morricone amava tanto, perché tanto affetto, fama e successo gli aveva regalato.
Era il 19 gennaio del 1980 e usciva in sala un film destinato a cambiare la storia della commedia, Un sacco bello.
Lo dirigeva un giovane attore, Carlo Verdone, che si era già fatto apprezzare in TV per i suoi esilaranti personaggi presentati in programmi di culto come Non Stop – Ballata senza manovratore di Enzo Trapani.
Carlo, però, figlio del grande storico del cinema Mario, coltivava nemmeno troppo segretamente il sogno di diventare regista, di approdare sul set come temibile despota. La storia è più o meno risaputa, ma è sempre utile ricordarla, anche perché tra le pedine in campo rientrava un vero gigante della macchina da presa, il Maestro Sergio Leone appunto, il primo ad accorgersi delle potenzialità registiche di Verdone e a puntare su di lui quasi a scatola chiusa.
Dopo la straordinaria popolarità conquistata con il suo variegato mondo di personaggi problematici, buffi e/o paranoici rappresentati nella trasmissione televisiva di cabaret di Raiuno, andata in onda dal 1977 al 1979 appunto, Verdone viene tempestato di richieste da produttori, registi e attori che ne intravedono il potenziale su grande schermo e vorrebbero farlo debuttare al cinema: Adriano Celentano lo vorrebbe per un ruolo in Asso, Pasquale Festa Campanile gli fa un provino (stando alla leggenda disastroso) per Il corpo della ragassa.
Tuttavia Carlo non si sente pronto: ed è solo quando riceve la telefonata del maestro Sergio Leone, che si offre di produrre il suo esordio, che la situazione si sblocca.
Grazie ai due principi della sceneggiatura che lo affiancano (Leo Benvenuti e Piero De Bernardi), Un sacco bello prende forma e diventa un’opera già personale, in grado di andare oltre la mera riproposizione delle tipologie televisive tanto che, sempre su consiglio di Leone, dopo aver interpellato prima Steno e poi Lina Wertmüller, l’unico possibile regista del film diventa Verdone stesso.
Quest’anno la pellicola ha compiuto 40 anni, ma non ha perso un grammo della sua vis comica anzi, ha acquisito con il passare del tempo anche uno status di film-manifesto che all’epoca era più difficile individuare.
Ambientato in una Roma ferragostana sinistramente spopolata e assolata, è costituito da tre episodi intrecciati fra loro in cui Verdone che si sdoppia in 6, è mattatore assoluto e riflette malinconicamente sull’Italia coeva, sulle debolezze e le insicurezze dei “giovani” di quel tempo, sui riverberi e la tensione ancora palpabile degli anni Settanta, così detti, di piombo.
Un sacco bello quindi, diventò il primo test, la prima presa di contatto con un mondo che è sempre stato molto generoso nei confronti di Carlo Verdone.
In quegli anni cupi e drammatici, una commedia come questa risvegliò gli italiani, facendoli riflettere con leggerezza sui grandi e piccoli dolori della vita.
E di cosa parlava Un sacco bello, se non di delusioni e disillusioni, di speranze coltivate e poi tradite, attraverso tre personaggi che definire iconici sarebbe riduttivo: Enzo, mitomane di periferia che sognava le donnine compiacenti di Cracovia; Ruggero, figlio di un padre che non era proprio capace di parlare la sua stessa lingue e Leo, dolce ragazzone trasteverino tramortito da una madre asfissiante e innamorato di un angelo spagnolo. Si incontrano tutti in una Roma calda e deserta, durante un Ferragosto di una tristezza infinita.
Vediamoli quindi più nel dettaglio questi personaggi, che ci hanno fatto ridere e riflettere e che sono entrati nel nostro vissuto, come fossero persone di famiglia.
Enzo è il protagonista del primo episodio, che nella Roma vuota e calda di Ferragosto improvvisa un viaggio in Polonia
“’na cosa favolosa”
con il non particolarmente entusiasta amico Sergio. In Polonia però non ci arrivano. Anzi, nemmeno si allontanano granché da Roma, perché Sergio finisce in ospedale.
Ma Enzo non s’arrende, e nonostante la rubrica senza nomi, ci riprova.
Ruggero è un hippie che a un certo punto incontra suo padre (Mario Brega) che gli impone di tornare almeno un po’ dalla famiglia che ha lasciato. Ruggero torna e incontra, tra gli altri, un vecchio amico, un prete e un professore. Al minuto 8 trovate una delle scene più famose del film.
https://www.youtube.com/watch?v=aFfcmHZDeFw
Leo, un ragazzo a cui le cose non sembrano girare granché bene, incontra una ragazza spagnola (che cerca un Otello della Giuventùs) con la quale sembra riuscire a sviluppare una certa intesa.
Solo che poi a Leo le cose continuano a girare male, perché arriva il compagno della ragazza spagnola
Le storie che ci propone Un sacco bello hanno fatto la storia, così come alcune scene memorabili, i luoghi e le musiche del maestro Sergio Leone.
Leo sta per prendere il pullman per Ladispoli, dove l’attende l’adorata madre. Il tempo di rompere le bottiglie d’olio, che notoriamente non evapora, e di incontrare la bella turista spagnola Marisol e la frittata è fatta.
Nel perfetto meccanismo della sua vita, si insinua la passione
“in che senso?”
dice il povero Leo al cospetto della ragazza che chiede l’indirizzo dell’ostello della gioventù… lo scoprirà a sue spese qualche ora dopo.
Ruggero, Fiorenza e un padre che finge di ritrovare per caso il suo primogenito. Come spiegare in pochi secondi il grande cambiamento di una vita? Raccontando in prima persona il viaggio in Toscana e l’incontro salvifico con un santone.
“Love, love, love “
Mario Brega, indimenticabile.
Sergio si sente male durante il viaggio e per Enzo c’è poco da fare. Portato l’amico in ospedale, coltiva ancora la segreta speranza di poter riprendere la traversata. Speranza disattesa quando il medico, anzi, il dottorino, raccomanda il ricovero immediato per un’infezione acuta da calcolosi.
Ci si può fidare del dottorino? A una madre non la si fa. Una madre sa quando un figlio mente e Leo, che ha accolto a casa sua la spaurita Marisol (Veronica Miriel, perfetta) deve trovare un modo per non farsi scoprire.
E l’agendina telefonica di Enzo? È un trattato di antropologia. Eliminato il nome di Sergio, resta da trovare il suo sostituto per il viaggio a Cracovia. Vince il premio l’amico di Martucci.
Ma quanta solitudine c’è in quello Stadio Olimpico?
“ohhhhhhhhh”
Lo avevamo già visto durante l’incidente dell’olio. L’uomo alla finestra (Filippo Trincia), osservatore fastidioso di vite altrui è uno dei personaggi più riusciti di Di un sacco bello e ha solo poche battute. Non è un caso che Verdone lo voglia con sé anche nello struggente finale del film, quando ancora una volta si lamenta delle azioni di Leo.
“Fai presto te a dì ahò embè là, alla finestra, calmo. Te ce vorrei vedere io a combatte con la vita, cò e strisce, con l’olio, coi pompelmi, con mi madre. Ahò, dice”
Titoli di coda.
Un sacco bello venne girato «in cinque settimane e due giorni» contro le sette settimane inizialmente previste, con grande difficoltà da parte di Carlo Verdone. Per lui si trattava del primo film da regista, sceneggiatore e attore protagonista, e doveva letteralmente «farsi in 6» affrontando sei ruoli diversi. L’ansia era alle stelle. Tanto che la sera prima del primo ciak , il produttore Sergio Leone bussò alla sua porta.
“Andiamo a camminare”
gli disse. E così i due si cimentarono in una passeggiata notturna per stemperare la tensione.
Peccato che l’ansia non fosse l’unico problema di Verdone in quel momento: alla vigilia delle riprese venne colto da un improvviso attacco di emorroidi. Ma le sue disavventure non finirono qui. L’attore riuscì a beccarsi uno schiaffone da Sergio Leone. Perché? Non era arrivato abbastanza sudato sul set, in una scena che lo richiedeva (se guardate bene uno dei momenti che ritraggono Leo e Marisol a casa, noterete le cinque dita ancora stampate sul viso di Verdone). Non solo, in una delle scene girate insieme a Mario Brega, riuscì a farsi “stropicciare” talmente tanto la faccia, da portarne i segni per mesi. Fortunatamente le truccatrici riuscirono a coprire i lividi a colpi di correttore. Il film venne girato interamente a Roma. Ripercorriamo insieme tutte le location più famose.
Ma Ennio Morricone e soprattutto l’autore di tutti i brani presenti nel film, e Carlo Verdone lo ricorda così:
“Oggi Ennio non c’è più. E tutti noi siamo orfani di un sublime compositore conosciuto in tutto il mondo. La sua grandezza deriva da due elementi: il fatto di aver studiato musica contemporanea con Goffredo Petrassi e la sapienza dell’arrangiamento. Un arrangiamento solenne, nostalgico, potente e spesso ironico”.
E Verdone racconta ancora un altro curioso aneddoto che lega il Maerstro a Un sacco bello
“Mentre finivo la preparazione di Un sacco bello, il mio primo film Leone mi disse ‘tutto pronto? La troupe è completa?’, ‘si risposi io’ ma lui insistendo disse ‘no, ecco cosa ti manca’ e mi portò a casa di Morricone, per poco non mi viene un infarto per l’emozione. Per due ore interpretai tutti i personaggi di Un sacco bello davanti ad Ennio. Fece delle musiche immense. Ancora oggi il fischio finale con il protagonista che se ne va è qualcosa di emozionante, struggente, una cifra immortale del film”.
Ma è soprattutto quel fischio che non dimenticheremo mai, quel motivetto che spesso ci ritroviamo a canticchiare, come un moderno tormentone che proprio non ne vuole sapere di andare via.
Da oggi in poi allora, quando rivedremo questo film, capolavoro tutto italiano del grande Verdone, che riesce sempre a regalarci uno sguardo attento e insolito sulla società di ieri o di oggi, il pensiero andrà automaticamente al grande Maestro Morricone, alle melodie, agli arrangiamenti, a quel senso sopraffino della composizione che erano ilo suo marchio di fabbrica, orgoglio italiano, che tutto il mondo ci invidia.