Proprio in questi giorni (22-23-24 maggio) SMK factory, attraverso la piattaforma OpenDDB – Distribuzioni dal Basso, propone la premiere internazionale del documentario The Milky Way – Nessuno si salva da solo di Luigi D’Alife, il nono film targato SMK Factory, con il patrocinio di Amnesty International, per inaugurare la la nuova funzionalità di streaming per la piattaforma.
Open DDB annuncia un nuovo sistema stream con library digitale e app dedicata, senza abbonamento mensile e mantenendo i propri meccanismi di accesso alla cultura dal basso con donazione libera.
SMK Videofactory è una casa di produzione indipendente nata nel 2009 a Bologna da un gruppo di mediattivisti. In questi anni ha prodotto principalmente documentari a sfondo sociale e lavori di inchiesta e denuncia.
Crede fermamente nei nuovi modelli di Produzione dal Basso appunto, e nel fatto che un modo diverso di fare audiovisivo sia possibile. Il primo progetto di crowdfunding risale al 2011 con il film Tomorrow’s Land.
Da lì ha prodotto una sequenza ininterrotta di documentari con campagne di coproduzione popolare: Kosovo vs Kosovo (2012), Una follia effimera (2012), Green Lies (2014), Vite al Centro (2014), Quale Petrolio? (2016), The Harvest (2017).
Sulla scia dell’esperienza di autodistribuzione popolare di Tomorrow’s Land, fonda nel 2013 OpenDDB, il portale che sostiene la circolazione di opere audiovisive di registi emergenti e di case di produzione indipendenti in tutta Italia ed Europa.
The Milky Way – Nessuno si salva da solo è un film che racconta e illustra la rotta alpina una volta usata dagli italiani per cercare lavoro in Francia e oggi utilizzata dagli immigrati africani, con date sold-out a Bologna, Brescia, Torino e una prima proiezione “contingentata”, ma sempre sold-out, a Firenze.
Se non fosse sopraggiunto il lockdown, tra marzo e maggio il film avrebbe continuato il tour con una cinquantina di date fissate nei cinema di tutta Italia, più altre che si sarebbero aggiunte.
Proprio in occasione della proiezione di Firenze, durante il confronto su quello che stava succedendo, è nata l’idea dello Streaming di Comunità.
«Perché The Milky Way – dice il regista Luigi D’Alife – ha rappresentato una sfida collettiva sotto molti aspetti; narrativi, produttivi e tecnici in primis. Abbiamo raccontato questa storia mettendoci in gioco sul piano umano e artistico, con l’idea che “nessuno se la può cavare da solo”, né in un film né nella vita.»
Partendo da qui, al fine di fronteggiare l’emergenza sanitaria, il 7 marzo scorso OpenDDB – Distribuzioni dal Basso ha dato il via allo Streaming di Comunità che in 64 giorni ininterrotti di programmazione, ha proposto più di 150 titoli, raggiunto oltre 200.000 spettatori e aggiunto decine di autrici e autori che hanno risposto alla chiamata, con circa 80 nuovi titoli al catalogo.
«Siamo stati tra i primi – dice Andrea Paco Mariani di OpenDDB – a mettere in campo un’iniziativa in un ambito poi definito “solidarietà digitale”. Ma per noi non è un semplice vanto: è la felicità di aver lanciato un segnale quando andava fatto.
E che altri autrici, autori e produzioni lo abbiano sposato ci ha riempito il cuore: un immaginario è davvero rivoluzionario quando è condiviso e contribuisce a cambiare l’ordine delle cose.»
Tornando a The Milky Way – Nessuno si salva da solo, il film ci racconta una storia a parti invertite rispetto a ciò che è accaduto negli ultimi 200 anni, quando cioè erano gli italiani ad attraversare il confine clandestinamente per andare a trovare fortuna in Francia.
Oggi invece, soprattutto negli ultimi decenni, quello stesso limite naturale, è stato oltrepassato dai profughi durante durante la guerra dei Balcani ed ora, almeno dal 2015, è una rotta utilizzata anche dai migranti di origine africana. La nuova “rotta alpina “dei migranti di nuovo, dunque, non ha nulla, e se 70 anni fa la chiamavamo “della speranza”, ora quella speranza sembra essersi dissolta.
Viene però da chiedersi se l’area su cui oggi insiste il confine italo-francese ha costituito davvero un limite, com’era nell’intenzione dei poteri che controllavano quelle aree, oppure sono state soprattutto zone di passaggio, di scambio di osmosi, laboratorio di esperienze e convivenza.
Se in effetti la frontiera tra Italia e Francia, seguendo in larga parte la linea alpina, è impressionante per le sue altezze, non è da nessuna parte (soprattutto dal punto di vista linguistico), un limite tra gli uomini delle montagne: i montanari del versante occidentale parlano lo stesso dialetto di quelli del versante orientale.
Le relazioni commerciali, l’emigrazione, la transumanza, i legami famigliari, non sono stati mai interrotti: attraverso i colli i montanari mantennero vivi usi consuetudinari e millenari di chi non riconosceva quei confini, pratiche che travalicano tutt’ora i due lati delle frontiere.
Una frontiera naturale ingannatrice che divide una unica popolazione montanara.
“Essi vengono nottetempo accompagnati sino al confine da una guida di Bardonecchia e
poi si arrangiano a discendere. Naturalmente, dato l’inadeguato equipaggiamento, specie
se incontrano cattivo tempo, spesse volte non riescono a proseguire e muoiono sull’alto
versante francese. Due o tre al mese almeno lasciano la vita in questo modo.”
Rapporto del 1946 da parte di un agente del SIM in cerca del relitto di un aereo americano tra il Colle della Valle Stretta e Modane.
E’ il racconto di un territorio attraversato da millenni da rotte di emigrazione ed immigrazione, luogo di osmosi, una frontiera naturale ingannatrice che divideva una unica popolazione montanara.
Una cerniera dunque, non certo una barriera tra i due versanti della Alpi occidentali; i suoi passi e i suoi colli costituivano terra di incontro, connessione, mediazione tra popoli, comunità, culture differenti.
Non un mero asse di transito dunque, ben piu di un “corridoio”.
Nel 1713 il Trattato di Utrecht sancito tra le potenze europee ridefinisce i confini ed impone una frattura tra i due versanti delle Alpi. Le comunità linguisticamente e culturalmente parti della stessa millenaria civiltà alpina, vengono separate e schierate sui fronti contrapposti di una nuova ed artificiale frontiera.
Durante il giorno però, tutto ciò scompare, si perde. Si perché quegli stessi luoghi che di notte sono teatro di paura e pericolo, si trasformano magicamente in luogo di svago e divertimento per orde di turisti e sportivi che affollano le piste.
Ogni uomo che ama lo sci dovrebbe, almeno una volta nella vita, far scorrere gli sci sulla via lattea, una pista magnifica.
Soprattutto durante il weekend e le festività, le strade scavate fra la neve si riempiono di migliaia di sciatori, le funivie si muovono veloci su e giù per le montagne, i ristoranti sono affollati e la pista dello sci di fondo, che collega Claviere con Monginevro, brulica di persone.
Il via vai è cosi continuo che la linea di confine tra i due paesi pare quasi essere inesistente, nessuno ci fa caso, tutti la calpestano più e più volte durante la giornata, a piacimento.
Gli altri invece, quelli che questi luoghi li frequentano di notte, rischiano di morire, anzi, qualche volta muoiono.
I migranti, poco preparati e mal equipaggiati per un impresa del genere, imboccano i sentieri al buio, sfidando il freddo e i controlli delle autorità francesi, e soprattutto da quando la rotta migratoria è stata militarizzata, all’aumento dei controlli e dei posti di blocco si sono moltiplicati anche gli arresti, le multe e le denunce per tutti coloro che hanno cominciato a offrire solidarietà concreta alle persone in viaggio.
Nonostante questo però, una parte non esigua di abitanti delle valli ha deciso di non abbassare la testa e di non girare lo sguardo di fronte a quanto accade lungo i sentieri delle proprie montagne, segno tangibile che la storia si ripete sempre.
Le migrazioni non sono altro che un viaggio circolare dell’umanità. Certi eventi accadono come reazione ad altri eventi. Può sembrare scontato, ma non sempre ce ne accorgiamo. Il voltarsi indifferenti dall’altra parte alle volte è ben più che un rischio.
The Milky Way è un docufilm che si pone come obiettivo il racconto dei territori di confine delle Alpi occidentali tra Italia e Francia, in relazione alle persone che lo attraversano e agli abitanti che lo vivono, in una sorta di parallelo tra ieri e oggi.
Per farlo Luigi D’Alife ha scelto di utilizzare stile e tecniche diverse, a partire dal disegno e dall’ animazione tradizionale che ricoprirà un ruolo centrale all’interno del racconto, una vera e propria sfida in termine narrativi, tecnici e produttivi, che si collega alla voglia di sperimentare nuove forme di narrazione.
Il film si comporrà attraverso interviste semi-strutturate che serviranno per introdurre e sviluppare gli argomenti trattati, momenti di osservazione del contesto, fiction di ricostruzione.
Un film innovativo quindi sotto molti aspetti, primo fra tutti quello della co-produzione popolare per sostenere la spese vive relative alla fase di riprese che è iniziata a Gennaio 2018 ed è terminata nel mese di Maggio, ed ha visto anche una seconda campagna per sostenere tutte le spese di produzione e post-produzione.
Una storia che parla di noi, per noi, con noi dunque, d’altronde come ci insegna JJ Rosseau
“Il primo uomo che, avendo recinto un terreno, ebbe l’idea di proclamare questo e mio, e trovò altri cosi ingenui da credergli, costui e stato il vero fondatore della società civile.
Quanti delitti, quante guerre, quanti assassinii, quante miserie, quanti orrori avrebbe risparmiato al genere umano colui che, strappando i pali o colmando il fosso, avesse gridato ai suoi simili: “Guardatevi dall’ascoltare questo impostore; se dimenticherete che i frutti sono di tutti e che la terra non e di nessuno, sarete perduti!”