Ci sono stati personaggi del panorama cinematografico italiano, che hanno fatto la storia, non tanto per la bellezza o per il fascino, ma perché sono entrati a far parte della nostra vita. Sono come amici di famiglia, nei quali ci identifichiamo; sono persone con difetti, alle volte amplificati, paure e modi di esprimersi che entrano nel linguaggio comune.
Fra tutti, spicca un uomo timido e dimesso, abituato a subire ogni sorta di ingiustizia, un ragioniere che ha allietato e divertito intere generazioni.
Basco, espressione contrita e sottomessa e un’ inseparabile nuvoletta che non lo abbandona mai, lui è Ugo Fantozzi, e oggi affronteremo insieme a lui, la paura che più di tutte ci attanaglia: quella della morte.
Fantozzi in paradiso, è l’ottavo film della saga di Fantozzi ed è l’unico in cui si affronta il tema della morte; lo si fa con una malinconia esistenziale di fondo, che però nella seconda parte si trasforma in una carrellata di esilaranti e buffonesche scene.
Il film, che vede la partecipazione di attori che ricorreranno negli episodi a venire (oltre a Paolo Villaggio anche Anna Mazzamauro e Gigi Reder), è il primo in cui Fantozzi passa a miglior vita, ma anche l’esistenza nell’aldilà si dimostra mesta e sfortunata, in linea con quella terrena, ed anche il film segna l‘abbandono delle scene da parte di Plinio Fernando; nel successivo film infatti, Mariangela e Uga saranno interpretate da Maria Cristina Maccà.
https://www.youtube.com/watch?v=XwBfZEF41-A
Gli attori sono comunque nomi che la serie di film che hanno come protagonista il ragionier Fantozzi, hanno reso celebri al pubblico, Milena Vukotic è Pina Fantozzi, Gigi Render è il Ragionier Filini, Anna Mazzamauro è la signorina Silvani, Sergio Gibello è il radiologo, Vito Passeri è il collega di Fantozzi; nel film compare persino il regista, Neri Parenti, in un piccolo cameo, è l’uomo del trampolino a Cortina nel ruolo dell’addetto all’impianto.
Ma procediamo con ordine e andiamo innanzitutto a rinfrescarci la memoria, con un breve riassunto del film.
La trama di Fantozzi in paradiso
La vicenda ha inizio con il funerale del collega del ragionier Fantozzi, a cui segue un matrimonio perciò ci si alterna tra condoglianze e auguri e tra riti funebri e musiche nuziali. Intanto Fantozzi, cacciato di casa dalla figlia sposata, decide, insieme al fedele collega Filini di mettere in atto una rapina ai danni dell’azienda per la quale lavorano così, prendendo spunto da una scena televisiva, vanno ad acquistare delle maschere usando come scusa la nipotina Uga. Il furto riesce ma vengono beccati dai capi e costretti a consegnare tutto il bottino.
Dopo diverse situazioni difficili, Fantozzi scopre di avere una grave malattia ai polmoni e per questo decide di godersi l’ultima settimana di vita facendo cose impossibili. Anche se lui tiene nascosta la notizia alla moglie, Pina lo scopre e si mette d’accordo con la signorina Silvani per far godere al marito dei giorni d’amore.
Una volta partito proprio quando dichiara per lettera di aver trovato la sua compagna d’amore, scopre l’inganno della moglie e capisce quanto lo ami. Giunto a casa, mentre cerca di farsi perdonare, la moglie Pina scopre che in realtà la diagnosi del medico era falsa e che doveva essere un altro a morire. Eccitato per la notizia, Fantozzi si mette a correre ma viene schiacciato da un camion e da un rullo che ne provocano la morte, per davvero. Il film si conclude con il povero Fantozzi che si trova in Paradiso insieme alle altre anime e giunge al cospetto del Buddha che lo condanna a reincarnarsi.
Gli errori
La scena che ispira ai due colleghi la rapina, è in realtà quella di un film di Woody Allen, Prendi i soldi e scappa e pur essendo arrivato per la prima volta nelle sale italiane il 22 Dicembre 1993, quindi in un periodo felice e prospero per il cinema italiano, è un film pieno di errori.
I più eclatanti, ci aiuteranno a ricordare le scene più famose, grottesche ed esilaranti del film, a partire dalla famosa serata del mercoledì di coppa (dei Campioni) che distrae irrimediabilmente Ugo, la sera della festa del 40° anniversario di matrimonio con la Pina, finita 4-0, e giocata 25 novembre 1992 allo Stadio San Siro di Milano.
A parte le fantastiche immagini di repertorio che questa scena ci offre, dove si vede il bellissimo goal in rovesciata sotto l’incrocio dei pali di Marco Van Basten, autore di tutte le 4 reti della partita (primo giocatore nella storia a farne 4 in una sola di partita di coppa dei campioni/Champions League) quella partita è rimasta memorabile per i tifosi rossoneri, tra cui Fantozzi, che si lascerà poi prendere la mano con grandi festeggiamenti, non per il suo anniversario di matrimonio.
E proprio qui sta l’errore, si perché esulta per la rete rossonera, però intona
“Chi non salta rossonero è”
pur essendone un tifoso, appunto.
Nella scena in cui Fantozzi, completamente rimbambito dalle avances della Silvani si immola per coglierle una stella alpina, sulle pendici della montagna che sono ripidissime e con poca neve, ma quando lui raggiunge la Stella e la coglie, fa scendere una valanga di proporzioni immani.
Sempre a Cortina inoltre, quando Fantozzi arriva in albergo con la Silvani, batte la mani per chiamare il facchino e lo schiocco provocato dalla battuta si sente bene, peccato però che che in quel momento, Fantozzi indossasse un bel paio di guanti neri.
Ricordiamo sicuramente la lettera offensiva che Fantozzi scrive alla Pina descrivendola precisamente come una donna dall’alito fognato, ma quando invece lei va a rileggerla lo fa in modo diverso, dicendo
“..alito da fogna”
Per una persona così sfortunata come il nostro ragioniere, la morte non poteva che arrivare di venerdì 17, ed infatti è proprio quella la data fatale che vediamo evidenziata sul calendario da Fantozzi, anche se in realtà, come ben si vede nell’inquadratura, il calendario utilizzato è del 1992, un anno prima quindi rispetto alle riprese del film.
Alcune incongruenze, fanno riferimento ad altri film del ciclo fantozziano, come la scena in cui, in seguito alla richiesta della figlia di andare a vivere con loro, Pina e Ugo discutono della vita sessuale di Mariangela. La Pina esclama
“…altrimenti come sarebbe nata Ughina?”
Ma quest’ultima non era figlia di Loris Batacchi (capoufficio pacchi) di un altro episodio della serie, interpretato da Andrea Roncato?
Altre potremmo chiamarle “sviste” come la scena in cui Paolo Villaggio assiste alla veglia funebre del collega ciclista morto investito e sono ben visibili gli occhiali da ciclista che sono stati messi alla salma; tuttavia, quando la signorina Silvani si china per specchiarsi negli stessi occhiali, questi sono diventati degli occhialetti a lenti rotonde.
Di piccolo incidente si può invece parlare per una delle scene iniziali, quando la mitica Anna Mazzamauro colpisce in faccia Fantozzi con il bicchiere al momento di brindare. Nella scena dopo si vede Fantozzi che ha del sangue sulla bocca, ma quello non fu calcolato; nello stacco prima infatti, la Mazzamauro colpì davvero involontariamente Fantozzi in faccia facendogli fuoriuscire del sangue.
Sono molti di più invece, gli errori dovuti ai pochi mezzi di cui all’epoca si disponeva, sia tecnici che economici.
Quando Fantozzi insegue il camion della posta per riprendere la lettera offensiva per la Pina, ad esempio, dopo un po’ si imbocca (come dice lui) nel barile di birra, e qui si vede chiaramente una mano spuntare sotto il barile; quando Fantozzi chiede come vorrebbe esser reincarnato e sale le scale verso Buddha si nota bene l’ombra del microfono e la macchina da ripresa; quando Fantozzi dopo il salto con gli sci, si scontra col tipo in deltaplano, si vede il cavo che sostiene lo stesso Fantozzi, mentre quando nella scena prima, chiede ad un signore dove si trovi il trampolino per sciare, in basso a sinistra spunta un microfono.
Quasi verso la fine del film invece, quando il treno con le lettere parte e Fantozzi si mette a inseguirlo si vedono riflessi sui finestrini del mezzo, il microfonista, l’operatore con la macchina da presa e tutta la troupe.
Nonostante tutto, Fantozzi in paradiso ha vinto ben due premi di rilievo in ambito europeo: il Nastro d’argento alla migliore attrice non protagonista a Milena Vukotic e il Ciak d’oro – sempre alla miglior attrice non protagonista – a Milena Vukotic.
Le battute e la morale
Più di tutto però, di questo come degli altri film del ciclo fantozziano, ci sono rimaste impresse alcune battute, entrate a far parte del linguaggio usuale e comune come il discutibile uso dei congiuntivi.
“I soldi sono una cosa da ricchi”
Dice il Megadirettore galattico agli impiegati in pensione Fantozzi e Filini
“Sono sempre i peggiori quelli che se ne vanno”, “Abbiamo perso il nostro punto di riferimento verso il basso”, “Era facile sentirsi migliori di lui”, “Era un capro espiatorio per tutti noi”.
Sono le frasi esprimono il cordoglio e la disperazione dei colleghi di Fantozzi, per aver pero il loro bersaglio preferito, oggetto di scherzi continui e vessazioni che oggi definiremmo “mobbing” ma che indosso a Fantozzi ci fanno ridere di gusto.
Altre battute invece, seppur studiate per far ridere, fanno anche riflettere molto e ci svelano la vera anima del film.
“Uomo fortunato, che conosci la data della tua dipartita, usa il tempo che ti rimane a preparare la strada per il paradiso! Indossa il cilicio, chiedi perdono, pentiti!”
“Ma io mi pento solo… di non essermi goduto la vita!
“Allora fece, in un pomeriggio, tutto quello che si era sempre vietato: mangiò quattro chili di cozze crude da Gennaro o’vibrione. Multò e rimosse un carro attrezzi parcheggiato in doppia fila, fece, proditoriamente, una puzza mostruosa in un ascensore di un grande magazzino… “
Fantozzi è una vittima, non c’è che dire, ma la sua indole più profonda è tutt’altro che dimessa; è prigioniero di una società che dà molta più importanza agli stereotipi e ai modelli che essa stessa impone, una società in cui non c’è spazio per chi è rimasto un passo indietro, e non concede una seconda possibilità.
Fantozzi però vuole la sua rivincita, e quando capisce di non aver più nulla da perdere, se la prende, ed è come un bambino con le mani nella cioccolata, senza freni né inibizioni.
Il film ha anche una morale non indifferente, e oltre a trasmetterci quella malinconia di fondo, caratteristica dell’attore Paolo Villaggio, è una scalata alla scoperta di sentimenti veri e sinceri. Quando Fantozzi scopre quanto sia grande il sentimento della Pina verso di lui, non solo si sente profondamente in colpa, ma si riscopre lui stesso innamorato di quella donna, bruttina ma fedele, per la quale nutre un profondo rispetto.
Alla fine, sono sempre l’amore e l’affetto a muovere tutto e Paolo Villaggio, che ci ha lasciati nel 2017, era un maestro in questo, perché in fondo era un tenerone.
Ha fatto ridere intere generazioni con quel suo travet bersagliato dalla sfortuna esponente del basso ceto impiegatizio, misero nell’aspetto, monotono nelle abitudini di vita e di lavoro, patetico nella scrupolosa osservanza del proprio dovere, sempre chino sulle sue scartoffie.
Gli italiani per oltre un ventennio si sono riconosciuti in quell’uomo, a tutti è capitato di sentirsi Ugo Fantozzi, alla perenne ricerca di un riscatto sociale non sempre facile da raggiungere.
Paolo Villaggio ha dato vita ad una maschera immortale, modellata sulle imperfezioni e le debolezze degli abitanti del Bel Paese; l’impiegato dai mutandoni ascellari, intimorito e ossessionato dal potere di quelli più in alto, è l’amico di tutti, ma anche quello messo da parte da tutti.
Il genovese Villaggio, ci ha anche abituato ad un linguaggio entrato letteralmente nel nostro vocabolario parlato, ma anche in quello cartaceo. Se si cerca nel famoso vocabolario Treccani la parola “dichi” ad esempio, il primo nome che compare è proprio quello di Paolo Villaggio.
Sì perché con il suo parlare costellato di congiuntivi storpiati, da esagerazioni numeriche (i 18mila gradi dei pomodorini al forno, i 3mila Fahrenheit del caffè mattutino della Pina) e qualifiche aberranti, vedi i gradi aziendali dei potenti riassumibili in Dott. Ing. Gran. Mascalzon. di Gran Croc. (quelli che danno diritto alla poltrona in pelle umana, altra invenzione fantozziana) ci ha abituati ad espressioni delle quali, ormai, non potremmo fare a meno.
Diversamente da Totò, la maschera ideata da Paolo Villaggio ha acquisito fin da subito lo status di universalità, entrando a far parte dell’immaginario collettivo con i suoi “venghi”, “mi dii”, con quella sua passione indiavolata per la frittatona di cipolle da gustare durante una telecronaca sportiva, seguita da “rutto libero”.
Tutti sappiamo dell’esistenza di un film dal titolo La corazzata Potëmkin non è certamente perché l’abbiamo visto (la maggior parte di noi per lo meno), ma solo per quel liberatorio
“Per me, la corazzata Potëmkin è una cagata pazzesca!”
urlato da Fantozzi a tutti, intellettuali e non.
Villaggio, resterà sicuramente fra gli interpreti più amati del panorama cinematografico italiano e da più generazioni, perché capace di grandi performance, anche se a prima vista, magari non si direbbe.
Un attore spontaneo come pochi, che ha contribuito in maniera importante a rendere il cinema italiano quello che è oggi.