Dieci anni fa, la televisione italiana perdeva uno dei suoi pezzi da 90, un gentiluomo, un comico, un presentatore, autore e sceneggiatore fra i più amati e seguiti dello spettacolo.
Dieci anni fa, il 15 aprile del 2010, ci lasciava Raimondo Vianello, che con sua moglie Sandra Mondaini ha formato la coppia più longeva del mondo televisivo, ben 52 anni insieme e solo pochi mesi di separazione, appena cinque, quelli necessari perché anche il suo caschetto biondo lo raggiungesse.
Il più british dei nostri artisti, aveva quasi 88 anni quando si è spento per un blocco renale, e il cuore dell’Italia profonda per un poco cessò di battere, una vita intensa e piena di successi e soddisfazioni che non gli hanno mai fatto perdere quell’umiltà che lo contraddistingueva e quell’educazione che oggi sembrano quasi passati di moda.
Nato il 7 maggio 1922, è ancor oggi considerato tra i padri nobili della televisione, oggetto di studio alla pari di Mike Bongiorno – sulla cui “fenomenologia” Umberto Eco ci ha lasciato pagine rimaste celebri:
“questo milanese doc è stato molto di più di un semplice presentatore televisivo, di una presenza tv capace di perpetuarsi, solo con Casa Vianello, per più di vent’anni. Lo ricorderemo più per i Caroselli con Ugo Tognazzi, dedicati al detersivo Olà, o quelli dedicati al caffé Paulista, già con Sandra Mondaini? Per Canzonissima? Per Sandra Raimondo Show? “
Vianello inizia la sua carriera in teatro, e fu Marcello Marchesi – grandissimo umorista e talent scout di personaggi del calibro di Gino Bramieri, Walter Chiari, Gianni Morandi, Cochi e Renato, Paolo Villaggio – a convincerlo a recitare, e durante un’intervista raccontò anche perché amava tanto la sua comicità e quale fu l’episodio vissuto insieme che lo convinse del suo talento:
«Bombardamento. Batteria contraerea inceppata. Tutti via per i campi, lunghi stesi fra le zolle a bocca sotto. Mentre l’inferno continua, Raimondo si alza, solleva una zolla meno dura delle altre, la soppesa, si guarda in giro e la getta con forza sull’elmetto di un artigliere, rannicchiato e tremante.
“Aiuto… sono stato colpito… mamma!”
Raimondo si distende vicino a lui.
“Non è niente. Sta’ tranquillo, sono stato io. Ti ho tirato un po’ di terra, sei contento? Di’ la verità: sei contento che sia stato io? Pensa se era una scheggia. Allegro, era uno scherzo.” »
Il suo primo grande amore, tuttavia, fu il calcio, una passione che nel 1946 lo aveva portato a militare tra le fila del Palermo pronto a investire su di lui e a cui rinunciò ben presto per seguire la vocazione a cui avrebbe dedicato l’intera vita: la comicità.
Aveva infatti avuto la possibilità di conoscere Pietro Garinei e Sandro Giovannini, la più importante coppia di commediografi italiani che gli offrivano un’esperienza nel teatro leggero di rivista.
Maschera professionale e identità umana cominciavano a coincidere e ne avrebbero fatto un personaggio adatto non solo al teatro, ma anche alla radio e alla televisione.
Dopo l’esordio con Garinei e Giovannini nel Cantachiaro n°2 del 1946, la sua presenza sul palco prosegue con costanza fino alla fine degli anni ’50 in coppia con un altro grande della commedia italiana, Ugo Tognazzi con il quale forma una delle coppie comiche più importanti della comicità italiana.
Insieme diventano i mattatori della televisione nazionale a canale unico e tra umorismo e satira, nella trasmissione Un due tre, andata in onda dal 1954 al 1959, uno dei primi varietà della tv italiana e un successo clamoroso.
Il periodo però, non è certo paragonabile a quello degli odierni reality e talent, e così come l’inizio, altrettanto clamorosa fu la chiusura del programma, dovuta a una battuta politica che fece infuriare i vertici Rai.
Durante uno sketch infatti, Vianello toglie la sedia da sotto il sedere a Tognazzi che cade per terra, mentre Raimondo commenta
“Ma chi ti credi di essere?”
L’episodio è un esplicito riferimento a un incidente analogo occorso al presidente della Repubblica Gronchi qualche giorno prima, e al rientro nei camerini i due comici trovano le lettere di licenziamento e il programma viene cancellato.
Fu certamente un momento drammatico, che Raimondo Vianello rielaborò e superò con lo stile che lo ha sempre preceduto, e mettendo al primo posto l’amicizia:
“Nel 1961 Ugo fece Il federale, il film che gli ha fatto fare il salto di qualità nella carriera, perché prima aveva fatto solo i film con me, che erano filmetti senza pretese. Non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra che il film fosse stato scritto per la coppia, e si intitolasse “Io e il federale”. L’avevano scritto Castellano e Pipolo. Ugo però capì che facendolo con un altro avrebbe potuto uscire dallo schema della nostra comicità; e me lo disse, non mi fece la cosa di nascosto.
Mi disse: «Se la faccio con te, rifacciamo uno dei soliti film, se la faccio con un altro ho la possibilità di fare qualcosa di nuovo». Ma non solo fu sincero, mentre un altro l’avrebbe fatto di nascosto, mi chiamava a vedere il girato sul quale era pieno di dubbi, perché Ugo era così, passava dall’esaltazione senza fine al pessimismo più enorme. Io lo incoraggiavo, e a ragione, perché il film fu poi quel successo meritato che fu.”
Anche la carriera di Vianello trovò un naturale sbocco nel cinema, dove lavorò accanto a Totò, all’amico Ugo Tognazzi e ai più grandi registi della commedia all’italiana. Tra il 1946 e il 1982 la sua filmografia superava le ottanta opere mettendo a frutto le incredibili doti mimiche con smorfie sempre adatte e funzionali all’attore che aveva davanti.
Con una semplice espressione del volto era in grado di contraddire o sottolineare le parole dell’interlocutore creando degli esilaranti effetti comici. La sua misura sia nel ruolo di protagonista, sia in quello di spalla ha messo in evidenza una straordinaria capacità nell’interpretare il ruolo di attore sia in ruoli solitari che corali.
Nel frattempo, nel 1958 Raimondo incontra Sandra Mondaini, che sposa quattro anni dopo, e con Gino Bramieri compongono un trio che s’impone con successo in Sayonara Butterfly (1959) di Marcello Marchesi, Puntoni e Terzoli, parodia dell’opera pucciniana.
Sono tuttavia gli ironici e quasi demenziali drammi quotidiani di una coppia qualunque a coronare il successo di Sandra e Raimondo in tv negli anni 70, con varietà di grande successo come Sai che ti dico?, Tante scuse, Di nuovo tante scuse, Noi… no! e Stasera niente di nuovo.
E’ qui che la comicità di Vianello si sprigiona in tutta la sua originalità: il suo essere garbato, mai volgare e mai sopra le righe gli permette al tempo stesso di essere feroce e molto poco politcamente corretto nel rappresentare vizi e debolezze dell’essere umano, all’interno di un rapporto di coppia fatto invece di complicità, rispetto e tanto amore.
”Se mi guardo indietro non ho pentimenti. Dovessi ricominciare, farei esattamente tutto quello che ho fatto. Tutto. Mi risposerei anche. Con un’altra, naturalmente”.
Tra le mille battute di Raimondo Vianello quelle sulla moglie Sandra Mondaini sono forse state le più amate dagli italiani.
Nel 1982, Mondaini e Vianello sono tra i primi a lasciare la Rai per passare alle reti Fininvest che non hanno mai abbandonato. Il varietà di debutto è Attenti a noi due, dove replicano la fortunata formula dei varietà precedenti. Per tutti gli anni 80 Vianello conduce da solo quiz a premi della fascia preserale di Canale 5 come Zig Zag e Il gioco dei 9, ma il 1988 è un anno decisivo.
Debutta infatti Casa Vianello, sit-com realizzata espandendo quelli che erano i classici sketch di coppia all’interno dei varietà con la Mondaini. Il successo è clamoroso: con 16 stagioni è la sit-com più longeva e di maggior successo della tv italiana, e la frase della Mondaini,
“Che barba, che noia”
che chiudeva ogni episodio, è rimasta un cult.
Era un affetto vero, quello che li legava. E anche i litigi, le riprese tv in una falsa camera da letto, erano soltanto una messinscena tra amici, e cioè tra loro e il grandissimo pubblico che li ha amati per svariati decenni.
La passione per il calcio ha sempre però viaggiato parallelamente a quella per la televisione e per la fedele Sandra; ha infatti giocato a livello amatoriale fino a pochi giorni dalla morte in un campetto di quartiere a Milano che poi ha preso il suo nome, dove faceva la partitella settimanale nonostante l’età e l’inevitabile scarsa mobilità, regalando sorrisi e battute a tutti i compagni di gioco che lo chiamavano scherzosamente “Rai”.
Ma non solo. Negli anni 90 infatti, riesce a coniugare la sua ironia e la sua professionalità con la grande passione per il calcio, conducendo Pressing, il talk show sportivo della domenica sera di Italia 1, per nove stagioni, dal 1991 al 1999, mentre tra il 2000 e il 2006 è stato invitato negli stessi studi, ormai ottantenne, nel ruolo di opinionista di calcio internazionale. Un percorso che mette in evidenza una caratteristica fondamentale nel profilo esistenziale di Raimondo Vianello: la coerenza.
Nel 1998 ricordiamo il suo unico ritorno in Rai, per condurre il Festival di Sanremo affiancato da Eva Herzigova e Veronica Pivetti. Nello stesso anno Canale 5 lo celebra, insieme a Mike Bongiorno e a Corrado, in uno speciale intitolato I tre tenori.
L’ultimo lavoro con Sandra è sempre per Canale 5: il tv movie Crociera Vianello, andato in onda nel 2008, mentre nello stesso anno la coppia viene premiata da Pippo Baudo al Festival di Sanremo con il Premio alla creatività assegnato dalla SIAE.
Era un uomo autentico che ha seguito sempre con passione ciò che ha amato condividendolo con ironia insieme al pubblico.
Verrà sempre ricordato per lo spirito garbato della sua comicità, una dote evidente in ogni video in cui appare, insieme alla forza del suo personale e inimitabile humour; la sua garbatezza non sta tanto nelle belle maniere, ma nella grazia e nella musicalità della sua comicità, dove parola e corpo danzano in assoluta armonia. La sua verità comica impressiona almeno quanto quella di Massimo Troisi e non è un caso che nel 2010 gli sia stato attribuito il premio dedicato all’attore napoletano.
Un uomo di altri tempi insomma, ma sempre attuale, che tanto può ancora dare ed insegnare alle nuove generazioni, sia artisticamente, che umanamente.
Ogni adolescente, credo, dovrebbe conoscere e sapere il grande comico e uomo che è stato, per trarne importanti insegnamenti e farne tesoro.