Per secoli, la donna è stata definita il sesso debole, la parte fragile e delicata che si cela in ognuno di noi, oggetto del desiderio maschile, omaggiata con un’intera giornata di festa a lei dedicata, osannata, disprezzata, elogiata, imitata. Anni di lotte e di conquiste, il diritto di voto, la parità, le quote rosa, sempre in prima linea, determinate e combattive, per dimostrare che in realtà, di debole, non abbiamo nulla; debole, semmai, è la coscienza di chi ci vede tali. In un mondo in cui apparire è più importante che essere, nell’epoca dei social, delle riviste patinate e del gossip, esiste un gruppo di donne meravigliosamente invisibili, donne appassionate che perseguono una magnifica ossessione, donne che in pochi conoscono, perché lontane dai riflettori, ma che tanto hanno da insegnarci e da dirci. Ad alcune di queste donne, otto, è dedicato un documentario ideato e diretto da Maria Paola Orlandini, Presidente dell’Associazione The Making Of, otto artiste, otto donne reali che affrontano e risolvono alla pari degli uomini, ma nella clandestinità, le difficoltà per realizzarsi.
La pellicola, dal titolo Clandestine – l’Altra Italia dell’Arte, è stato proiettato in anteprima il 21 gennaio al Senato, alla presenza del ministro per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, e rappresenta una nuova tappa del percorso integrato di strumenti diversi previsti nel Progetto didattico –formativo Clandestine, realizzato col contributo del Dipartimento Pari Opportunità per la prevenzione e il contrasto della violenza verso le donne in attuazione della Convenzione di Istanbul. Il Documentario racconta l’altro mondo dell’arte, quello declinato al femminile, attraverso la storia di queste otto artiste contemporanee che ci conducono alla scoperta di segmenti e ambiti artistici non consueti né abituali.
Racconta la curiosità e l’inventiva di otto donne che operano nel campo della cultura e dell’arte: Isabella Botti, Cristina Crespo, Raffaella Formenti, Marcella Frangipane, Rosaria Lo Russo, Alice Pasquini, Agnese Purgatorio, Bianca Tosatti. Sono donne che non si sono arrese ai mille ostacoli che la società ha incastrato nel loro cammino, che hanno trovato nell’arte, nella creatività, nelle loro passioni, la chiave giusta per superare i pregiudizi, ed essere felici.
La narrazione ha inizio con un simbolico passaggio di testimone da parte della fotografa 95enne Lisetta Carmi, icona della clandestinità, che con le sue istantanee ci ha regalato pezzi di verità, alla sua allieva Agnese Purgatorio, secondo la quale l’artista è invisibile al mondo. Nessuno ha scritto Artista sulla carta d’identità. La sua arte non si basa solo sul fotografare, è riflessione sulla memoria, attraverso la quale ricostruisce delle vere e proprie narrazioni personali. Ecco allora che il suo lavoro si trasforma, e attraverso la fotografia crea video-istallazioni, collage digitali e performance. Fotografie sembrano i fantastici muri dipinti di Alice Pasquini in giro per il mondo, che con la sua street art ha dipinto oltre 2000 capolavori, e li ricorda tutti. Da illustratrice e fumettista, vedeva nell’arte del graffito qualcosa di magico, vedeva la libertà, e mai avrebbe pensato che sarebbe diventato un lavoro. Superando i limiti dell’accademismo del liceo artistico e dell’accademia delle belle arti, la giovane street-artist romana per la strada ha imparato qualcosa di molto diverso e più vicino alla realtà, immortalando su superfici urbane e sulle pareti dei palazzi, ma anche nelle gallerie e nei musei, di centinaia di città sparse in giro per il mondo, stralci di vita.
Ha sviluppato nel tempo diversi filoni di ricerca, dalla narrazione della vitalità femminile alla fruizione tridimensionale delle opere, dai percorsi urbani alle installazioni con l’uso di materiali inconsueti, dalla piccola scultura alla parete integrale. Viaggiando continuamente ha osservato, studiato, scrutato e imparato che la gente in fondo è strana,
“ritiene più scioccante la rappresentazione di una donna incinta piuttosto che nuda, o di una donna che fa pipì rispetto ad una con le tette di fuori”.
È un piacere per l’udito e per l’anima ascoltare la poetessa fiorentina Rosaria Lo Russo in una performance vocale di poesia. che coniuga poesia e recitazione.
“Le cose di casa sono trappole di dolore, se ci resta impigliata una mano, subito si gonfia una porzione di cuore….non buttare queste cose di casa che sopravvivono alle donne morte.”
Performer, saggista, insegnante di letteratura e lettura della poesia, nonché “poetrice”, come lei stessa ama definire il suo lavoro di poeta e attrice, Rosaria Lo Russo è estremamente convinta che la parola poeta, nella lingua italiana, non dovrebbe avere genere, perché esso si configura come un essere, e non importa quale sia il suo orientamento sessuale. Il viaggio continua Bianca Tosatti, la maggior esperta di arte del disagio mentale, la cosiddetta Art Brut da lei ridefinita arte irregolare. La sua mission è salvare ciò che è fragile e precario dalla polverizzazione, custodendolo. Ha dedicato la sua intera vita alla diffusione e all’insegnamento dell’arte, ottenendo la cattedra di Storia dell’Arte, della Comunicazione Visiva e del Design all’Istituto Statale d’Arte di Monza, occupandosi di tutto quello che è fuori dal sistema, e di preservarlo dalla sparizione e dalla dimenticanza.
Esperta e storica dell’arte è invece Isabella Botti che ci guida nella Roma dei tesori nascosti e delle statue parlanti; si impegna nella realizzazione di progetti culturali, si specializza nella realizzazione di visite guidate, realizza e conduce il programma Baby Tour per Rai Scuola, tiene conferenze, pubblica romanzi… si impegna nella realizzazione di numerosi progetti culturali e fonda l’Associazione Culturale Galatea. Collabora stabilmente con il Servizio Educativo della Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Romano, e con le fondazioni Mondomostre, Mnemosyne e Incontri d’Arte. Si specializza nella realizzazione di visite guidate per adulti e ragazzi e di laboratori didattici per i più piccoli. È un’esperta di segreti, quei segreti che in pochi conoscono, e che pazientemente, con passione e tenacia, ha scovato, riscoperto, raccontato, da invisibile:
“ci mettiamo la faccia tutte le mattine ma siamo dei fantasmi, perchè non siamo dipendenti del museo… rischiamo di sparire e nessuno, tranne il visitatore che ci dice grazie, ci dice veramente grazie, eppure, qualcosa diamo”.
Una forma d’arte affascinante e sorprendente è senza dubbio l’archeologia, un modo nel quale ci accompagna Marcella Frangipane, che scavando in Turchia ha portato alla luce le vestigia di una città-stato del IV millennio a.C. Oggetto della ricerca della Frangipane è lo studio della formazione delle primitive strutture burocratiche e gerarchiche nelle più antiche società proto-statali ed urbane del Vicino Oriente.
“L’archeologia è qualcosa a cui dedichi a vita perché ti interessa, è qualcosa che vuoi fare per ottenere risultati. I tempi però sono lunghi, perciò non puoi farlo nei ritagli di tempo o con gli orari d’ufficio”.
Marcella lavora per mesi lontano da casa con altre persone, e questo richiede sintonia e intesa con le persone con le quali si lavora, un intesa non solo scientifica, ma soprattutto personale; grande sacrificio quindi soprattutto quando ci si trova a scavare un muro di centinaia di anni fa, o una palazzo a più di 10 metri sotto il livello di superficie, scegliendo di volta in volta, cosa rimuovere e cosa lasciare, aspetto questo importantissimo dell’archeologia.
Si resta incantati di fronte al sapiente lavorio delle mani di Raffaella Formenti, creatrice di sculture e installazioni con carta riciclata di colorate immagini pubblicitarie. Il suo è un lavoro indicibile, difficile da raccontare; la sua immaginazione è continuamente a lavoro, sollecitata, nutrita, aumentata, dai colori e dalla luce, fin dal primo sole che filtra all’alba dalle finestre. Il suo mondo è particolare, unico:
“Probabilmente ciò che più mi ha influenzato nell’innamorarmi dei colori è stato un intervento agli occhi da piccolissima. Ricordo nitidamente quando da dietro le bende, intravidi gli spicchi di colore di un pallone gonfiabile. Nella mia memoria era gigantesco e non ne vedevo i confini: un luogo in cui viaggiare senza spostarmi.
Dopo di esso, maestro di fantasia mi è stato il pavimento di casa e le sue improbabili figure mitologiche nascoste nelle screziature naturali della pietra, così come le impagabili crepe sul muro che ritraevano, a seconda della luce, temibili mostri o animaletti innocui.”
Ambizioso e ammirevole è il progetto di Cristina Crespo di trasformazione delle rovine in giardini nei luoghi del terremoto delle Marche. Pittrice, scultrice e performer di esterni, la sua è un’arte in equilibrio tra pittura, scultura, installazione e poesia, con la quale intende fondere le più antiche e preziose tradizioni, con la ricerca d’avanguardia,realizzando opere che sono state spesso definite pittosculture. Queste otto donne, così diverse nelle loro forme d’arte e di espressione, sono incontentabili esploratrici alla ricerca linguaggi sempre nuovi, e in un intreccio di pensieri e passaggi dall’una all’altra viene raccontata il loro vissuto e il loro agire artistico. Maria Paola Orlandini che le ha seguite, filmate e raccontate, confessa:
“Ci sono voluti anni per raccontare questa storia, che come tutte le storie ha avuto alti e bassi ma che è cominciata per tutte allo stesso modo, filmandole. Non serve che io parli, non ascoltano nulla quando sono a lavoro, se non quell’unica urgenza che le muove, quella creatura che le spinge a scavare, grattare, spostare per rimettere, decidere per ripensarci. Non è facile la relazione con loro, verrai sempre dopo quella creatura, sparirai insieme al resto del mondo. E allora perché io continuo ad amarle così tanto…”
Tutte loro pur nella diversità generazionale e nella specificità della loro disciplina rappresentano una prova concreta di come stereotipi e pregiudizi, possano essere combattuti e vinti. Il progetto Clandestine, rivolto alle giovani e ai giovani delle Scuole superiori e delle Università, intende promuovere una riflessione sulla produzione culturale delle donne e valorizzarne la creatività come antidoto personale e sociale alla discriminazione, all’abuso e ad ogni tentativo di sminuire la donna come individuo. Vita e arte si fondono, diventano indistinguibili, per loro. Sono donne che non troviamo in tv, delle quali nessuna parla, ma che esistono e sono capaci di guardare la realtà con uno sguardo alternativo ai pensieri più convenzionali e per questo il loro esempio può essere e deve essere d’esempio. Da donna, orgogliosa di esserlo, mi auguro che il messaggio che queste donne quotidianamente trasmettono con il loro lavoro, il loro sudore, la loro passione, non cada nell’ovvietà e sia invece carburante per quante ancora hanno intenzione di provarci, ma non ne hanno avuto il coraggio.