Prima di 10 giorni con Babbo Natale, commedia che ci ha allietato durante le festività natalizie appena trascorse, la famiglia Rovelli ne aveva già combinati di pasticci.
Carlo (Fabio De Luigi), Giulia (Valentina Lodovini) ed i loro scatenati marmocchi Camilla, Tito e Bianca, sono infatti protagonisti di un’altra rocambolesca commedia, 10 giorni senza mamma in onda questa sera in prima seata, su Canale 5.
Una nuova tragicommedia che nasconde tuttavia una morale e fa riflettere su quali siano le vere priorità della vita.
La Trama
In questa pellicola interpreta Carlo, il classico uomo in carriera, che dopo anni lontano da casa, dalla bella moglie Giulia (Valentina Lodovini) e dai tre figli Camilla, Tito e Bianca, trova finalmente stabilità nell’azienda dove lavora da quindici anni. Tutto sembra essere votato alla tranquillità, ma improvvisamente tutto cambia: un giovane molto ambizioso e competitivo rischia di prendere il suo posto nell’ufficio del personale e Giulia decide di prendersi una vacanza dalla vita domestica, e di partire dieci giorni a Cuba con la sorella.
Ha inizio qui la classica commedia degli equivoci che terminerà con un finale più che scontato, ma ci farà molto riflettere su alcuni aspetti molto importanti della vita di noi tutti oggi: conosciamo davvero i nostri figli? Che opinione hanno loro di noi?
I personaggi
Carlo, brillante e attento sul lavoro, si dimostra affetto da “bradipismo” quando si tratta svolgere semplici compiti domestici come preparare la colazione o cambiare un pannolino e quest’immagine è ancora più accentuata se messa a confronto con quella di Giulia, dinamica, attenta a tutto, in grado di fare e pensare a mille cose in contemporanea. Lei, alla sua carriera di avvocato, ha rinunciato per star dietro ai figli, ma quando si tratta di dispensare consigli legali al marito, non si risparmia, e lo aiuta anche in quello. E’ una mamma presente, in grado di capire i figli anche solo con lo sguardo, cosa che invece Carlo dovrà imparare a fare durante i dieci giorni in cui sarà chiamato a fare il “mammo”.
I tre figli hanno tutti i problemi e le caratteristiche tipiche delle loro età. Camilla, tredici anni, è in piena crisi adolescenziale e dovrà fare i conti con un padre che non la conosce per niente. Sta per diventare donna, ma alla fine ritroverà o troverà quel genitore di cui aveva sempre avuto bisogno; il tutto si racchiude in un abbraccio, il primo, fra un papà e una figlia e in due battute:
– “Mi sei un po’ mancato in questi anni papà”
– “E’ la cosa più bella e più brutta che tu mi abbia mai detto”
Tito, dieci anni, è il classico teppistello, che cerca in tutti i modi di aizzare e sfottere le sorelle ed è affascinato da videogames violenti che tenta di emulare nella realtà. Carlo, in questo caso, ci rimette due incisivi, ed è costretto a presentarsi in azienda con dei finti denti in plastica con le curiose scene che possiamo immaginare.
Bianca, tre anni è sicuramente la figlia più “sconosciuta”: Carlo non sa l’indirizzo del nido che frequenta, non ha la minima idea di cosa sia l’inserimento scolastico, ma soprattutto non la capisce quando pronuncia le sue prime frasi un po’ sconnesse. Emblematica in questo senso la scena in cui, durante una riunione aziendale in cui Carlo è stato costretto a portare con sé la figlia, inizia a capire quello che dice. A quel punto poco importa se in contemporanea il capo lo stia licenziando, il rebus oramai è risolto.
Intorno a questo nucleo familiare ruotano una serie di altri personaggi minori, spesso demenziali e in grado di suscitare una piacevole risata. In testa tutti c’è il capo dell’azienda per la quale Carlo lavora, interpretato da Antonio Catania. Un uomo sui generis, che riceve i suoi dipendenti mentre è impegnato in una seduta di fish foot, e poco tollera il nuovo ruolo genitoriale con cui Carlo è costretto a dividere la sua giornata lavorativa.
Una strepitosa Diana del Bufalo interpreta invece la tata Lucia, ingiustamente licenziata dall’azienda in cui Carlo lavora e che inconsapevolmente si trova a gestire la sua famiglia, dandogli una grossa mano, non senza qualche equivoco di troppo.
Le scene più esilaranti
Il film si presenta come una commedia, tuttavia le scene che fanno davvero ridere, si contano sulle dita di una mano.
Fra tutte sicuramente il disastro provocato dalla gigantesca sfera di plastica con all’interno il malcapitato Carlo, che scorrazza impazzita in un parco, fra gli invitati della manifestazione aziendale dedicata alle famiglie.
Simpatiche anche la scena in cui De Luigi investe la tata già zoppa di suo perché oberato dall’innumerevole quantità di messaggi sulle chat watsapp a cui è costretto a rispondere o quella in cui in cui il neoeletto papà, incapace di badare ai suoi di figli, (figuriamoci quelli degli altri), dimentica un amichetto di Tito all’allenamento di calcetto; o ancora quella in cui, basito dinanzi al cancello della scuola chiuso per sciopero, chiede al bidello
“cortesemente, mi dice dove metto il bambino oggi?”
riferendosi al figlio Tito.
L’opinione del redattore
Il film è come una grande matassa che via via si dipana e tutto diviene chiaro, semplice, lineare, con un senso ed un significato profondi. I temi trattati sono attuali e spaventosamente veritieri.
Una mamma che preferisce stare a casa, costretta a rinunciare alla carriera, piuttosto che affidare i propri figli ad un’estranea; un padre assente, a tratti malinconico, che ha perso pezzi importanti della vita e della crescita dei propri figli, pezzi che non torneranno; un capo cinico e strafottente, sordo ai bisogni di un padre che vuol solo trascorrere un po’ più di tempo con la propria famiglia; tre ragazzini che si ritrovano a vivere con l’estraneo che li ha messi al mondo.
Alla fine però, il cerchio si chiude, e anche se il finale risulta scontato e forse un po’ troppo veloce e precipitoso, tutto torna al suo posto ed i ruoli di mamma e papà si invertono: lui a casa a badare alla prole, lei donna in carriera, sicura di sé e pronta ad affrontare il modo fuori.
Il film ha ottenuto 1 candidatura ai Nastri d’Argento e al Box Office ha incassato 7,5 milioni di euro, non male tutto sommato.
Probabilmente il personaggio di De Luigi non è fra i più riusciti e non si distingue per la comicità a cui ci ha abituati con le sue imitazioni, i suoi indimenticabili personaggi in Mai dire goal, o il ruolo di inguaribile sfigato in La peggior settimana della mia vita e Il peggior Natale della mia vita per la regia di Alessandro Genovesi.
Genovesi ha firmato fra l’altro la regia anche di questa pellicola dove non tutto è sempre così armonico, si perché alcune scene sembrano inutilmente enfatizzate, per suscitare il riso a tutti i costi.
In alcuni casi purtroppo, questa strategia rallenta il ritmo della narrazione facendo perdere di vista il “dramma” di questo padre che deve far quadrare il tutto.
Nel complesso il giudizio è discreto e la storia si presta forse alla possibilità di una sequel, come nello stile di Genovesi.