Come le stagioni, anche la mafia non è più quella di una volta, lo dice Ciccio Mira, star indiscussa del film, e se lo dice lui c’è da credergli. Il film premio speciale della giuria a Venezia 76 arriva in sala e, al primo spettacolo delle 16:30, eravamo lì
Una domanda ti ronza nella mente dall’inizio alla fine del film e continua a ronzare per ore dopo essere usciti dal cinema: ma è tutto vero o stanno solo recitando le battute di un copione? Il film, che poi dovrebbe essere un documentario, di Franco Maresco è lo spettacolo più raccapricciante che abbia visto in anni, anche se pochi, di fedele frequentazione delle sale cinematografiche. Anche se non ne sono ancora sicura, in un primo momento avevo pensato che tutte le scene del film fossero state minuziosamente scritte e recitate, ma poi mi sono resa conto che è impossibile perché, se così fosse, agli attori di La mafia non è più quella di una volta Stalinslavski e l’Actor Studio gli fanno un baffo.
Il film inizia con le celebrazioni del venticinquennale delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Seguiamo il colorato e rumoroso corteo assieme a Maresco e a un’ospite eccezionale: la fotografa Letizia Battaglia, una delle “undici donne che hanno segnato il nostro tempo” (New York Yimes) e che ha fotografato tutti gli orrori delle stragi della seconda guerra di mafia. La Battaglia ha concesso di partecipare al film con la conditio sine qua non di recitare la parte della “bottana vecchia” nel prossimo film di Maresco. Il commento di Letizia al corteo è che ci manca solo l’odore del maiale alla brace per essere una sagra perfetta; “Noi, venticinque anni fa, piangevamo“, dice. Questo genere di commenti lo sento, in casa, ogni volta che c’è una manifestazione. Non per tutti è facile rassegnarsi che le manifestazioni non finiscano immancabilmente con Bandiera Rossa. Letizia Battaglia, però, è una persona positiva, una che lotta a prescindere e che, alla fine, riuscirà a farsi piacere anche la sagra annuale della commemorazione di Capaci, pur di continuare a lottare. La invidio, io ho più l’indole di Maresco. Maresco che alla fine si becca un “cinico di merda” dalla stessa Battaglia ma, a me non pare cinico, solo disperato, e n’ha ben donde. Sono tante le cose che spingono alla disperazione: Ciccio Mira, già protagonista assoluto dell’altro docufilm di Maresco, Belluscone, un grottesco figuro che organizza feste e eventi di ogni tipo, sta organizzando un concerto di cantanti neomelodici nel famigerato quartiere ZEN per commemorare Falcone e Borsellino ingaggiato, probabilmente, proprio dalla mafia che, in questo modo, riesce a banalizzare le figure dei due magistrati. Quando si reca, assieme alla Battaglia, a Brancaccio notano che la statua commemorativa di don Pino Puglisi somiglia in maniera inquietante più a Berlusconi che al sant’uomo. Quando, finalmente, la sentenza della corte di Palermo condanna gli imputati del processo della trattativa stato-mafia, non si manca di notare l’assoluto silenzio del capo dello Stato che, da buon palermitano, “non parla, perché è nel DNA del palermitano tacere” come dice Ciccio Mira. Insomma Maresco non risparmia nessuno, nemmeno la Mostra del Cinema di Venezia, alla quale non si è presentato neppure a ritirare il premio.
Il film va visto a ogni costo e preparatevi, fin da ora, a ridere a crepapelle. Ma saranno le risate più amare della vostra vita. Cinque stelle.