“A volte penso addirittura che Napoli possa essere ancora l’ultima speranza che resta alla razza umana.” Luciano De Crescenzo da Così parlò Bellavista
Il 18 luglio 2019 ci ha lasciato Luciano De Crescenzo, che avrebbe compiuto 91 anni il 20 agosto prossimo. Ingegnere, scrittore, filosofo, attore, regista: uomo dal multiforme ingegno, lo definirebbe qualcuno. Non so se avrebbe accettato questa descrizione, certamente da amante della cultura classica l’avrebbe compresa. E poi con ironia l’avrebbe scansata, grazie all’umiltà cui non aveva mai rinunciato, nonostante il successo ottenuto.
Nato a Napoli, nel quartiere di Santa Lucia, da una famiglia borghese, da piccolo Luciano era piuttosto gracile e sarebbe stato un facile bersaglio per gli “scugnizzi” del quartiere, se non fosse stato per un amico: Carlo Pedersoli. Il futuro Bud Spencer abitava infatti nel suo stesso palazzo e fu per lui una vera e propria guardia del corpo (come amava definirlo, spiritosamente). Dopo aver terminato gli studi classici al liceo Sannazzaro, si iscrisse alla facoltà di ingegneria dove fu allievo del celebre matematico Renato Caccioppoli. Laureatosi in ingegneria idraulica, non trovò subito occupazione in un campo così specialistico, adattandosi a fare un po’ di tutto, anche il venditore di tappetti, in un negozio della centrale Piazza Municipio, a due passi dal Palazzo San Giacomo. Ebbe anche occasione di cronometrare le prestazioni del corridore italiano Livio Berruti alle olimpiadi di Roma, nel 1960. Accettò di trasferirsi a Milano per lavorare all’IBM e fu lì che scrisse l’opera che più di tutte sarà ricordata, Così parlò Bellavista, edita per Mondadori nel 1977. Contemporaneamente iniziò ad apparire in televisione, incoraggiato da Maurizio Costanzo,conduttore di un talk show nel quale fu ospite fisso, intitolato Bontà loro. Costanzo ha sempre rivendicato il merito di aver intuito per primo le potenzialità di divulgatore di De Crescenzo, ingegnere-filosofo napoletano. Il successo fragoroso del suo primo romanzo (imperniato sulle lezioni di napoletanità del professor Bellavista, impartite ad alcuni amici milanesi, alternate con aneddoti liberamente tratti dalla realtà piena di contraddizioni della città prediletta della sirena Partenope) lo convinse persino a lasciare il posto fisso, mentre si preparava a diventare dirigente della compagnia in cui aveva trovato lavoro. Da quel momento la sua produzione letteraria cominciò a fiorire: non solo racconti ma saggi di filosofia, mitologia e storia, in cui sempre emergeva con spirito ed ironia la sua personalità. E poi Napoli, sempre nei suoi pensieri, al punto da essere definita “l’ultima speranza per l’umanità”, della quale parlerà anche nell’ultimo libro da lui scritto, uscito quest’anno,intitolato Napolitudine. Ad oggi De Crescenzo può vantare quasi 20 milioni di copie vendute in tutto il mondo e i suoi libri sono stati tradotti in 19 lingue.
Da divulgatore esperto quale era diventato, si dedicò anche al cinema. Dopo l’esperienza da attore del 1980, diretto da Renzo Arbore ne Il pap’occhio, accanto a Roberto Benigni e Isabella Rossellini, De Crescenzo curò personalmente la regia e la sceneggiatura dei film tratti dalle sue opere, in cui comparve spesso nel ruolo di protagonista. Da Così parlò Bellavista del 1984 – forse il più memorabile, del quale puoi apprezzare un estratto, in alto – che vinse 2 David di Donatello e 2 Nastri d’argento (De Crescenzo fu premiato come miglior regista esordiente e Marina Confalone come miglior attrice non protagonista, per la parte di Rachelina, la cameriera di casa Bellavista) al seguito Il mistero di Bellavista dell’anno successivo. E poi il film a episodi 32 Dicembre nel 1988, seguito nel 1995 dalla commedia Croce e Delizia, tratta anch’essa da un suo romanzo, in cui riprese per la terza volta il ruolo del professor Bellavista, suo alter-ego letterario e cinematografico. Tra gli ultimi due film da regista, trovò anche il tempo di recitare in Sabato domenica e lunedì (1990) accanto a Sophia Loren e Luca De Filippo, per la regia di Lina Wertmüller. La sua semplicità fu spesso travisata come superficialità dalla critica, ma i suoi film, come i suoi libri, furono caratterizzati da un linguaggio accessibile, in grado di superare le barriere culturali, che nella sua vita De Crescenzo aveva sempre aborrito, definendosi un uomo d’amore, che amava unire le persone, non dividerle.
Scherzando, Luciano aveva sempre detto che il suo funerale non sarebbe mai cominciato prima delle 10 di sera, poichè i suoi amici di solito, la mattina, dormivano tutti. Almeno su questo si è dovuto ricredere. Oggi alle 10:45 si è celebrato il suo funerale, a Napoli, nella Basilica di Santa Chiara, tra gli applausi di migliaia di persone, riunitesi per tributargli l’ultimo saluto. Commosso il ricordo degli amici Renzo Arbore e Marisa Laurito, compagni di tante”zingarate” televisive e non, che gli sono rimasti accanto fino alla fine, insieme con la figlia Paola. Nell’omelia, il sacerdote ha ricordato alcuni versi della sua canzone preferita: Era de maggio, classico della canzone napoletana che forse ricordi nella versione di Massimo Ranieri.
Arrivederci Professò, grazie di tutto.