Danny Boyle ha presentato a Roma, al cinema Barberini, il suo nuovo film 28 anni dopo. L’ultima fatica del regista britannico è un seguito spirituale di 28 giorni dopo, horror di culto da lui diretto nel 2002, e arriverà nelle sale italiane a partire dal 18 giugno.
28 anni dopo: l’atteso sequel, il Covid e la Brexit
“Per anni ho partecipato a delle proiezioni speciali in sala di 28 giorni dopo, per dei Q&A, anche quando ormai la pellicola era disponibile in DVD. Ogni volta si respirava un’aria elettrica, era un evento. Io e (lo sceneggiatore) Alex Garland abbiamo pensato per anni a un sequel, ma è solo quando Alex ha avuto l’idea giusta che abbiamo iniziato a considerare seriamente la cosa”, ha spiegato Boyle.

Il regista ha evidenziato come due elementi degli ultimi anni siano stati decisivi per la scrittura del film: la Brexit (rappresentata nel film dal villaggio dei protagonisti che “guarda al passato”) e il Covid. “Quando scoppiò la pandemia, l’immagine iniziale di 28 giorni dopo in cui vediamo una Londra deserta fu ripresa da molti. Divenne un po’ la situazione di ogni città”, ha evidenziato Danny Boyle, spiegando di aver preso ispirazione anche dal progressivo allentamento delle precauzioni anti-covid per presentare la diversa situazione in cui si trova il Regno Unito ancora in quarantena 28 anni dopo gli eventi del primo film.
La flessibilità del genere horror
Il regista ha elogiato l’horror, definendolo un genere “molto flessibile” che permette di affrontare molti argomenti usando anche più registri, come nel caso della famiglia al centro della storia di questo capitolo, insieme al tema della morte: “Come viene ricordato nel film, tutti finiamo nello stesso posto”, ha sottolineato.
Boyle ha aggiunto che l’horror è un genere che storicamente non è mai stato associato al femminile (“all’epoca del primo film mi dissero che nessuna ragazza lo avrebbe visto”), ma ha notato come la situazione negli ultimi anni sia cambiata. “Probabilmente dipende dal fatto che stiano venendo meno le aspettative su ciò che una donna dovrebbe essere. Abbiamo fatto un test screening e le ragazze presenti sono state molto loquaci sul film e su quello che si aspettano dal genere”.
Il digitale e le tecniche di ripresa
A una domanda sullo sdoganamento del digitale nel cinema e sulle tecniche di ripresa utilizzate in questo film, Danny Boyle ha risposto confermando di aver girato il film con “molti Iphone, telecamere leggere e droni. Non ci interessava tanto la perfezione, sono interessanti le crepe che si creano attorno ad essa. I registi hanno l’opportunità di girare qualcosa come un film all’anno, le troupe cinematografiche si trovano ininterrottamente sul set e finiscono per adeguarsi alle tecniche standard, per questo li abbiamo destabilizzati, anche se all’inizio naturalmente avevano accolto la cosa con resistenza”, ha affermato il regista, ribadendo quanto ne sia valsa la pena.
Grazie ai droni “a volte la troupe non era presente sulla scena, mandavamo avanti gli attori e li seguivamo a distanza”, ha spiegato.
Gli attori, i franchise, i sequel
Il regista ha elogiato i protagonisti di 28 anni dopo, in particolare la prova del giovane Alfie Williams: “Una volta per un mio film, Millions, ho dovuto scritturare degli attori-bambini. Vent’anni dopo mi rendo conto di quanto sia migliorata la qualità dei giovanissimi che si danno alla recitazione. Per me è merito di Harry Potter: i bambini hanno iniziato a guardare le interpretazioni in quei film e a pensare ‘ehi, potrei farlo anch’io!’”. Da Harry Potter a James Bond: interrogato sul possibile coinvolgimento nel franchise sulla spia britannica, Boyle ha risposto di aver già “fallito una volta”, riferendosi al periodo in cui lavorò a No Time to Die (poi diretto da Cary Fukunaga), ma non escludendo di “fallire di nuovo”.
Boyle ha inoltre confermato che 28 anni dopo rappresenta il primo capitolo di una nuova trilogia: il secondo film è stato già girato e uscirà verso l’inizio del 2026, mentre si stanno ancora cercando i fondi per la realizzazione del terzo. “Quando uscite, qua fuori troverete un QR code… se volete finanziarci…”, ha scherzato il regista britannico.