Il 13 novembre 1868 moriva, a Passy, Gioacchino Rossini. Un grande musicista che è giusto celebrare. Ma come, parlando di cinema? Ma con le colonne sonore, ovviamente
Se c’è un regista che ha sempre preferito brani di musica classica per le sue colonne sonore, anziché commissionarle a un compositore, quello è Stanley Kubrik – e la colonna sonora di 2001 Odissea nello spazio ne è un esempio eclatante.
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Arancia meccanica richiama immediatamente Beethoven, non Rossini, per via della monomania di Alex per il compositore tedesco. Ma ci sono anche brani di Wendy Carlos, che allora si chiamava Walter e diventò Wendy proprio l’anno dopo l’uscita di Arancia meccanica. Un bel brano di Henry Purcell, modificato da Walter/Wendy, Singing in the rain che, pare, non fosse previsto, ma fu un’idea estemporanea di Malcolm McDowell e due Ouverture di Rossini. La prima è quella della Gazza ladra, nell’episodio della rissa con la banda di Billy Boy, la seconda quella del Guglielmo Tell, quando Alex s’intrattiene con le due ragazze rimorchiate nel negozio di dischi.
Molto è stato detto sull’uso di questi due brani negli episodi nei quali Alex dà il peggio di sé,
in generale che la musica di Rossini rappresenta la vitalità animale del giovane teppista. Pare che nessuno abbia notato un effetto collaterale di quella musica. Chi avesse letto Arancia meccanica di Burgess, anzi A clockwork orange (molto meglio leggere l’originale, piuttosto che la penosa traduzione di Einaudi), avrà trovato Alex odioso, com’è normale che sia. Nel film non lo è affatto, nemmeno quando stupra, picchia, ruba e uccide e nessuno mi toglie dalla testa che il merito – o la colpa – sia della musica di Rossini.
Rossini basta vederlo per cominciare a sorridere. La sua musica è così gioiosa e trascinante da non poterla associare ad alcunché di male. È vero che quando abbandonò il melodramma, ad appena 37 anni, nei 39 anni che gli rimasero compose – pochissimo – anche opere meno briose, fra cui una Pétite messe di rara bellezza e solennità, ma quello è un Rossini semisconosciuto anche a se stesso. In calce al manoscritto dell’opera, il musicista scrive questa nota indirizzata a “le bon Dieu”: “Eccola terminata, questa povera piccola Messa. È musica sacra che ho scritto, oppure una santa musica? Sono nato per l’opera buffa, lo sai bene! Poca sapienza, e un bel po’ di cuore, questo è tutto. Sii benedetto, quindi, e concedimi il paradiso“.
A proposito di musica e cinema
Sovente si sentono i soliti snob che stigmatizzano chi scopre la musica classica attraverso le colonne sonore dei film. Quando una cosa la trovi bella e ti piace, importa tanto come si è scoperta? Chi comincia a leggere Conrad dopo aver letto Corto Maltese (a proposito, Kurtz, il protagonista di Cuore di tenebra, in tedesco significa “Corto”) lo apprezza meno di quelli che lo hanno letto su consiglio del professore d’inglese?
La vita è così breve; per fortuna l’arte, comunque uno ci arrivi, è praticamente immortale. Basti pensare a Rossini: sono già 150 anni che è morto e ancora si ascolta col medesimo piacere ed entusiasmo di un secolo e mezzo fa.
P.S. La sera del 15 settembre ho ascoltato, casualmente, su Radio 3, la VII sinfonia di Beethoven, diretta da Myung-Whun Chung, dal Teatro Regio di Torino.
Le sinfonie beethoveniane più note sono la V, il destino che bussa alla porta, e la IX, la Corale, dove c’è anche il celeberrimo Inno alla gioia del IV movimento e di Arancia meccanica. Ma, secondo Claudio Abbado e me, è la VII la sinfonia migliore del sordo geniale. In particolare, Claudio Abbado e io prediligiamo il II movimento, l’allegretto. Secondo me, non so cosa ne pensasse Claudio, se la VII finisse al III movimento sarebbe molto meglio: l’ultimo movimento è una sorta di musica per cavalli lipizziani in parata; l’avrebbe potuta scrivere Johan Strauss per il generale Radetzky. Sentendo il IV movimento diretto da Myung, invece, ho avuto l’impressione di ascoltare una musica di Rossini, da quanto era eseguita con leggerezza, ironia e, direi, umorismo, tutte qualità che in Beethoven sono miracolosamente assenti. Non sono ancora terminati gli applausi per il finale travolgente, che Myung attacca il bis, e non può essere che L’ouverture del Guglielmo Tell di Rossini, quasi fosse il V movimento della VII di Beethoven.
Che Kubrik abbia sentito dirigere Myung-Whun Chung è cronologicamente impossibile, ma viene da chiedersi: non è che a Myung sia venuta l’idea di associare Beethoven e Rossini dopo aver visto Arancia meccanica?