1° maggio 1989, al congresso della seconda internazionale socialista di Parigi, venne adottata l’idea di commemorare tutti i lavoratori del mondo nel ricordo delle vittime dello sciopero generale di Chicago avvenuto nel 1886. Sciopero che era riuscito sì ad introdurre le otto ore lavorative nei contratti di lavoro, ma sfortunatamente alcuni manifestanti rimasero uccisi.
Fin da subito, la ricorrenza adottata a Parigi ebbe risonanza mondiale e si aggiunse al Labour Day anglosassone. E fu così che il primo maggio si iniziò a celebrare il lavoro a livello internazionale. Discutibile o meno invece, “L’Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro”, recita proprio il 1 articolo della nostra Costituzione. Come poi questo lavoro venga definito è tutt’altra cosa, poiché spesso e in molti posti se non ‘fatichi come un ciuccio’ vuol dire che non lavori affatto.
Mentre negli anni d’oro del boom economico, un semplice falegname riusciva a costruire diverse case per lui e i suoi figli, ora il mondo del lavoro ha portato la certezza del precariato e tante morti bianche. Il lavoratore nonostante il tempo e le tante energie che impiega è povero e si deve barcamenare come può.
Il cinema comunque ha fatto la sua parte prestando attenzione alle tematiche legate al mondo del lavoro e dei lavoratori. Negli anni, infatti, l’industria cinematografica ha fotografato la condizione lavorativa a volte per ridere, altre volte per riflettere o per criticare.
Ma che fine hanno fatto tutte quelle lotte per i diritti dei lavoratori che hanno attraversato anche il nostro paese? Come possiamo onorare tutte quelle vite spezzate durante le manifestazioni o durante le ore di lavoro? Cosa ne è rimasto della Festa dei Lavoratori e della loro dignità?
Così anche quest’anno, per il 1° Maggio, una data ormai ‘data per scontata’ (se mi è permesso il giro di parole), chi se lo può permettere è un giorno di fermo dal lavoro, per tutti gli altri sembra quasi una beffa. Ciò nonostante, dato che ormai è rimasto ben poco da ridere per un lavoratore medio, almeno il cinema ci offre grandi sorrisi da cui possono nascere significative riflessioni. Ecco, alcuni film sempre attuali sul variegato o avariato mondo dei lavoratori.
Tempi moderni (1936), scritto, diretto e interpretato da Charlie Chaplin. È il primo film che affronta il tema dell’alienazione operaia nel mondo del lavoro in chiave comica. I ritmi frenetici di una catena di montaggio accompagnano il protagonista Charlot come un accurato ritratto del rapporto uomo-macchina. Il lavoro ripetitivo in fabbrica porta lentamente ma inesorabilmente l’uomo alla pazzia. Precursore dei tempi, Chaplin porta in scena la disoccupazione, i ritmi estenuanti e la lotta per i diritti con immagini indimenticabili.
Fantozzi (1975), diretto da Luciano Salce, ideato ed interpretato da Paolo Villaggio. Per questa occorrenza come non citare l’impiegato più sfortunato della storia, l’emblema per eccellenza della sudditanza dell’impiegato moderno? Fantozzi, l’uomo senza spina dorsale e vessato dai superiori, diventa un vero e proprio cult. La saga del piccolo ragioniere racconta un uomo masochista, schiacciato dalla quotidianità familiare e dalla gerarchia aziendale. Grazie ad una satira pungente e tante risate amare, Fantozzi mostra le angherie e i soprusi a cui sono sottoposti molti lavoratori. Siamo sicuri che il lavoro nobilita l’uomo?
Full Monty – Squattrinati organizzati (1997), film britannico diretto da Peter Cattaneo e prodotto da Umberto Pasolini. Nel cast sono presenti Robert Carlyle, interprete di Tremotino nelle fantasy C’era una volta, Mark Addy, Fra Tuck in Robin Hood di Ridley Scott, e Tom Wilkinson conosciuto per aver ricevuto diverse candidature agli Oscar per miglior attore protagonista e non. Cosa sareste disposti a fare per portare a casa la pagnotta?
A Sheffield, maggior centro siderurgico britannico, un gruppo di operai inglesi disoccupati sono alla ricerca di una soluzione, organizzano così uno spogliarello maschile per la comunità. Una commedia proletaria molto poco sexy e dai toni bizzarri. Il titolo nasce dalla colazione del generale Montgomery, detto ‘Monty’, che richiedeva sempre il ‘servizio completo’, come nello striptease. Riusciranno alla fine a racimolare qualche soldo?
Smetto quando voglio (2014), regia di Sydney Sibilia con Edoardo Leo, Valerio Aprea, Pietro Sermonti, Stefano Fresi, Paolo Calabresi e Neri Marcorè nei panni del cattivo. Un gruppo diversificato di ricercatori universitari sono invece alla ricerca di soluzioni creative al precariato a cui sono socialmente condannati.
Spacciatori per necessità, producono e smerciano una nuova droga fino a scalare le alte vette dei criminali malavitosi nei capitoli successivi. Una commedia contemporanea che riflette la generazione dei 40enni con tanti laureati disoccupati e altrettanti cervelli in fuga. Una valida risposta alla domanda: come può sopravvivere un secchione in un mondo precario?
Quo vado? (2016) di Gennaro Nunziante con Checco Zalone, Eleonora Giovanardi, Sonia Bergamasco e la partecipazione di Lino Banfi. Una rappresentazione tragicomica dell’italiano medio e la sacralità del posto fisso nella pubblica amministrazione, con tutela sindacale, assicurazione medica e ferie pagate garantite con tutti gli annessi e connessi.
Il funzionario Checco dell’ufficio provinciale caccia e pesca è disposto a qualunque cosa pur di non mollare l’impiego statale. “Con un’unghia incarnita eri un invalido tutta la vita” canta La prima repubblica, hit che richiama un successo di Celentano, che accompagna il film. Con un incasso record di 65 milioni di euro al botteghino, Quo Vado? fa la storia del cinema italiano e dei nostri costumi e tradizioni , diventando un cult e la parodia stessa dell’italiano moderno.
E per concludere questa breve rassegna di pellicole che mostrano l’evoluzione del mondo del lavoro e del lavoratore stesso, un film adatto ai più piccoli, poiché, poveri loro, sono il nostro futuro.
Iqbal. Bambini senza paura (2015), di Michel Fuzellier, Babak Payami, realizzato in collaborazione con l’UNICEF Italia, prodotto dalla Gertie Production e distribuito da Academy Two. Un film di animazione per raccontare, anche ai più piccoli, la storia vera di Iqbal Masih, il lavoratore bambino e attivista pakistano, simbolo della lotta allo sfruttamento del lavoro minorile in tutto il mondo.
Iqbal riuscì a portare la sua testimonianza fino all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, prima di essere assassinato a soli 12 anni, nel 1995 a Lahore. La pellicola è stata realizzata con una tecnica mista di animazione 3D su scenografie disegnate. In grado di offrire ai bambini una riflessione genuina senza nascondere la realtà, Iqbal. Bambini senza paura tratta di schiavitù, lavoro infantile, corruzione e la responsabilità dell’occidente. Insomma, un film necessario.